sabato 26 dicembre 2009

AUGURANDO ATTRAVERSO 24 dicembre 1871: PRIMA RAPPRESENTAZIONE DI "AIDA" di GIUSEPPE VERDI

AIDA


Opera in 4 atti di ANTONIO GHISLANZONI
Musica di GIUSEPPE VERDI


personaggi e interpreti:


Aida = Hui He
Amneris = Giovanna Casolla
Radames = Salvatore Licitra
Amonasro= Ambrogio Maestri
Ramfis = Carlo Colombara
Il Re = Carlo Striuli
Un messaggero = Angelo Casertano
Una sacerdotessa =Nicoletta Curiel


Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro dell'Opera di Roma
Maestro concertatore e direttore: Daniel Oren
Maestro del Coro: Andrea Giorgi
Regia e scene: Robert Wilson
Costumi: Jaques Reynaud
Coreografia: Jonah Bokaer


Registrato il 20 gennaio 2009 al TEATRO DELL'OPERA DI ROMA (Cartellone 2009)

Il 28 febbraio 2009, alle ore 20.00, attraverso RADIO3 della R.A.I., ascolto l’opera “AIDA”, registrata 39 giorni prima al Teatro dell’OPERA di Roma.

“AIDA” mi ricorda che, quando non avevo ancora otto anni, durante l’estate, nella provincia di Rovigo, mio nonno paterno mi aveva regalato il libretto dell’opera che aveva comperato all’ “ARENA” di Verona per poter seguire lo spettacolo: una vera rarità!

Avevo seguito (proprio l’inverno precedente) “AIDA”, al cinema: si trattava della trasposizione cinematografica dell’opera.

Gli interpreti: SOPHIA LOREN/AIDA (con la voce di RENATA TEBALDI), LOIS MAXWELL/AMNERIS (con la voce di EBE STIGNANI), LUCIANO DELLA MARRA/Radamès (con la voce di GIUSEPPE CAMPORA), AFRO POLI/AMONASRO, GINO BECHI, GIULIO NERI, ENRICO FORMICHI.

Casa cinematografica: SCALERA FILM.

Esito: SONO RIMASTA ENTUSIASTA!

Da, allora, “AIDA” è la mia opera prediletta, avendo avuto modo di vedere – per la prima volta – l’EGITTO (dove non mi sono mai recata: è sempre il mio desiderio più grande, comunque).

“AIDA” viene commissionata dal Kedivé d’Egitto, ISMAIL PASCHA’ per l’INAUGURAZIONE del “NUOVO TEATRO” de IL CAIRO, nel 1869, lo stesso anno in cui terminano i lavori riguardanti il CANALE DI SUEZ; lavori eseguiti su progetto dell’ingegnere LUIGI NEGRELLI DI MOLDELBA.

Il baritono ANTONIO GHISLANZONI trae il libretto dal testo francese di CAMILLE DU LOCLE, ricavato dal soggetto dell’egittologo MARIETTE.

L’opera viene rappresentata, per la PRIMA volta, il 24 dicembre 1871, ha una SINFONìA che, per la PRIMA rappresentazione al Teatro “ALLA SCALA” (8 febbraio 1872), verrà trasformata in prelùdio.

In questa “AIDA”, abbiamo Radamès/SALVATORE LICìTRA che canta 25 giorni prima de "I PAGLIACCI" ("LA BARCACCIA" - dopo - in trasmissione farà presente che Licìtra ha cantato l'opera di Leoncavallo "ARRIVANDO" da parecchie "AIDE").

Fra parentesi, vorrei ricordare che SALVATORE LICìTRA è stato il "DUCA DI MANTOVA" nel "RIGOLETTO" del pomeriggio del 31 gennaio 1993 al "CARLO FELICE" di Genova).

DANIEL OREN: almeno per i primi due atti, ha osservato un tempo musicale un po' accelerato. Ha diretto HUI HE (AIDA) anche altre volte.

Applausi, specialmente a HUI HE nel terzo atto: "O cieli azzurri” e nel duetto con Radamès.

(UNA BELLA VOCE, SENZA DUBBIO: DIREI “CELESTIALE”).

SELEZIONE MUSICALE da “AIDA”: http://www.youtube.com/watch?v=NmiLeE-8bHI

Epoca: Antichità egizia.

Luogo: Menfi e Tebe.

ATTO I

Scena 1: Il palazzo del Re. – Il Gran sacerdote RAMFIS (basso) dice al capo dell’esercito, radamès (tenore), che gli Etìopi stanno ancora minacciando la valle del Nilo e la città di Tebe. Gli Dèi hanno rivelato ai sacerdoti di avere scelto un giovane e valoroso guerriero a condurre gli eserciti egiziani contro gli Etìopi.

Radamès spera di essere il prescelto, perché desidera acquistare gloria per amore di Aida, e canta:

Celeste Aida, forma divina,

mistico serto di luce e fior,

del mio pensiero tu sei regina,

tu di mia vita sei lo splendor.

