lunedì 22 maggio 2023

GIUSEPPE VERDI

Così, è stato scritto:

< Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi operisti di ogni tempo, subentrò ai protagonisti italiani del teatro musicale del primo Ottocento: Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti.
Come Richard Wagner, interpretò in modo originale, seppur differente dal musicista tedesco, gli elementi romantici presenti nelle sue opere, proponendo agli spettatori una chiave di lettura patriottica in molte delle sue composizioni.
< Simpatizzò con il movimento risorgimentale che perseguiva l’Unità d’Italia e partecipò attivamente per breve tempo anche alla vita politica; nel corso della sua lunga esistenza stabilì una posizione unica tra i suoi connazionali, divenendo un simbolo artistico profondo dell’unità del Paese.
Fu perciò che, un mese dopo la sua morte, una solenne e sterminata processione attraversò Milano, accompagnando le sue spoglie con le note del “Va’, pensiero”, il coro degli schiavi ebrei del “Nabucco”.
Il “Va’ pensiero”, da lui scritto circa 60 anni prima, esprimendo di fatto i sentimenti degli italiani verso il loro eroe scomparso, dimostrò fino a che punto la musica di Verdi fosse stata assimilata nella coscienza nazionale.
< Le sue opere rimangono ancora tra le più conosciute ed eseguite nei teatri di tutto il Mondo, in particolare “Aida” (1871), il già citato Nabucco” (1842) e la cosiddetta “triade verdiana”: “Rigoletto” (1851), “Il trovatore” (1853) e “La traviata” (1853).

Adolescenza, giovinezza e formazione musicale di Verdi:

Giuseppe Verdi nasce a Le Roncole di Busseto il 10 ottobre 1813 e muore a Milano il 27 gennaio 1901.

I genitori sono Carlo Verdi (oste e rivenditore di sale e generi alimentari) e Luigia Uttini (filatrice).

Carlo discende da una famiglia di piccoli possidenti e commercianti piacentini che, per secoli, risiedono tra Villanova e Sant’Agata, poi trasferitisi in località Le Roncole di Busseto.
Luigia, idem, figlia di osti, è originaria di Saliceto di Cadeo, idem, in provincia di Piacenza.

Carlo risparmia un po’ di denaro e, in seguito, diventa erede dei genitori (in particolare del padre Giuseppe Antonio) della gestione di una piccola e ben lanciata osteria a Le Roncole; a questa attività intervalla il lavoro nei campi.

11 ottobre del 1813: nel Registro dei Battesimi della Chiesa di “San Michele Arcangelo” è scritto il nome di Giuseppe Francesco Fortunino, “nato ieri”.
Tre giorni dopo, Carlo arriva a Busseto per la dichiarazione della nascita del figlio alle autorità locali, Giuseppe: nel registro comunale, il piccolo viene indicato con i nomi di Joseph Fortunin François, dal momento che l’atto è redatto in francese e perché, nel 1808, tutta la zona bussetana, precedentemente appartenente al Ducato di Parma, viene annessa all’Impero francese creato da Napoleone.

Giuseppa, una sorella più giovane di Verdi, muore a 17 anni, nel 1833, ma è inferma fin dalla giovanissima età a causa di una meningite.

All’età di quattro anni, Giuseppe riceve lezioni private di Latino e Italiano dal Maestro e Organista del paese Pietro Baistrocchi che, a quanto pare, sembra avere un ruolo fondamentale dando consiglio alla famiglia del ragazzo per fargli intraprendere lo studio della Musica.
Da non dimenticare che Pietro Baistrocchi lo prende a benvolere e lo aiuta gratuitamente ad avviarlo alla pratica dell’Organo e del Pianoforte.

A sei anni, Verdi frequenta la scuola locale contemporaneamente alle lezioni di Organo da Baistrocchi, ma il suo chiaro interesse per la Musica convince i genitori a comprargli una spinetta che, a furia di essere usata, rende necessario l’intervento tecnico di un organaro per ripararla.
Dopo la morte di Baistrocchi, Verdi diventa Organista a pagamento, all’età di soli otto anni.

Il talento compositivo straordinario di Verdi è coltivato e sviluppato dallo studio e sostenuto dal padre, che intuisce l’ottimo “traguardo” del figlio.
Più tardi, Antonio Barezzi (negoziante amante della Musica e Direttore della locale Società Filarmonica), è fiducioso circa le possibilià del ragazzo e diventa suo mecenate e protettore, per cui lo aiuta a proseguire gli studi, mentre non tutti sanno che Carlo Verdi promuove energicamente l’istruzione e la precocità di Verdi figlio.

