lunedì 22 maggio 2017

LIFE TODAY IMAGES OF THE NATIVE OF AMERICA


LA STORIA DI JIM THORPE - IL CAMPIONE NATIVO AMERICANO SENZA PACE.

Costanzo Tristano Fiorini a TURTLE PEOPLE - NATIVE AMERICANS
LA STORIA DI JIM THORPE - IL CAMPIONE NATIVO AMERICANO SENZA PACE.
Jim Thorpe nacque da genitori nativi con sangue francese e irlandese nelle vene. La madre, dandolo alla luce, vede un raggio di luna entrare nella capanna dove vive, e decide: “Si chiamerà Sentiero Lucente”. In realtà viene registrato come Jacobus Franciscus Thorpe, ma il suo nome indiano è già anche un destino, almeno a metà: il sentiero per lui sarà lucente, brillerà fino agli ori olimpici di Stoccolma 1912, salvo poi adombrarsi fino all’eclisse, quando un’accusa di professionismo gli toglierà premi e meriti.
Da piccolo, Jim, cresciuto nei boschi della riserva, si avvicina allo sport attraverso la scuola. Si distingue dai coetanei per il fisico già strutturato e per la strepitosa attitudine sportiva. Il piccolo “Sentiero Lucente” è un ribelle, ma grazie al suo insegnante e allenatore Glenn Warner entra nella squadra di atletica della Carlisle High School, e comincia a giocare a football e a baseball, riversando la sua energia nell’agonismo. E vince, tutto. Nell’atletica, in particolare. Spicca nel salto alto in alto, nel lungo, negli ostacoli, e poi anche pentathlon e decathlon.
Ora Jim è un ragazzone alto 1,80 per 86 chili, conteso dalle squadre di football e baseball anche se può giocare solo d’estate. Durante l’anno si impegna con la squadra di atletica, tanto da qualificarsi alle Olimpiadi di Stoccolma in quattro specialità: pentathlon, decathlon, lungo e alto. Si narra che, a bordo della nave degli atleti statunitensi ormeggiata nel porto di Stoccolma, il coach Usa fosse in difficoltà con Jim, che invece di allenarsi dormiva. “Ma coach - rispondeva - ho appena sognato di allenarmi!”.
Bottino di Jim “Sentiero lucente” a Stoccolma 1912: due ori - decathlon e pentathlon -, quarto nel salto in alto, settimo nel salto in lungo. Re Gustavo V di Svezia vuole incontrarlo per fargli i complimenti di persona, ma quando i suoi inviati lo vanno a prendere sulla nave Usa trovano solo il coach che li congeda con una scusa. Infatti Jim è ubriaco fradicio, sta dando calci alle porte delle cabine urlando “Sono un cavallo!”: festa estrema, ma anche avvisaglie di alcolismo, che lo distruggerà anni più tardi. Re Gustavo lo incontrerà il giorno dopo, e gli dirà: “Sir, lei è il più grande atleta del mondo”. Jim risponde: “Grazie, re”.
Ma nel 1913 il giornale sportivo “Worcester Telegram” denuncia Thorpe per professionismo: aveva giocato a baseball in squadre pro. Il Cio cancella a Jim tutti i risultati e tutti gli onori. Non serviranno le scuse ufficiali, né l’ammissione di colpa (“Ero uno scolaro indiano che non sapeva niente di queste cose”). “Sentiero lucente”, amareggiato dallo scandalo che lo ha rovinato, ripiega sul baseball, carriera con cui manterrà sé e la famiglia fino al 1929. Dopo il ritiro finisce a fare il carpentiere a Los Angeles. Un giorno qualcuno a Hollywood si ricorda di lui e per 1.500 dollari ricava dalla sua storia un film con Burt Lancaster (Pelle di rame, 1951). Il Sentiero si avvia verso il crepuscolo.
Nel 1952 scopre di avere un tumore. I medici non riescono a fare niente: il suo cuore, minato dall’alcol, cede a un infarto il 29 marzo 1953. Jim muore nella roulotte dove vive, alla periferia di Los Angeles. Le medaglie olimpiche che aveva dovuto restituire nel 1913 furono riconsegnate ai figli nel 1983 dal presidente del Cio, Juan Antonio Samarach, che ne ripristinò la memoria con una cerimonia pubblica.
Un paese in Pennsylvania comprò i resti dell'indiano per ospitarli in un museo a pagamento: il giudice ha deciso che non potranno essere trasferiti nella riserva dove nacque. (Chiara Turrini)

PER NON DIMENTICARE !!!!

PER NON DIMENTICARE !!!!

Susi Yazzie, grande anziana del popolo Navajo

"IL PROGETTO DEGLI ORSI"


Da: Lianna Elizabeta Costantino
22 maggio 2017 - 1,15
"Il Progetto degli Orsi iniziò nel 2005 con l'intento di mostrare la varietà di artisti di talento all'interno del Confine di Qualla (the "Qualla Boundary", dove abitano i Cherokee della Banda del Est).
Un comitato ha ricercato diversi concetti prima di scegliere un tema dell'orso, in quanto intendevano produrre qualcosa di culturale significativo.
Gli orsi sono una gran parte della cultura di Cherokee e appaiono in molte delle storie e delle leggende che la gente Cherokee mantengono sacra.
La cultura attualmente riconosce i contributi dei Clan di Uccelli, Blu, Cervi, Capelli Lunghi, Vernice, Patata Selvaggia e Lupo.
"Syllabeary Bear" dipinto da Charles Saunooke (giu). Questo e' un gioco di parole, perche significa "sillabario" (di Sequoyah) ma e' scritto con "bear" (orso) interno = "syllabary" diventa "syllaBEARy".