(Incisioni più note: GALLIANO MASINI – Cetra*; RICHARD TUCKER – Col.*; MARIO DEL MONACO – Decca; BENIAMINO GIGLI – VDP*)

http://www.youtube.com/watch?v=L6kyk8AkdWs (Preludio, Celeste Aida)

Entra la figlia del Faraone, AMNERIS (mezzosoprano), seguita dalla sua schiava etìope, AIDA (soprano). Amneris ama Radamès, ma sa che il sentimento di lui è per Aida e nasconde la sua gelosia con una finta simpatia per la sua schiava.

Seguito dalla corte, da sacerdoti e guerrieri, entra il RE (basso), che proclama Radamès comandante degli eserciti egizi contro gli Etìopi e gli dice di recarsi coi sacerdoti al tempio per ricevere la spada consacrata.

Aida è combattuta fra due opposti sentimenti: vorrebbe la vittoria del suo eroe, ma ciò significherebbe la sconfitta del suo popolo. I suoi sentimenti sono espressi nell’aria:

Ritorna vincitor!

E dal mio labbro uscì l’empia parola!

Vincitor del padre mio,

di lui che impugna l’armi per me,

per ridornarmi una patria, una reggia

e il nome illustre che qui celar m’è forza!

Incisioni più note: ROSETTA PAMPANINI – Cetra*; CARLA MARTINIS – Col.*; RENATA TEBALDI – Decca; MARIA CANIGLIA – VDP*

Scena 2: Il tempio di Vulcano. – Ha luogo una solenne cerimonia di propiziazione e preghiera condotta dal Gran Sacerdote Ramfis. Fuori del tempio, un coro di sacerdotesse accompagnato dall’arpa canta un inno di lode al potente Phtah.

Si unisce ad esso il coro dei sacerdoti e segue una danza religiosa. Radamès riceve da Ramfis la spada consacrata e, mentre tutti si volgono all’altare, egli invoca l’aiuto degli Dèi alla sua spedizione.

ATTO II

Scena 1: Nelle stanze di Amneris. – Per sorprendere il sentimento di Aida, Amneris le dà la falsa notizia della morte di Radamès, poi, rassicurandola che egli vive, le si rivela come sua rivale, come la sposa che il Re darà a Radamès.

Scena 2: Le porte di Tebe. – Radamès ha sconfitto gli Etìopi. Corteo di vittoria e marcia trionfale.

http://www.youtube.com/watch?v=f3DYA1uhR8g

Incisioni più note: Dir.: LORENZO MOLAJOLI – Orchestra Sinfonica di Milano – Col.*; ARTHUR FIEDLER – Boston Pops Orchestra – VDP*; TULLIO SERAFIN – Orchestra e Coro del Teatro dell’OPERA di Roma; ARTURO TOSCANINI, NBC Symphony Orchestra – RCA

Il Re ringrazia Radamès per la vittoria. Ricompenserà il vincitore con la mano della figlia, più tardi con il regno.

Radamès cerca di guadagnare tempo e chiede di far sfilare i prigionieri. Fra quelli, Aida riconosce suo padre, AMONASRO (baritono). Egli non si è rivelato come Re degli Etìopi e raccomanda alla figlia di serbare il segreto.

Amonasro invoca misericordia. Radamès ne appoggia la supplica e chiede la vita e la libertà per i prigionieri. I sacerdoti gli sono contrari, ma il Re sostiene Radamès e vien deciso che Aida e il padre restino come ostaggi.

La disperazione di Aida è espressa nel finale. Amonasro fa piani di rivincita, mentre sacerdoti, guerrieri e popolo festeggiano i vincitori.

ATTO III

Scena: Sera sulle rive del Nilo. – Amneris e il Gran Sacerdote sono diretti al tempio di Iside. Ella trascorrerà la notte precedente alle nozze con Radamès In preghiera.

Aida si avvia ad un incontro con Radamès. È sopraffatta dalla nostalgìa per il suo Paese nativo e canta:

O cieli azzurri, o dolci aure native,

dove sereno il mio mattin brillò …

O verdi colli … o profumate rive …

O patria mia, mai più ti rivedrò!

Incisioni più note: MARIA PEDRINI – Cetra*; C. CASTELLANI, MARIA CANIGLIA – VDP*

http://www.youtube.com/watch?v=k2gOgkMFj4U

Dal buio sguscia fuori Amonasro. Egli vuole che Aida persuada Radamès a passare dalla loro parte: OBBLIGA Aida a sottostare alla "RAGION DI STATO".

Ella resiste, poiché l’idea che Radamès tradisca il suo Paese le ripugna. Il padre la minaccia della sua maledizione ed ella cede. All’approssimarsi di Radamès, Amonasro si nasconde fra i palmizi. Radamès ha compreso che egli e Aida non potranno essere felici rimanendo nel Paese; il Passo di Nàpata (Gole) – attraverso le montagne – non è custodito: essi fuggiranno di là.

Udendo questa proposta, Amonasro avanza e rivela l’esser suo. Radamès si rende conto, allora, di aver – involontariamente – tradito il suo Paese.

Amneris e Ramfis escono dal tempio e Amneris, travolta dalla gelosia, denuncia Radamès.

Aida fugge col padre mentre Radamès si consegna al Gran Sacerdote.