1823: i coniugi Verdi iscrivono il ragazzino al “Ginnasio”, una Scuola Superiore per ragazzi gestita da don Pietro Seletti a Busseto, dove riceve istruzione in Italiano, Latino, Scienze Umane e Retorica.
Il ragazzo, regolarmente, torna a Le Roncole anche di domenica a suonare l’organo, camminando a piedi per diversi chilometri.

1824: Giuseppe Verdi inizia a ricevere le lezioni di Ferdinando Provesi, Maestro di Cappella nella “Collegiata di San Bartolomeo Apostolo” e Maestro dei locali Filarmonici, che gli insegna le basi della Composizione Musicale e della Pratica Strumentale.

Giugno 1827: Verdi si diploma presso il Ginnasio e si può dedicare unicamente alla Musica, sotto la guida di Provesi.
Ha 13 anni quando è chiamato a sostituire un musicista: cosa che diventa il suo primo evento pubblico in Busseto, dove riscuote un grande successo.

1829-1830: Verdi si afferma come membro della Filarmonica.
1832: a Bergamo, viene eseguita “I deliri di Saul”, una cantata in otto movimenti, sulla base di un dramma di Vittorio Alfieri, scritta da Verdi all’età di 15 anni.
Fine 1829: Verdi termina i suoi studi con Provesi, il quale Provesi comunica che non ha più nulla da insegnargli.
Dopodiché, Verdi si trasferisce presso la casa di Barezzi, dove impartisce lezioni di canto e di pianoforte a sua figlia, Margherita con la quale inizia una relazione sentimentale, nel 1831.

Verdi desidera studiare a Milano, città che presenta risorse e occasioni maggiori in confronto a Busseto, città piccola, per cui, il 14 maggio 1831, Barezzi presenta domanda di ammissione al Conservatorio di Milano, spingendo Carlo Verdi a chiedere una borsa di studio al Monte di Pietà e di Abbondanza per il figlio.
Non raggiungendo alcun esito, rivolge la proposta alla Duchessa Maria Luigia che viene approvata il 14 gennaio 1832, per cui Verdi è ammesso all’esame preliminare che, purtroppo, non supera.
Il celebre violinista e violista Alessandro Rolla è l’unico che vota favorevolmente per Verdi e lo indirizza alle lezioni private di Vincenzo Lavigna, allora Maestro al Cembalo de “La Scala”, il quale trova le composizioni di Verdi «molto promettenti».
Verdi si inserisce sempre più nell’ ambiente culturale di Milano, ascoltando celebri interpreti dell’epoca, come Maria Malibran nelle opere di Donizetti e Bellini, con lo studio delle composizioni dei vecchi Maestri, come Palestrina (il suo compositore prediletto), Carissimi, Corelli, Marcello, Porpora, Pergolesi, Alessandro e Domenico Scarlatti, Paisiello, Haydn e Mozart.

Comincia a frequentare il Teatro “Alla Scala”, dove conosce anche il Direttore della “Società Filarmonica” di Milano, Pietro Massini.

1834: è invitato a partecipare come Maestro al Cembalo per l’esecuzione de “La Creazione” di Haydn, suonata dalla stessa “Filarmonica”, come da lui riferito in una lettera del 19 ottobre 1879 a Giulio Ricordi.
Ben presto Verdi arriva ad assumere il ruolo di Direttore delle prove (per “La Cenerentola” di Rossini) e di Continuista ed è proprio Massini che lo spinge a scrivere la sua prima opera che, in origine, è “Rocester”, su libretto del giornalista Antonio Piazza ma, poi, chiamata “Oberto, Conte di San Bonifacio”.

1834-1842: le primissime opere di Verdi:

Metà 1834: a Busseto,Verdi desidera subentrare a Provesi ma, non riuscendo, è aiutato da Barezzi, per ottenere il posto del Maestro di Musica.

Insegna, e impartisce lezioni, oltre a dirigere la “Filarmonica” per alcuni mesi, dopodiché, all’inizio del 1835, torna a Milano.

Luglio 1834: riceve la sua certificazione da Lavigna.

Fine febbraio 1836: Verdi è nominato Maestro di Musica del Comune di Busseto con un contratto di tre anni.

4 maggio del 1836: nell’oratorio della Santissima Trinità, sposa la ventiduenne Margherita Barezzi con cui, due anni dopo, va a vivere a Milano, a Porta Ticinese, in una modesta abitazione.

26 marzo 1837: Margherita partorisce la loro prima figlia, Virginia Maria Luigia, a cui segue Icilio Romano, l’11 luglio 1838.

1837: Verdi chiede l’assistenza di Massini per rappresentare una sua opera a Milano.