‎Costanzo Tristano Fiorini‎ a TURTLE PEOPLE - NATIVE AMERICANS

Costanzo Tristano Fiorini a TURTLE PEOPLE - NATIVE AMERICANS
LA STRAGE DEI NATIVI D'AMERICA ... IL SILENZIO.
Non dimentichiamo stragi e massacri dei nativi d'america
Sullo sterminio dei popoli nativi delle Americhe e sulla totale distruzione delle loro culture aleggia, ormai da secoli, un silenzio tombale. Lo sterminio di tutte le etnie “indie”, ovvero dei Nativi Americani, nel Nord America così come nell’America Centrale e nel Sud America, è il più immane e devastante olocausto di tutti i tempi operato per mano degli Occidentali. L’olocausto dei nativi americani non fu solo lo sterminio di milioni di persone, fu qualcosa di più profondo. Fu, oltre l’eccidio, anche la totale distruzione delle loro culture, portate alla completa scomparsa.
Essi popolavano l’intero continente americano, dalle gelide lande dell’Alaska fino alla punta meridionale del continente, la Terra del fuoco. Gli habitat erano i più diversi. Zone di freddo quasi polare. Pianure sterminate e fertili. Vasti altipiani (le mesas del Sud Ovest statunitense). Foreste equatoriali e pluviali. Le vertiginose cime delle Ande. Le steppe. Di nuovo, laggiù nella Terra del fuoco, gelide terre in prossimità dell’Antartico.
L’immane olocausto che ebbe luogo in quel continente nel corso di quasi quattro secoli non è mai stato pienamente riconosciuto nella Storia e nella coscienza dell’Occidente, e quindi mai espiato in alcun modo, a differenza di quanto accaduto per l’olocausto degli ebrei.
Le fonti più attendibili attestano che prima dell’arrivo degli europei circa 8 milioni di indiani occupavano l’America del Nord. Nel 1692, non restavano già più di 4 milioni e mezzo d’indigeni. Oggi gli indiani sopravvissuti sono meno di 50mila. All’arrivo dei primi coloni gli indiani fecero l’errore di mostrarsi piuttosto accoglienti. Quando gli immigrati furono abbastanza numerosi, cominciarono a premere sui territori dei nativi americani per strappar loro la terra.
E’ il via ad un genocidio mostruoso, costellato di continue stragi e massacri di villaggi, operato con una pianificazione scientifica: affamare gli indiani, facendo tabula rasa delle mandrie di bisonti, e spingerli nelle zone più invivibili per farli morire di stenti e malattie continuando, al tempo stesso, ad attaccarli. Inzia così l’epoca delle riserve, che ben presto diventano autentici campi di sterminio, aree incolte, malsane e povere di mezzi di sostentamento.
Migliaia di indiani, poi, vengono spostati da una riserva all’altra, apparentemente senza motivo: marce forzate su tragitti lunghissimi, in realtà studiate apposta per decimare la popolazione. Nelle riserve, veniva attuata la soluzione finale: impossibilitati a procurarsi il cibo con la caccia, come loro costume, gli indiani sono costretti a nutrirsi con alimenti avariati che non possono più essere venduti sul mercato dei coloni.
Agli indiani vengono fornite coperture infettate coi microbi del vaiolo e della tubercolosi e queste malattie, nel giro di pochi anni, completano lo sterminio. Il ricorso all’uso del vaiolo appare già in un rapporto al generale Amherst, datato 13 luglio 1763, in cui il colonnello Henry Bouquet relaziona al suo superiore circa l’uso di coperte infettate da malati per contagiare gli indiani. Questa tecnica è poi stata usata con gran successo nelle riserve, per affrettare la risoluzione della “questione indiana”. Dai lager, presto ridotti a grandi lebbrosari, si poteva uscire solo morti: ogni rivolta, ogni tentativo di fuga venne repressa con inaudita ferocia. Così scomparve il popolo delle grandi praterie, vittima dell’immigrazione e, oggi, dei vuoti di memoria dei media di regime. (da: sapere è un dovere.com)

giovedì 18 maggio 2017

MARIO DEL MONACO ATTORE con UGO TOGNAZZI e ORNELLA MUTI




Mario Del Monaco è qui intervistato dal giornalista RAI Paolo Cavallina a S.Pellegrino Terme (BG) nel 1978, sul set dell’ultimo film al quale aveva partecipato, “Primo amore”, con Ugo Tognazzi e Ornella Muti, Regìa di Dino Risi. Durante l’intervista, Mario Del Monaco espone il suo punto di vista sul termine “divo”, con il quale da molti anni veniva definito dalla stampa e dal pubblico. L’intervista è estesa anche a Ugo Tognazzi e a una giovanissima Ornella Muti, che esprimono giudizi positivi su Del Monaco attore. Il video, a disposizione di tutti, è un inedito come tanti altri pubblicati su questa pagina da diversi mesi.- (Purtroppo, non si riesce a trasferirli su questo mio blog).



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Teatro Comunale "MARIO DEL MONACO" di Treviso

La Città di Treviso, il 27 aprile 2011 ha voluto onorare il suo illustre concittadino Mario Del Monaco intitolando a suo nome il rinnovato Teatro Comunale. All’inaugurazione furono invitati i famigliari del grande tenore e numerose personalità, anche straniere. Il Teatro era gremito in ogni ordine di posti e tutta la città ha festeggiato quell’evento davvero storico. Nell’occasione, vennero proiettati alcuni filmati sulla vita del grande tenore, e in questo video ne possiamo vedere una parte. -

(Purtroppo, non si possono trasferire in questo mio blog).


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