ATTO IV

Scena 1: Entrata sotterranea alla sala delle sentenze. – Amneris, ben conoscendo che Radamès non intendeva tradire, gli offre di salvarlo da morte s’egli rinuncia ad Aida. Ch’egli soltanto mi ami, dice, e io lo salverò. Ma la vita senza Aida non ha valore per lui ed egli dichiara che la morte per amore di Aida sarà per lui una benedizione.

È condotto davanti al tribunale dei sacerdoti. Non replica parola né all’accusa, né alla sentenza che lo condanna ad essere seppellito vivo.

Amneris maledice la crudeltà dei sacerdoti.

Scena 2: Sopra = L’interno del tempio di Vulcano. - Sotto = Un sepolcro. – Radamès è condotto al sepolcro e una grossa pietra cala sull’apertura. Nella cripta sotterranea egli trova Aida che vi si è nascosta per morire con lui.

Serenamente, affrontano insieme la morte.

Sopra di loro, nel coro del tempio, Amneris alza il suo lamento.

http://www.youtube.com/watch?v=ALltYrgupRs

Incisioni dell’opera completa:

CATERINA MANCINI (S), GIULIETTA SIMIONATO (MS), MARIO FILIPPESCHI (T), ROLANDO PANERAI (Br), GIULIO NERI (Bs), Dir.: VITTORIO GUI, Orchestra e Coro della R.A.I. di Roma - Cetra

MARIA MENEGHINI CALLAS (S), FEDORA BARBIERI (MS), RICHARD TUCKER (T), TITO GOBBI (Br), GIUSEPPE MODESTI (Bs), Dir.: TULLIO SERAFIN, Coro e orchestra de LA SCALA di Milano – Col.

RENATA TEBALDI (S), EBE STIGNANI (MS), MARIO DEL MONACO (T), ALDO PROTTI (Br), FERNANDO CORENA (Bs = Il Re), DARIO CASELLI (Bs = Ramfis), Dir.: ALBERTO EREDE, Coro e Orchestra dell’ACCADEMIA DI SANTA CECILIA di Roma – Decca

MARIA CANIGLIA (S), EBE STIGNANI (MS), BENIAMINO GIGLI (T), GINO BECHI (Br), TANCREDI PASERO (Bs), Dir.: TULLIO SERAFIN, Coro e Orchestra del Teatro dell’OPERA DI ROMA – VDP

RENATA TEBALDI (S), GIULIETTA SIMIONATO (MS), CARLO BERGONZI (T), CORNELL McNEIL (Br), dir.: HERBERT VON KHARAJAN - Decca

Laura Rocatello

domenica 12 luglio 2009

LA TRAVIATA di GIUSEPPE VERDI – Teatro C.T.S. “OLMI”/AUDITORIUM del quartiere degli Olmi di Via delle Betulle, 39 – MILANO/BAGGIO

18 dicembre 2008 – h. 20,45 - INGRESSO GRATUITO

personaggi ed interpreti:

violetta valéry = ekin futaci de ambrogio

alfredo germont = dong gill

giorgio germont (padre di Alfredo) = orazio mori

flora = isabel de paoli

annina = camilla antonimi

gastone = andrea brogiotto

barone = diego bellini

marchese = nicolò dal ben

il dottore = giampaolo vessella

giuseppe = paolo saccaggi

un commissario = antonio peloso

servo di flora = antonio peloso

direzione musicale: luis baragiola

direttore del “coro rosetum”: debora mori

a cura di daniele rubboli con il contributo del comune di milano–“zona 7”il presidente del consiglio di “zona7”, pietro accame

Il libretto dell’opera, musicata da GIUSEPPE VERDI, è scritto da FRANCESCO MARIA PIAVE ed è tratto dal romanzo-dramma di ALEXANDER DUMAS figlio, LA DAME AUX camélias” (LA SIGNORA DALLE CAMELIE”, ossia “MARGUERITE GAUTHIER”).

Verdi giunge a Parigi nel 1852 proprio mentre questo dramma è il successo della stagione e provoca, ogni sera, in teatro, grande affluenza di spettatori.

Pare che il fatto interessi la vita privata dello scrittore e si nota la somiglianza della protagonista con Alphonsine Duplessis, uno dei volti più noti della mondanità della capitale francese. (Più tardi, lo stesso Dumas ammetterà che la prima parte dell’intreccio è autobiografico).

Verdi, persona non meschina e sempre aperta alla comprensione delle miserie altrui (infatti, convive con il soprano GIUSEPPINA STREPPONI, e la loro relazione sarà regolarizzata il 29 agosto 1859 nello Stato Monarchico della Casa “Savoia”), rimane fortemente impressionato e intuisce quale magnifico libretto si può trarre dalla storia di Marguerite Gauthier (il testo del Piave rimane fedele allo scritto di Dumas), il cui Amore è esaltante e la cui umanità è sincera e genuina, cose che colmano il dramma dello scrittore francese. – La musica di Verdi, per quest’opera, può essere < umana > e può dare anche un quadro completo alla sua epoca, dove i suoi contemporanei vi si possono riconoscere, immedesimarsi, prenderne parte.