Negli anni seguenti, succedono gravi lutti familiari attraverso la morte dei suoi figli Virginia, il 12 agosto 1838 e Icilio, il 22 ottobre 1839, entrambi all’età di circa un anno e mezzo.

1839: dopo quattro anni di lavoro, finalmente, riesce a far rappresentare la sua prima opera a “La Scala: “Oberto, Conte di San Bonifacio”, su libretto originale di Antonio Piazza, rivisto e riadattato da Temistocle Solera.
Opera con stile donizettiano, piace al pubblico e consegue un discreto successo, oltre ad essere rappresentata in quattordici repliche per cui l’impresario de “La Scala”, Bartolomeo Merelli, offre a Verdi un contratto per altri tre lavori e che, nel novembre 1839, accetta di inserire in cartellone un suo lavoro; lavoro che arriva al rispettabile numero di 13 repliche.

18 giugno 1840: Margherita, all’età di 26 anni, muore di encefalite mentre Verdi sta lavorando alla sua seconda opera, “Un giorno di regno”; opera di genere comico, che viene rappresentata a settembre, conseguendo un esito disastroso (infatti, viene rappresentata una sola volta).
Secondo Verdi: “vi ebbe certo una parte di colpa la musica, ma una parte vi ebbe anche l’esecuzione”.
E’ chiaro che il momento anche doloroso in cui viene composta incide sull’insuccesso e che, a causa dei lutti verificatisi, Verdi in seguito, dichiarerà che in quel periodo aveva deciso di smettere di comporre: la sua decisione cade a causa dell’opera successiva, “Nabucco”, che vede la luce dopo 18 mesi.

Merelli convince Verdi a non abbandonare la Lirica, affidandogli direttamente il libretto di “Nabucco”, scritto da Temistocle Solera: tale soggetto biblico, all’inizio, è stato rifiutato dal compositore Otto Nicolai.

Verdi è ancora scioccato dalla tragedia familiare, per cui ripone il libretto senza neanche leggerlo quando, una sera, spostandolo, gli cade per terra e si apre proprio nella pagina di “Va, pensiero”, lasciando scosso Verdi dopo la lettura di tale brano.
Il quale Verdi va a dormire, ma non riesce ad assopirsi; si alza e rilegge il testo più volte; poi, lo musica, lo legge e decide di musicare tutto il libretto e, in seguito, Verdi ricorderà: “Questo versetto oggi, domani quello, qui una nota, c’è una frase intera, e a poco a poco l’opera è stata scritta”.
La prima rappresentazione di “Nabucco” avviene il 9 marzo 1842, al Teatro “Alla Scala” di Milano: l’esito è favoloso.
Solo tra agosto e novembre, conta cinquantasette repliche: è il risultato scaligero mai raggiunto fino a tale momento.
Nei tre anni successivi, l’opera viene rappresentata anche a Vienna, Lisbona, Barcellona, Berlino, Parigi e Amburgo; nel 1848, viene messa in scena a New York e, nel 1850, a Buenos Aires.
“Nabucco” segna l’ascendenza musicale di Verdi.

Per mezzo di uno dei cori dell’opera, il celebre “Va, pensiero”, il popolo italiano si immedesima nel popolo ebraico prigioniero; popolo ebraico che, attraverso il celebre coro “Va, pensiero”, a poco a poco diventa un canto-lamento, forse un inno contro l’Austria-padrona; coro che viene diramato presto in Lombardia e nel resto d’Italia.

1843-1850: Verdi li definisce gli “anni di galera”:

«Dal Nabucco in poi non ho avuto, si può dire, un’ora di quiete. Sedici anni di galera!»

Nabucco è l’inizio di una splendente carriera che impegna Verdi a scrivere, in media, un’opera annualmente: “I Lombardi alla Prima Crociata”, “Ernani”, “I due Foscari”, “Giovanna d’Arco”, “Alzira”, “Attila”, “Il corsaro”, “I masnadieri”, “Macbeth”, “La battaglia di Legnano”.

Si tratta di opere giovanili sono creazioni di successo rappresentate in molti teatri italiani ed europei, ma spesso musicate su commissione, lavorativamente massacranti e non sempre con ispirazione.

Per merito del successo iniziale di “Nabucco”, Verdi si stabilisce a Milano, guadagnando numerose conoscenze prestigiose.
Frequentando il salotto letterario della Contessa Clara Maffei, diventa suo amico per tutta la vita e corrispondente.

1842: l’alto numero di repliche di “Nabucco”, a “La Scala”, suggerisce a Merelli di commissionargli una nuova opera per la stagione 1843.
“I Lombardi alla prima Crociata”, su libretto di Solera, debutta l’11 febbraio 1843, idem, a “La Scala”, confermando la reputazione positiva di Verdi.

