sabato 3 settembre 2022

GEORGES BIZET (PARTE PRIMA)

Georges Bizet (nato Alexandre-César-Léopold Bizet) nasce a  Parigi il 25 ottobre 1838 e muore a Bougival il 3 giugno 1875). 


E' un compositore e pianista francese.


Con Claude Debussy,  Maurice Ravel e Jules Massenet, Bizet è ritenuto uno dei più grandi musicisti francesi, ma viene riconosciuto piuttosto tardi per merito di "Carmen", la sua opera più famosa: infatti, è applaudita come capolavoro solo sei mesi dopo la sua scomparsa prematura, opera diventata una delle opere più rappresentate al mondo. 

 

La formazione di Georges Bizet: 


L'ambiente economico infantile della sua famiglia è modesto, ma è  vivissimo sotto l'aspetto musicale: il padre Adolphe e lo zio François Delsarte sono Maestri di Canto, la zia Charlotte Delsarte è un'ex allieva di Luigi Cherubini, e insegna solfeggio al Conservatorio, la madre Aimée è una buona pianista.  

Bizet possiede una memoria fortissima e una facile lettura a prima vista però, in un primo tempo, sembra più apassionato di letteratura e di arti figurative, rispetto alla musica.

All'età di nove anni, comincia a ricevere le lezioni impartite da Antoine-François Marmontel,  nel 1848, al "Conservatorio di Parigi", studia Composizione e Fuga con Pierre-Joseph-Guillaume Zimmermann, dopo la cui morte (avvenuta nel 1853), continua con Jacques Fromental Halévy (suo futuro suocero e zio del librettista di "Carmen"). 

È allievo anche di Charles Gounod che, spesso, sostituisce Zimmermann: con Gounod, instaura presto un legame di stima e collaborazione professionale che durerà nel tempo (nonostante lo critichi per alcuni atteggiamenti, Bizet è sotto la sua influenza emotiva). 

1855: fra le composizioni del giovane Bizet, risalta la "Sinfonia in do maggiore" (che non sarà mai resa pubblica); infatti, l'autografo viene ritrovato nel 1933 e la prima esecuzione (nel 1935)  è una effettiva rivelazione circa l'eccezionale freschezza della melodia di tipo più italiano che francese, particolare caratteristico anche dei suoi lavori migliori futuri.


Il Prix de Rome: 

I giovani musicisti escono dall'ambiente del Conservatorio e partecipano ad un concorso che rappresenta una specie di passaggio doveroso per i giovani artisti francesi dell'epoca: l'ambìto  "Prix de Rome". 

Il primo tentativo di vincere il premio cade e Bizet invia ad un concorso bandito da Jacques Offenbach una piccola opera buffa e piena di brio, su libretto di Ludovic Halévy e Léon Battu: "Le docteur Miracle".

La giuria è composta da nomi prestigiosi:  Auber, Thomas, Gounod e Scribe. 

Il primo premio è ex aequo per  Bizet e per Charles Lecocq; le due operine vengono rappresentate al "Théâtre des Bouffes-Parisiens", nell'aprile del 1857, dirette da Offenbach. 


Il buon successo ottenuto da Bizet gli permette l'introduzione nei salotti mondani della Parigi musicale: infatti, Bizet frequenta le riunioni del venerdì sera organizzate da Offenbach e quelle del sabato sera in casa di Rossini (che lo loda e lo incoraggia); inoltre, qui, incontra Franz Liszt e Camille Saint-Saëns. 


Idem, 1857: partecipa al "Prix de Rome" per la seconda volta  e consegue il massimo dei voti con la cantata d'obbligo "Clovis et Clotilde", che viene eseguita nell'ottobre seguente, conseguendo successo.    


Bizet non ha ancora vent'anni, quando parte per Roma. 

Il regolamento del "Prix de Rome" rende noto che, ai vincitori, verrà assegnata una pensione quinquennale, in cambio della creazione di una o più composizioni all'anno, secondo regole ben precise. 

A Roma, dopo una piccola durata di tempo fuori dall'ambiente abituale, Bizet si ambienta bene e il successo ottenuto come pianista lo introduce nei salotti della buona società romana, portandogli serenità.  