Verdi raggiunge un nuovo stile di musica, la quale è pronta in sole sei settimane: si ha il ritratto psicologico musicale dei personaggi, ritratto prodigiosamente rispondente alla realtà.

Il breve preludio al primo atto esprime i sentimenti intimi di Violetta, un semplice essere umano, il cui stato d’animo viene notato attraverso gli atti-circostanze dell’opera. – Nel secondo atto, Verdi usa le sue melodie con maestrìa per rendere viva e reale una situazione che viene evidenziata – soprattutto – nel duetto tra Violetta e il vecchio Germont. (Ne “LA TRAVIATA” di questa sera, Germont-padre viene interpretato da Orazio Mori, baritono elevatissimo che ricopre straordinariamente il suo ruolo, specialmente in un’aria tradizionale come “Di Provenza il mar, il suol”).
La sera del 6 marzo 1853, al Teatro “LA FENICE” di Venezia, “LA TRAVIATA” vede la sua “PRIMA” RAPPRESENTAZIONE. - Cade. - Verdi stesso comunicherà ad un amico: “FIASCO. FIASCO. SOLENNE FIASCO. Colpa mia o dei cantati? – Mah! Il tempo deciderà”. – Sembra che il soprano fosse un po’ “sovrappeso” (per una Violetta delicata e sofferente …), lo scarso impegno da parte di alcuni cantanti (soprattutto, del baritono), l’indossare abiti moderni (fatto insolito), chiaramente il carattere della musica che, ad ogni modo, dai contemporanei di Verdi viene giudicata troppo difficile e per nulla melodiosa: < guarda caso >, DA ANNI E ANNI, “LA TRAVIATA” è considerata un inestimabile forziere di arie e melodie incantevoli.
Oltre ad Orazio Mori, vorrei citare la bellissima e buonissima interpretazione di tutti i cantanti a partire dalla Signora futaci de ambrogio, da Alfredo-Dong Gill, … arrivando al Coro, al Maestro al pianoforte Luis Baragiola, al Maestro del Coro debora mori. - Dulcis, in fundo, complimenti al mio amico presentatore-regista Daniele Rubboli.

Epoca: 1840

Luogo: Parigi

ATTO I

Il preludio al primo atto (http://www.youtube.com/watch?v=aikMeJ6_jGE ) espone il quadro dei sentimenti intimi di Violetta, un semplice essere umano: presenta le melodie che, nell’opera, accompagnano gli episodi salienti della giovane.

Le chiare (direi, “quasi eteree”, per usare una parola di Alfredo in “Udì, felice, eterea …) note dei violini (che saranno d’inizio anche del preludio all’ultimo atto) introducono al dramma e ne preannunciano la tragica conclusione.

Sempre nel preludio all’atto primo, segue l’appassionato tema dell’ ”addio” di Violetta ad Alfredo, mentre si sente come una graziosa “danza” sprigionata dai violini in modo civettuolo, quasi frivolo che vogliono esprimere l’altro lato della protagonista.

{Incisioni più note del preludio: GABRIELE SANTINI, Orchestra della R.A.I. - Cetra; ALCEO GALLIERA, Philarmonia Orchestra – Col.; ANTONIO GUARNIERI, Gr. Orch. Sinf. – Odeon}

Scena: Sala da ricevimento di Violetta Valéry. – Un ricevimento folleggia nella casa della bella e famosa mondana violetta valéry (soprano). Ella confida all’amica FLORA BERVOIX (mezzosoprano) di voler annegare nelle ebbrezze di una vita allegra i dolori e le pene che le dà la salute malferma. GASTONE, VISCONTE DI LETORIèRES (tenore), presenta a Violetta ALFREDO GERMONT (tenore), dicendole che questi è un suo fervido ammiratore.

Il Barone DOUPHOL (baritono), il suo amante attuale, è punto da gelosia.

Alfredo alza una coppa di champagne e canta “IL BRINDISI”):

Libiamo, libiamo ne’ lieti calici

che la bellezza infiora

e la fuggevol, fuggevol ora

s’inebri a voluttà.

Libiam ne’ dolci fremiti

Che suscita l’amore

Poiché quell’occhio al core

Onnipotente va.

Libiamo, libiamo amor fra i calici

più caldi baci avrà.

{Incisioni più note: MARIA GENTILE (S), ALESSANDRO GRANDA (T) – Col.; PATRICE MUNSELL (S), CHARLES CRAIG (T) – VDP; gluck (s), enrico caruso (t) - VDP; licia albanese (s), jan peerce (t), Dir.: ARTURO TOSCANINI – RCA}

http://www.youtube.com/watch?v=yr5tRDpo0ro

http://www.youtube.com/watch?v=OI6WoKVYrX0

Alfredo invita Violetta a ballare ma, dopo pochi passi, ella è presa da una crisi di tosse ed è costretta a sedersi. Alfredo le dichiara, allora, il suo amore e canta:

Un dì felice, etera

Mi balenaste innante

E da quel dì, tremante,

vissi d’ignoto amor.