Verdi presta attenzione ai suoi contratti e si assicura di essere ricompensato a dovere col crescere della sua popolarità.
Quindi, inizia ad investire i proventi nell’acquisto di terreni presso il suo paese natale e, nel 1844, compera “Il Pulgaro”, un terreno agricolo di 23 ettari con casa colonica e annessi.
Maggio del 1844: regala una casa ai suoi genitori.
Sempre, nel 1844: acquista anche “Palazzo Cavalli” (ora noto come “Palazzo Orlandi”) su via Roma, la strada principale di Busseto.

Maggio 1848: Verdi firma un contratto di acquisto della terra e delle case a Sant’Agata, nel Piacentino, che un tempo erano appartenute alla sua famiglia.
Qui costruisce la sua nuova casa, “Villa Verdi”, dove vive dal 1851 fino alla sua morte.

Marzo 1843: Verdi visita Vienna (dove Gaetano Donizetti è Direttore Musicale) per allestire una produzione di “Nabucco”.
Donizetti riconosce il talento di Verdi e osserva, attraverso una lettera scritta nel gennaio 1844: «Sono molto felice di dare modo a persone di talento come Verdi… Niente impedirà al buon Verdi di raggiungere presto una delle posizioni più onorevoli nella corte dei compositori».

Poi, Verdi va a Parma, dove il Teatro “Regio” sta allestendo “Nabucco” con Giuseppina Strepponi nel cast.
Le rappresentazioni eseguite nella sua regione, conferiscono a Verdi una vera vittoria personale e suo padre Carlo, partecipa alla “prima”.

Verdi si ferma a Parma per un certo tempo dopo la data di partenza e, dopo il successo degli allestimenti di “Nabucco”, a Venezia (sono venticinque le repliche nella stagione 1842/43), contratta l’impresario de “La Fenice” per mettere in scena “I Lombardi” e per scrivere una nuova opera: “Ernani”.
Tratta dall’omonimo dramma di Victor Hugo, “Ernani” viene patteggiata da Verdi nell’estate del 1843, è musicata nell’inverno seguente su libretto di Francesco Maria Piave e viene presentata per la prima volta al pubblico veneziano il 9 marzo 1844.
La vicenda, ricca di colpi di scena e imperniata su un triplice amore, permette a Verdi di analizzare il profilo di alcuni personaggi dal punto di vista drammaturgico e di cominciare a staccarsi dall’azione influente dei grandi compositori italiani dell’inizio Ottocento: Rossini, Bellini e Donizetti.
“Ernani” consegue un ampio successo e, nel tempo di sei mesi viene replicata in altri venti teatri italiani, oltre a Vienna.

“La Scala” non viene più scelta per il debutto delle nuove opere, eccetto per “Giovanna d’Arco” perché Verdi «non perdonerà mai ai Milanesi per la ricezione di “Un giorno di regno”».

Verdi comincia a lavorare in modo più compatto con i suoi librettisti.
Incarica nuovamente Francesco Maria Piave, questa volta per “I due Foscari” (opera eseguita a Roma nel novembre 1844), e Solera per “Giovanna d’Arco” (che esordisce al Teatro “Alla Scala” nel febbraio 1845)
Nel mese di agosto, comincia a collaborare con Salvatore Cammarano per “Alzira” per il “Teatro di San Carlo” di Napoli (opera della quale cui lo stesso Verdi dirà «era proprio brutta»).

Solera e Piave lavorano insieme ad “Attila”: Solera è il librettista e Piave revisiona.
L’opera viene rappresentata al Teatro “La Fenice” di Venezia il 17 marzo 1846, ottenendo un buon successo.

Aprile 1844: Verdi ingaggia Emanuele Muzio, più giovane di lui di otto anni, come allievo e come amanuense.
Lo conosce come uno dei protetti di Barezzi fin da circa il 1828 e, in effetti, Muzio è il solo allievo di Verdi: diverrà una persona indispensabile per il musicista.
Muzio riferìsce a Barezzi che Verdi «ha una larghezza di spirito, di generosità, una saggezza» e, nel novembre 1846 gli scrive, a proposito del Maestro: «Se tu potessi vedere noi, mi sembra più come un amico, piuttosto che essere il suo allievo. Siamo sempre insieme a cena, nei caffè, quando giochiamo a carte… tutto sommato non va da nessuna parte senza di me al suo fianco, in casa abbiamo un grande tavolo e scriviamo insieme, quindi ho sempre il suo consiglio».
Muzio collabora sempre con Verdi: assiste alla preparazione delle partiture e delle trascrizioni e conduce molte delle sue opere nelle loro “prime” fuori d’Italia e negli Stati Uniti.
E’ scelto da Verdi come uno degli esecutori testamentari, ma decede prima del suo Maestro, nel 1890.