Bizet sceglie, come primo lavoro da presentare, un libretto sulla falsariga del "Don Pasquale" di Donizetti: "Don Procopio". 

Per la commissione, il lavoro è positivo, ma Bizet confida a Gounod dubbi e insicurezze, ossia le consapevolezze emotive di tutta la vita. 

Il secondo lavoro è un'ode sinfonica, "Vasco de Gama", che spedisce a Parigi.

Settembre 1860: Bizet torna a Parigi. 

Da tempo desidera vivere da solo, ma le gravissime condizioni di salute della madre non glielo permettono. 


Primavera 1861: assiste alla scandalosa "prima" parigina del "Tannhäuser" di Wagner e diventa anche lui estimatore entusiasta del tanto chiacchierato musicista tedesco. 

Liszt giudica molto positivamente le sue doti di pianista, ma Bizet insiste nel rifiuto di intraprendere la carriera di concertista, carriera caldeggiata dalla madre.  

Dopodiché, compone anche alcune opere strumentali (andate smarrite come molti altri suoi lavori) e un'opéra-comique: "La Guzla de l'Emir".


Il ritorno a Parigi: 

1862: è un anno difficile, dopo quelli stimolanti passati a Roma, differenti da quelli della vita parigina, dove ci sono poche novità. 

Bizet è deluso oltre ad essere assillato da gravi difficoltà economiche, per cui si vede  costretto a scrivere all'editore Choudens: «Prometto che farò qualsiasi cosa – polke, ballabili, quadriglie, correzione di bozze, trascrizioni firmate e non firmate». 

Sta lavorando senza entusiasmo all'ampia partitura di "Ivan IV", un Grand-opéra in cinque atti, quando Léon Carvalho, il direttore del "Théâtre Lyrique", gli commissiona, per l'autunno, un'opera esotica, "Les Pêcheurs de perles": rappresentata, ottiene un discreto favore da parte del pubblico. 

La critica è divisa su Bizet, che è  accusato di enfasi e patetismo, e molti si lanciano contro le «bizzarrie armoniche» e gli «effetti violenti degni della nuova Scuola Italiana». 

Fra i pochi suoi difensori, si espongono Hector Berlioz e Ludovic Halévy ma, dopo diciotto repliche, tale lavoro ricco di melodie  e alquanto suggestivo viene tolto dal cartellone e sarà ripresentato dopo la morte del suo autore.

Bizet sopravvive dando lezioni private e a mezzo di lavori onerosi e sgradevoli (trascrizioni per pianoforte, letture di spartiti, arrangiamenti) e a comporre opere di poco conto. 

"Ivan IV" non viene più rappresentata al "Théâtre Lyrique" e i contatti con l' "Opéra" falliscono, per cui è colto da una profonda depressione e dalla mania di persecuzione per il resto della vita. 

Spesso, trova rifugio in campagna, in una villetta fatta costruire dal padre.

1866: Carvalho gli risolleva lo spirito invitandolo a scrivere un'opera tratta da un romanzo di Walter Scott, "La jolie fille de Perth". 

Bizet compone la partitura del libretto velocemente (come ha fatto sempre per i suoi lavori migliori: sempre scritti in fretta, senza dubbi o esitazioni) e, nel contempo, scrive una serie di "Mélodies per voce e pianoforte", tra le quali spicca "Les adieux de l'hostesse arabe". 

26 dicembre 1867: l'opera è rappresentata e ottiene successo, ma la critica "riscontra" in essa un certo «wagnerismo». 

Accusa mossa ingiustamente più volte al compositore francese e, in generale, ai giovani musicisti del tempo, per cui Bizet risponde in maniera alquanto radicale: «S'intende che se mi rendessi conto di imitare Wagner, non scriverei più una nota in vita mia, e questo malgrado la mia ammirazione per lui. L'imitazione è una cosa da sciocchi: è molto meglio scrivere brutta musica propria, che brutta musica rifatta sullo stile di altri. E più il modello è bello, più l'imitazione è ridicola». 


Battuto al computer da Lauretta 

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