Di quell’amor, quell’amore ch’è palpito

Dell’universo, del’universo intero

misterioso, misterioso altero,

croce, croce e delizia, croce e delizia al cor.

http://www.youtube.com/watch?v=bcxEZDYef14

Violetta gli dona una camelia, il suo fiore preferito e gli promette di rivederlo quando esso sarà appassito.

Gli invitati si congedano e Violetta rimane sola. Ella si rende conto di desiderare appassionatamente il nuovo incontro con Alfredo; per la prima volta conosce cosa sia il vero Amore (“ … o gioia ch’io non conobbi essere amata,amando …).

Ah, fors’è lui che l’anima

solinga ne’ tumulti, solinga ne’ tumulti

godea sovente pingere

de’ suoi colori occulti …

de’ suoi colori occulti …

Lui che modesto e vigile

all’egre soglie ascese

e nuova febbre accese

destandomi all’Amor.

(Incisioni più note: MAGDA OLIVERO – Cetra*; TOTI DAL MONTE, MARGHERITA CAROSIO – VDP*)

http://www.youtube.com/watch?v=QXXvXyh4pn4

http://www.youtube.com/watch?v=2Xn6p5hB7fU

Atto II

Scena 1: Una villa fuori Parigi. – Per tre mesi, Violetta e Alfredo hanno goduto insieme la loro felicità, lontano dalla frivola società di Parigi.

Alfredo è profondamente innamorato, felice di possedere l’amore di Violetta:

De’ miei bollenti spiriti

il giovanile ardore

ella temprò col placido

sorriso dell’amor, dell’amor.

Dal dì che disse: “Vivere io voglio, io voglio a te fedel”,

dell’universo immemore

io vivo, io vivo quasi,

io vivo quasi in ciel.

(Incisioni più note: MARIO DEL MONACO – Decca; BENIAMINO GIGLI, GIUSEPPE DI STEFANO – VDP)

http://www.youtube.com/watch?v=1NAczC-AQYE

Alfredo apprende dalla cameriera ANNINA (mezzosoprano) che Violetta ha venduto i suoi gioielli per sopperire alle loro spese e parte immediatamente per Parigi allo scopo di procurarsi denaro e restituirglielo.

Violetta ha ricevuto da parte di Flora un invito ad uno dei suoi brillanti trattenimenti. Ma ella si sente troppo felice con Alfredo per desiderare di ritornare alla vita mondana.

È annunciato un visitatore: è il padre di Alfredo, GIORGIO GERMONT (baritono). È venuto per invitare Violetta a troncare la relazione che minaccia di condurre suo figlio alla rovina finanziaria.

Ella nega che sia così e gli prova di aver venduto i propri gioielli. Germont, pur impressionato da questo gesto, è tuttavia in ansia per l’avvenire del figlio: ella è una nota donna di mondo, dopotutto. “Ma io amo Alfredo” risponde Violetta con disperazione “e il sincero pentimento mi ha meritato il perdono di Dio”. – “Ho due figli” risponde Germont senza pietà “e la loro felicità dipende da voi. La mia giovane figlia sta per sposarsi; ma il fidanzamento sarà rotto se Alfredo non romperà questo legame, salvando dallo scandalo il nome della della famiglia”.

Di fronte alla scelta proposta al suo cuore, Violetta si dispera; ma dopo una dura lotta con se stessa, si arrende al desiderio di Germont. Accetta di sacrificare la propria felicità per il bene di Alfredo e per l’onore della sua famiglia.

Germont, pieno di gratitudine e profondamente commosso, è ora disposto a maggior benevolenza verso di lei.

Quando Alfredo ritorna, Violetta sta per partire: egli non ha il minimo sospetto di quanto è avvenuto nell’incontro tra lei e il vecchio Germont, crede che violetta si rechi semplicemente ad una visita. Ma una lettera a firma di Violetta, che gli viene recapitata subito dopo, lo informa della partenza dell’amata per Parigi. Alfredo rimane sbigottito. Suo padre tenta, senza disingannarlo, di consolarlo, rammentandogli la sua felice infanzia e la sua cara casa di Provenza.

Di Provenza il mar, il suol

Chi dal cor ti cancellò?

Al natìo fulgente sol

Qual destino ti furò?

Oh, rammenta pur nel duol

Ch’ivi gioia a te brillò,

e che pace colà sol

in te splendere ancor può.

(Incisioni più note: CHARLES GUICHANDUT – Cetra*; RICCARDO STRACCIARI, PAOLO SILVERI – Col.*; MATTIA BATTISTINI, TTTA RUFFO, GIUSEPPE DE LUCA, CARLO TAGLIABUE, TITO GOBBI –VDP)

http://www.youtube.com/watch?v=U2nLS5gvQDY

Alfredo trova poi il biglietto d’invito alla festa di Flora indirizzato a Violetta e fugge in preda alla gelosia e al rancore.

Scena 2: Una sala da ricevimento nella casa di Flora Bervoix. – La festa è in pieno svolgimento, quando arriva Violetta accompagnata dal barone Douphol. Al tavolo da giuoco, Alfredo mantiene un contegno indifferente, e vince costantemente. – Il barone, ancora fremente di gelosia, giuoca con lui e perde. Violetta prega Alfredo di andarsene subito, perché teme che il barone lo provochi a un duello. Alfredo risponde che se ne andrà alla sola condizione che ella lo segua e Violetta è costretta a confessare di aver giurato di non rivederlo mai più.