Settembre 1846: dopo una malattia, Verdi inizia “Macbeth”, opera che
dedica a Barezzi: «Ho sempre inteso a dedicare un’opera a te, come sei stato un padre, un benefattore e un amico per me. È stato un dovere che avrei adempiuto prima se le circostanze imperiose non mi avessero impedito. Ora, io mando a voi Macbeth, che io apprezzo sopra tutte le mie altre opere, e quindi la ritengo degna di dedicarla a voi».

1847: “Macbeth” viene presentata al Teatro “La Pergola” di Firenze ed è considerata “il capolavoro giovanile di Verdi”.
Il libretto di Francesco Maria Piave si ispira alla tragedia omonima di William Shakespeare, tradotta in Italiano da Giuseppe Nicolini, nel 1830.
Giudizio nel 2022: l’opera è drammatica e, da alcuni decenni è stata rivalutata; in confronto alle precedenti, è differente per l’approfondimento psicologico dei protagonisti della tragedia (Macbeth e Lady Macbeth), preannunciando la sua Trilogia Popolare che lo introduce nella sua piena maturità espressiva.

La voce della Strepponi decade a poco a poco e, tra il 1845 e il 1846, i suoi impegni diminuiscono, per cui torna a vivere a Milano.
Tiene contatti con Verdi come sua «sostenitrice, promoter, consigliera non ufficiale e segretaria occasionale» fino a quando si trasferisce a Parigi, nel mese di ottobre 1846.
Prima di lasciare Verdi gli dà una lettera attraverso la quale gli promette il suo amore.

Maggio 1847: Verdi completa “I Masnadieri” da rappresentare a Londra, tranne che per l’orchestrazione; opera che adatta a Jenny Lind, la protagonista.
22 luglio 1847: Verdi conduce la “prima” e la seconda rappresentazione al “Teatro di Sua Maestà”.
La regina Vittoria e il principe Alberto presenziano alla recita inaugurale e la maggior parte della critica è generosa.

Per i successivi due anni, Verdi abita a Parigi e, nel luglio 1847, riceve il suo primo incarico per l’ “Opéra” di Parigi di adattare “I Lombardi” ad un nuovo libretto creando “Jérusalem” con cambiamenti importanti alla musica e alla struttura del lavoro (tra cui una lunga scena di balletto) per soddisfare il pubblico parigino.
Verdi viene anche insignito dell’ “Ordine di Cavaliere della Legion d’Onore”.

Verdi tiene fede all’editore Francesco Lucca e prepara “Il corsaro”.

5 aprile 1848: Verdi torna a Milano dopo avere sentito la notizia delle “Cinque Giornate di Milano” e degli scontri in strada successi dal 18 al 22 marzo 1848: scontri che portano momentaneamente gli Austriaci fuori Milano.

Piave è ormai il “Cittadino Piave” della recente proclamata “Repubblica di San Marco”, per cui Verdi gli scrive una lettera patriottica che conclude con «Bandire ogni idea comunale meschina! Noi tutti dobbiamo tendere una mano fraterna, e l’Italia diventerà nuovamente la prima nazione del mondo… Sono ubriaco di gioia! Immagina che non ci sono più gli Austriaci qui!»

Salvatore Cammarano suggerisce l’adattamento de “La Bataille de Toulouse” di Joseph Méry (del 1828) e la “prima” è fissata per la fine di gennaio del 1849, a Roma, per cui Verdi si reca là dove l’opera, con il titolo di “La battaglia di Legnano”, è accolta con entusiasmo.
Nello spirito del tempo storico, le ultime parole dell’eroe (il tenore), sono; «Chi muore per la patria non può essere malvagio».

Verdi vuole tornare in Italia nei primi mesi del 1849, ma gli impegni di lavoro e la malattia glielo impediscono, oltre al suo crescente attaccamento alla Strepponi.
Luglio 1849: Verdi e la Strepponi lasciano Parigi a causa di un focolaio di colera, per cui Verdi va direttamente a Busseto per completare la sua opera seguente, “Luisa Miller”, per una rappresentazione a Napoli durante l’anno.

1849: rappresentazione a Napoli di “Luisa Miller”, opera importante per lo sviluppo dello stile musicale e dell’arte drammatica di Verdi; l’orchestrazione è più squisita, il recitativo più penetrante, come la dimensione psicologica della protagonista.

1850: “Stiffelio” viene rappresentata per la prima volta a Trieste e Verdi, idem, caratterizza parecchio la psicologia del personaggio centrale, ma le sue debolezze strutturali sono dovute in parte ai drastici tagli operati dalla censura austriaca, che non la lasciano imporsi al grande pubblico italiano ed europeo.
Infatti, ancora, oggi, “Stiffelio” è rappresentata raramente.
Il fallimento di “Stiffelio” spinge Verdi ad operare una rielaborazione, ma nemmeno la nuova versione, intitolata “Aroldo” (1857), riesce a soddisfare il pubblico.

La “trilogia popolare”:

1850: dopo gli accordi di Verdi con “La Fenice”, Piave scrive il libretto di “Rigoletto”, melodramma tratto dal dramma storico “Le Roy s’amuse” di Victor Hugo, da rappresentare nel marzo dell’anno successivo.
Si ratta della prima delle tre opere che confermano la sua fama: infatti, “Rigoletto” è seguita da “Il trovatore” e “La traviata”.

Per evitare rischi con la censura, Verdi sostituisce il personaggio del Re con quello del Duca; l’opera ottiene un grande successo in tutta Italia e in Europa e, riguardo all’orecchiabilissima aria del Duca, “La donna è mobile”, Verdi esclude l’orchestra dalle prove, facendo provare il tenore separatamente.

 

“Rigoletto” è un’opera rivoluzionaria sotto il profilo artistico drammatico e musicale: per la prima volta, al centro della vicenda di un’opera, si trova un buffone di corte, per di più deforme, personaggio molto diverso dalle grandi figure storiche, mitologiche o attraenti dei melodrammi passati; Rigoletto, effettivamente, è un emarginato sociale e l’emotività dei protagonisti viene illustrata da Verdi con grande capacità, mentre azione e musica si aiutano, nella vicenda.

Verdi e Piave sono costretti a sostenere una battaglia piuttosto dura con la censura e una società “prude e ipocrita”, dal momento che il soggetto risulta subito difficile da “vendere”, in quanto molto all’avanguardia, specialmente per la mentalità dell’Italia sotto il dominio austriaco e dell’influenza della Chiesa Cattolica.

Il titolo di “Le roi s’amuse” risulta ironico per cui deve essere cambiato e Verdi preferisce “La Maledizione”, riferendosi a quella lanciata da Vallier (nell’opera, è Monterone) ossia “la morale vista da Verdi”; titolo non condiviso da Piave a cui, però, viene data ragione da parte della censura.

Pur giudicando “immorale ed oscena trivialità” l’argomento del libretto intitolato “La Maledizione”, i censori ci ripensano e sostengono le trattative con Piave, che conosce come trattarli, mentre Verdi sostiene:
«Osservo infine che s’è evitato di fare Triboletto brutto e gobbo!!! Un gobbo che canta? Perché no!… Farà effetto? Non lo so; ma se non lo so io non lo sa, ripeto, neppure chi ha proposto questa modificazione. Io trovo appunto bellissimo rappresentare questo personaggio estremamente difforme e ridicolo, ed interamente appassionato e pieno di amore. Scelsi appunto questo soggetto per tutte queste qualità e questi tratti originali, se si tolgo, io non posso più farvi musica. Se mi si dirà che le mie note possono stare anche con questo dramma, io rispondo che non comprendo queste ragioni, e dico francamente le mie note o belle o brutte che siano non le scrivo mai a caso e che procuro sempre di darvi carattere».
Verdi ottiene vittoria verso la censura austriaca e l’opera viene rappresentata l’11 marzo 1851.

Il critico Massimo Mila, in uno dei suoi studi verdiani, afferma che il compositore, con “Rigoletto”, arriva alla «conquista dell’unità drammatica».

19 gennaio 1853: l’opera “Il trovatore” viene rappresentata a seguito dell’accordo con la società “Opera di Roma”, conseguendo grande successo.
Dopo avere guadagnato molto, Verdi non necessita più di commissioni di opere per vivere, per cui può permettersi di creare opere per conto proprio, senza dover dipendere da richieste di altri.
A parte “Oberto”, “Il trovatore” è la prima opera che scrive senza ricevere commissione.

L’opera, tratta dal lavoro di Antonio Garcia Gutiérrez, è popolare e affascinante; possiede grande originalità in quanto è vicenda con pochi avvenimenti, mentre il futuro della povera gente protagonista è pieno di imprevisti, la povera gente che ricorda un passato lontano che la spinge verso un destino di morte.

Opera densa delle pagine più alte scritte da Verdi, è ricca di sentimentalismo e impressioni tardo-romantiche tanto che, intorno allo stesso periodo, il musicista inizia a considerare di creare un’opera tratta da “Re Lear” di Shakespeare.