“A chi hai giurato questo?” grida Alfredo. “Al barone Douphol?”.

Violetta, dopo uno sforzo estremo, risponde di sì.

Fuori di sé per la disperazione, Alfredo chiama tutti gli invitati della sala da pranzo e dichiara a voce altissima: “Ecco una donna che ha sacrificato tutto il suo avere per me. Io vi rendo testimoni che ora la ripago”. Con queste parole, getta ai piedi di Violetta il denaro che ha vinto al gioco. Ella sviene fra le braccia delle amiche.

Entra il padre di Alfredo che rimprovera il figlio per quel gesto, ma non si decide a svelargli la verità.

ATTO III

Scena: La camera da letto di Violetta. Un preludio orchestrale (http://www.youtube.com/watch?v=vcTPqdaUsV4 ) riprende di nuovo le eteree note dei violini del preludio al primo atto. Violetta giace a letto irrimediabilmente ammalata, nella sua camera semi-illuminata.

Il dottore l’assiste e Annina, la sua cameriera, la cura amorosamente. – Il dottore cerca di farle coraggio e le consegna, raccomandandole di non emozionarsi, una lettera da parte del vecchio Germont.

Germont le scrive di aver svelato la verità al figlio e le preannuncia l’arrivo imminente di questi .

Violetta piange per la felicità, ma la gioia si confonde con la sofferenza; ha il presentimento che egli giungerà, forse, troppo tardi per rivederla viva.

Addio del passato bei sogni ridenti,

le rose del volto già sono pallenti;

l’amore d’Alfredo pur esso mi manca,

conforto, sostegno dell’anima stanca …

Ah, della traviata sorridi al desìo;

a lei, deh, perdona; tu accoglila, o Dio.

Tutto, tutto, finì.

Tutto, tutto, tutto finì.

(Incisioni più note: ONELIA FINESCHI- Cetra*; CLAUDIA MUZIO, ELISABETH SCHWARZKOPF – Col.; MARGHERITA CAROSIO, LUISA TETRAZZINI, AMELITA GALLI-CURCI – VDP*)

http://www.youtube.com/watch?v=DaGMBqyeUdE

Dalla strada giunge l’allegro frastuono del carnevale.

Annina accorre con la bella notizia: “Alfredo è qui!”. Un attimo dopo, Violetta è nelle sue braccia. Nulla potrà più dividerli, ormai! Incominceranno una nuova vita, lontano da Parigi e Violetta recupererà ben presto le forze e la salute. Entra il vecchio Germont, che ha seguito Alfredo. Sente vivo il rimorso e dichiara di considerare, d’ora innanzi, Violetta come una propria figlia. “Troppo tardi”, ella sospira. Dona ad Alfredo una miniatura col proprio ritratto. In cielo pregherà per lui. E cade fra le sue braccia priva di vita.

(Edizione Ricordi)

(Incisioni dell’opera completa: MARIA MENEGHINI CALLAS (S), FRANCESCO ALBANESE (T), UGO SAVARESE (Br), Direttore: GABRIELE SANTINI, Coro e Orchestra della R.A.I. – Cetra; ANTONIETTA STELLA (S), GIUSEPPE DI STEFANO (T), TITO GOBBI (Br), Direttore: TULLIO SERAFIN, Coro e Orchestra de LA SCALA)

Laura Rocatello

sabato 13 giugno 2009

T h a ï s

Commedia lirica in tre atti e sette quadri - Libretto di Louis Gallet (dall’omonimo romanzo di Anatole France)

Musica di Jules Massenet

Personaggi Interpreti:

Thaïs, commediante e cortigiana = Barbara Frittoli

Athanaël, cenobita = Lado Ataneli

Nicias, giovane filosofo sibarita = Alessandro Liberatore

Palémon, vecchio cenobita = Maurizio Lo Piccolo

Albine, badessa mezzosoprano = Nadezhda Serdyuk=

Crobyle, schiava = Eleonora Buratto

Myrtale, schiava = Ketevan Kemoklidze

La Charmeuse = Daniela Schillaci

Un servitore = Diego Matamoros

Direttore d’orchestra: Gianandrea Noseda,

Regia, coreografia, scene e costumi: Stefano Poda

Maestro del coro: Roberto Gabbiani

Orchestra e Coro del Teatro “REGIO” di Torino

(Nuovo allestimento)

A scopo di farlo conoscere, ricopio ciò che è stato scritto da Marco Cabrino che ha assistito alle due rappresentazioni dell’opera:

< Il corteo si apre come a formare un corridoio vivente e arriva lei, la protagonista, Thaïs, bellissima, in un costume fantasmagorico, in nero e rosso con richiami Klymtiani.