Inverno 1851-1852: Verdi e la Strepponi vanno a Parigi per concludere un accordo con l’ “Opéra” allo scopo di scrivere quella che diventerà “Les vêpres siciliennes” (“I vespri siciliani”).

 

Febbraio 1852: partecipano ad una rappresentazione de “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas; Verdi è così impressionato che comincia a musicare “La traviata”.
La sua opera viene rappresentata a “La Fenice” di Venezia, il 6 marzo 1853, e Verdi dirà, a Muzio: «La traviata, ieri sera, fiasco. La colpa mia o dei cantanti?… Il tempo giudicherà».

Scritta di getto, come Verdi fa solitamente, “La traviata”, tratta dal lavoro di Alexandre Dumas, viene subito «tacciata d’immoralità e turpitudine», soprattutto dal pubblico stesso.
Tale pubblico, però, quello veneziano, guarda caso, è lo stesso che, il 6 maggio 1854, al Teatro “San Benedetto”, la accoglie trionfalmente e la conclusione fredda di Verdi, in una lettera al De Sanctis del 26 maggio, è: «Tutto quello che esisteva per La Fenice esiste ora pel S. Benedetto. Allora fece fiasco: ora fa furore. Concludete voi!!!»

“La traviata” racconta la storia di una cortigiana che prova il vero amore per un giovane di buona famiglia, per cui la storia viene analizzata da Verdi in tutte le sfumature verso la coscienza e le emozioni della protagonista.
Verdi riesce ad orchestrare in modo finissimo l’opera che, all’epoca non viene recepita giustamente.

La Traviata”, da alcuni critici, è considerata una vera e propria base nella creazione del dramma benestante e benpensante degli ultimi decenni dell’Ottocento, base che influenzerà Puccini e gli autori veristi suoi contemporanei della Giovane Scuola Ialiana.

“Con “La traviata” si conclude un periodo frenetico della vita di Verdi: i famosi anni di galera” e, dopo questi, può dedicarsi con calma e riflessione a tutte le opere che seguiranno.

Fra parentesi, sembra giusto citare che, a qualcuno che chiede a Rossini che cosa ne pensi dell’opera, il grande musicista pesarese, risponde: “Un grande valzer”.

Secondo il critico Massio Mila, adesso, all’alba dei quarant’anni, termina la “giovinezza di Verdi” che, al massimo delle proprie capacità e reduce da questo lungo e faticoso “tirocinio”, sempre secondo Mila, il musicista si può avviare verso una “seconda perfezione”.

Palazzo Orlandi a Busseto:

Le questioni famigliari che preoccupano Verdi, in questo periodo, sono dovute al modo particolare di come i cittadini bussetani trattano Giuseppina Strepponi: non moglie, ma convivente a Palazzo Orlandi.
Oltre a ciò, Verdi è preoccupato per l’amministrazione dei suoi beni e in particolar modo del nuovo acquisto a Sant’Agata.
Inoltre, il distacco che aumenta tra Verdi e i suoi genitori potrebbe essere a causa della relazione con la Strepponi e, la tensione nell’aprile 1851, fa sì che i genitori di Verdi lascino Sant’Agata.
Verdi trova loro una nuova casa e li aiuta finanziariamente a stabilirsi là.

Verdi e la Strepponi si trasferiscono a Sant’Agata il 1º maggio 1851.

1853-1860: Sant’Agata:

1853-1871: il successo di Verdi è solido, ma riduce di molto il suo lavoro, occupandosi della sua attività di proprietario terriero nella regione di nascita.

Nei suoi primi undici anni di lavoro musicale, compone sedici opere ma, nei seguenti diciotto, scrive solo sei opere: “Les vêpres siciliennes”, “Simon Boccanegra”, “Un ballo in maschera”, “La forza del destino”, “Don Carlos” e “Aida”.

Con la “trilogia popolare”, Verdi diventa il più celebre musicista del suo tempo.
Eugène Scribe, a quel tempo librettista dell’ “Opéra” di Parigi, propone al compositore un testo in francese per un’opera da rappresentare nella Ville Lumière.
Verdi accetta subito e nasce “Les vêpres siciliennes” (Grand-Opéra rappresentato nel 1855), opera validissima musicalmente, ma non sembra molto persuasiva drammaturgicamente e che, comunque, a mezzo della versione italiana “I vespri siciliani” (Parma, 1855), nel Secondo Dopoguerra Mondiale, ottiene maggiore successo sotto alcuni fra i più famosi Direttori d’Orchestra e interpreti della Lirica internazionale (celebre la rappresentazione scaligera di Victor de Sabata-Callas del 1951).