< Donna-vampiro, prostituta santa donata al culto di Venere, sensualissima, ammiccante, ma anche, da subito, come recita il libretto, fragilissima, tendente all’autodistruzione per troppo eccesso. Ecco una delle tante immagini che, indelebili, ci ha lasciato nella mente la recita di Thaïs di Jules Massenet andata in scena domenica 14 dicembre 2008 al Teatro Regio di Torino. Uno di quegli spettacoli in cui richiami culturali, gestione scenografica, rimandi emozionali e fascinazione puramente estetica si uniscono a formare un momento teatrale, un agglomerato, che dello spettatore stimolando il cervello, riescono anche a colpirne il cuore. Dopo i grandi registi europei e americani, negli ultimi anni fortunatamente sempre più spesso è capitato di trovarci di fronte a registi italiani di grande sensibilità e capacità (Livermore, Micheletto) che fanno sperare che il (troppo) lungo periodo di stasi della regia lirica italiana, in cui schemi teatrali triti e ritriti sono stati proposti fino alla noia allo spettatore, stia finalmente per finire. Uno di questi registi è sicuramente Stefano Poda; regista, ma anche scenografo, costumista, e responsabile delle luci di questa Thaïs torinese.

Lo svolgere dell’azione era di volta in volta sottolineato da un particolare, magari architettonico, come il muro della casa di Thaïs che formando un intreccio di occhi, seni, orecchie, tronchi, al mutare dell’illuminazioni lasciava intuire rimandi alle architetture romane, egizie o mesopotamiche; o dal deserto caratterizzato da un fondale in cui centinaia di mani bianche e spettrali uscivano imploranti dalla terra. In altri casi richiami puramente coreografici come nella scena dell’oasi in cui una sorta di canneto scosso dal vento e creato da figuranti di entrambi i sessi dalla pelle sbiancata e in perizoma, agitano una coppia di bastoni. – Ed è in questa natura mutevole e carnale che vediamo scorrere Albyne e le Filles blanches alla ricerca della realtà di Dio in un lentissimo, eterno fluire da sinistra a destra della scena, come se lo spettatore, al contempo di Thaïs e Athanaël, si sia imbattuto in un’eterna forza fluente della natura, che rapisce Thaïs e la conduce alla soave morte/redenzione. - Ma mille altri spunti potremmo evidenziare di questo spettacolo rischiando di perderci. Vogliamo solo ancora ricordare e sottolineare la peculiare visione della sensualità che in un’opera come Thaïs, famosa per richiami sexy un pò da baraccone, il regista ci ha presentato. Visione in cui la protagonista ci appare castissima, vera sacerdotessa di un culto antico, circondata da una corte altrettanto casta, ma la cui decadenza è sottolineata dal particolare e non dall’insieme (i costumi, mirabili, avrebbero fatto la felicità di scrittori come Frank Herbert e di registi come Kubrick). Protagonista insidiata da un rappresentante di un culto esteriormente freddo, ma che interiormente ribolle di richiami sensuali (i due quadri tebani), all’interno di una natura che più viva e sensuale non si può. Una visione moderna, unitaria, semplice nella sua estrema complessità; un grumo di teatro stupefacente e affascinantissimo.

Vera base di una visione teatrale così stupefacente è stato il direttore musicale del Teatro Regio di Torino, deus-ex-machina dello spettacolo, Gianandrea Noseda, il quale ha saputo dirottare tutta la sua sapienza ed esperienza di concertatore e di direttore in un’opera tutt’altro che semplice da affrontare. Un’opera che si situa nel mezzo del guado tra l’800 e Debussy, con richiami evidenti sia a Bizet, che a Mussorgsky, ma anche, come sempre per Massenet, a richiami mozartiani. - Come abbiamo fatto per la regia vogliamo ricordare solo qualche momento della concertazione, quelli che ci hanno suggestionato di più. Ed allora il tersissimo, ma al contempo teatralissimo svilupparsi del corteo di Thaïs nel secondo quadro, dove abbiamo sentito suonare l’orchestra del Regio forse meglio che mai, con le sezioni che, nel sottolineare, esaltavano l’insieme. Oppure l’accompagnamento dell’aria dello specchio della protagonista dove il substrato orchestrale faceva intravedere in chiaroscuro i tormenti del personaggio, senza però rinunciare per niente al sostegno, al respiro e all’accompagnamento del canto. Se com’è ovvio la Méditation è stato un momento magico, vogliamo ancora ricordare il coro fuori scena dell’entrata di Albyne e delle Filles Blanches nella scena dell’oasi che, wagnerianamente, diventava il centro musicale (e drammaturgico) dell’intero spettacolo.

Ottima protagonista è stata Barbara Frittoli, qui in un ruolo piuttosto inusuale all’interno della sua carriera. Se dal punto di vista vocale la cantante ci ha assolutamente convinto con una tenuta serena e precisa del ruolo, affrontato senza risparmi pur se con un approccio assai diverso rispetto al soprano lirico leggero cui la discografia ci ha abituato (non che gli acuti le difettassero compreso un bel re acuto nel finale), la Frittoli ci ha assolutamente soggiogato dal punto di vista interpretativo. L’evolversi psicologico del personaggio sostenuto dalla regia è stato favorito in maniera specifica dal fatto che la cantante sa cogliere ogni spunto, ogni sottolineatura gestuale in maniera efficace. Se aggiungiamo anche che stiamo parlando di una donna di bellezza assoluta possiamo ben dire che in questa Thaïs il gioco è fatto.

Il baritono georgiano Lado Ataneli (Athanaël) ha dato prova di una sicura lettura musicale ed interpretativa della parte risultando convincente in un ruolo ingrato quanto pochi altri, con solo qualche piccolo problema nelle frasi lunghe dove l’intonazione non era sempre perfetta.

Ottimo il Nicias del giovane Alessandro Liberatore, che ci auguriamo di sentire al più presto in un ruolo più incisivo, e buoni tutti gli altri (e assolutamente credibili scenicamente) con una nota di merito per il Palémon di Maurizio Lo Piccolo veramente ben cantato.

Grandi registi, grandi interpreti e un direttore musicale di gran pregio e che, evidentemente, ha dei “progetti” artistici per gli anni venturi: vacche grasse al Teatro Regio di Torino, speriamo solo che gli eventi politico-economico non vi mettano i bastoni tra le ruote.

Marco Cabrino

Appartenente al secondo cast visto nella recita del 17 dicembre, Athanaël era il giovane basso baritono Simone Alberghini qui in una delle più compiute creazioni della sua carriera. Con un timbro che, sulle prime, non parrebbe adatto a quello strettamente baritonale di Athanaël, ha creato un personaggio interessantissimo e del tutto personale. Personaggio in cui molto più evidente erano i sentimenti, più netta la passione che per tutta l’opera lo travolge nei confronti di Thaïs, e alla quale si abbandona alla fine nel rendersi conto di amare la donna e non solo la di lei proiezione mentale. La scena della corsa per raggiungere l’amata morente è stata indimenticabile, ma non meno convincente è stata la prova strettamente vocale. Ottimo nei tanti arioso, a nostro parere, è stato assolutamente perfetto nel duetto con Thaïs nella prima scena del secondo atto, in cui insieme alla Manfrino, oltre a fare scenicamente scintille, ha raggiunto un’estasi drammatica di notevolissimo impatto (quanti richiami a”Manon” e alla scena di “San Sulpice”).


Laura Rocatello:

Simone Alberghini, nel mio articolo dell’11 ottobre 1993, avevo riferito quanto segue:

S.M.E.L.C., Concerto Lirico-Vocale con la PARTECIPAZIONE dei VINCITORI in “OMAGGIO” al soprano “ANGELICA CATALANI” 1993 – Città di OSTRA (Ancona)

Forse, questo grande soprano – nato nella seconda metà del 1700 – non pensava che, in futuro, avrebbe ispirato a qualcuno l’idea di creare concorsi intitolati a lei.

Questa sera, infatti, i VINCITORI di tale CONCORSO, si esibiscono qui, a Milano, cantando arie con “BIS” finali – arie di Verdi, Bellini, Mozart, Rossini, Donizetti, Cilea e Puccini.

Abbiamo il basso SIMONE ALBERGHINI che ci traumatizza con la sua voce già formata, nonostante la sua giovane età (20 anni, pensate!), il baritono KO SUGIE (molto simpatico) e il soprano dalla voce limpidissima YOSHIMI TATSUNO entrambi Giapponesi), gli Italiani GIULIANO DI FILIPPO (buon tenore leggero) e il soprano ANNA MARIA DELL’OSTE (voce pura, limpida, cristallina e solare).

Inutile dirlo: applausi, applausi, applausi e ancora APPLAUSI! >

Thaïs viene rappresentata per la PRIMA volta il 16 marzo 1894 al Teatro dell’ “Opéra” di Parigi ed è il dodicesimo lavoro lirico del Francese JULES MASSENET, un musicista finissimo, la cui arte musicale si era perfezionata notevolmente nei dieci anni trascorsi dalla prima rappresentazione della sua celeberrima “MANON”.

L’esito è un caloroso successo.

Epoca: IV secolo

Luogo: Egitto

L’asceta ATANAELE (baritono) aspira a redimere la cortigiana Thaïs (soprano) che, in Alessandria, tiene desto – con il suo esempio – il culto per AFRODìTE.

Giunto in città, Atanaele rintraccia la donna e tenta di convertirla parlandole delle gioie della fede e della spiritualità.

Le parole di lui colpiscono Thaïs, atterrita all’idea della morte e desiderosa di riscattare la propria esistenza fino ad allora dedita al peccato.

Su consiglio di Atanaele, ella infrange l’effigie di Eros, incendia la sua dimora e si rifugia in un cenobio, nel deserto, diventando monaca. - In quel luogo di preghiere e di meditazioni, Thaïs trova l’attesa serenità.

Atanaele, invece, confessa di avere perduto la pace dello spirito. - È subentrato in lui, contemporaneamente all’orgoglio per aver convertito la famosa cortigiana di Alessandria, il desiderio di una conquista del tutto terrena. – Sconvolto dalla passione per lei, torna da Thaïs che, morente, non ascolta le sue parole d’amore, già distaccata dalle cose del mondo ed assorta in una visione celeste, redenta.

Laura Rocatello