La villa di Verdi a Sant’Agata:

Desiderando ritornare alla vita di campagna, nel maggio 1848, Verdi compera dai signori Merli la tenuta di Sant’Agata, una frazione di Villanova sull’Arda in provincia di Piacenza, dove diventa anche consigliere comunale.
Con forte impegno ed energia, segue in prima persona le attività della fattoria e,
In una lettera alla Contessa Maffei, scrive: «Non sto facendo nulla. Non leggo. Non scrivo. Cammino nei campi dalla mattina alla sera, cercando di recuperare…, finora senza successo, dai problemi di stomaco che mi ha causato I vespri siciliani. Maledette opere».
Verdi è esperto di pioppicoltura, di allevamento di cavalli, di irrigazione dei campi, di enologia e si tiene al corrente delle ultime novità come, ad esempio, la coltivzione di cachi che, in Italia, è appena iniziata: cosa della quale Verdi si mostra subito entusiasta, auspicandone la diffusione su tutto il territorio nazionale.

31 agosto 1857: la Repubblica di San Marino conferisce a Verdi il titolo di Patrizio Sanmarinese.

Nella seconda metà degli Anni Cinquanta dell’Ottocento, Verdi può comporre senza fretta, e nota che l’intero mondo musicale sta cambiando lentamente: l’esempio è dato da “Simon Boccanegra”, rappresentato a Venezia nel 1857, che non piace perché il dramma politico non possiede i particolari sentimentali che appassionavano nel tempo passato.

Inizio gennaio 1858: Verdi e la Strepponi vanno a Napoli per lavorare con Antonio Somma librettista dell’opera “Gustave III, ou Le Bal masqué”, tratto a sua volta da quello di Eugène Scribe per Daniel Auber che, l’anno dopo, diventa “Un ballo in maschera”.
La censura napoletana rifiuta l’assassinio di un Capo di Stato e l’adulterio di Amelia, ma la cosa si risolve, e l’opera viene presentata al Teatro “Apollo” di Roma cambiando il titolo in “Un ballo in maschera” con grande successo per una musica e un dramma raffinato, dallo stile elegante.

In questo periodo Verdi inizia a chiamare la Strepponi «mia moglie», mentre lei si firma Giuseppina Verdi.

Marzo 1859: Tornati a Sant’Agata, Verdi e la Strepponi trovano la vicina città di Piacenza occupata da circa 6 000 soldati austriaci stanziati per contrastare l’unificazione dell’Italia. Nella successiva Seconda Guerra di Indipendenza Italiana, gli Austriaci lasciano la regione e la Lombardia, ma mantengono il controllo della regione di Venezia, secondo l’Armistizio di Villafranca.
Verdi è fortemente dispiaciuto per la mancata annessione del Veneto.

29 agosto 1859: Verdi e Strepponi si sposano in Piemonte, presso il villaggio di Collonges-sous-Salève.
La cerimonia celebrata in assoluta segretezza ha, come testimoni, il cocchiere che li ha portati lì e il campanaro della chiesa.
Dopo il ritorno a Sant’Agata, Verdi inizia i lavori di ristrutturazione della sua residenza, lavori che si protraggono per diversi anni.
Fa realizzare una stanza quadrata che diventerà la sua stanza da lavoro, la sua camera da letto e il suo ufficio.

1860-1887: da “La forza del destino” ad “Otello”.

Verdi, in Russia:

Dicembre 1860: il “Teatro Imperiale” di San Pietroburgo offre a Verdi un compenso di 60.000 franchi, oltre a tutte le altre spese, per la realizzazione di un’opera.
Verdi pensa a “Don Alvaro o La fuerza del sino”, lavoro dello scrittore spagnolo Ángel de Saavedra e lo adatta all’opera “La forza del destino” che comprende particolari comici e tragici, affidando a Piave la stesura del libretto.

L’opera possiede un certo vigore musicale anche se, in alcuni punti, appare meno compatta, meno unitaria della precedente, sotto il profilo teatrale.
Dicembre 1861: Verdi arriva a San Pietroburgo, per la “prima”, ma problemi con la compagnia di canto ne provocarono il rinvio.

24 febbraio 1862: al ritorno dalla Russia, Verdi è a Parigi, dove incontra lo scrittore Arrigo Boito e il Direttore d’Orchestra Franco Faccio.
Essendo invitato a scrivere un brano musicale per la Grande Esposizione di Londra del 1862, Verdi sceglie Boito per la scrittura del testo che diventerà l’ “Inno delle Nazioni”.
10 novembre 1862: a San Pietroburgo, la “prima” de “La forza del destino” va in scena con grande successo e Verdi è insignito dell’ “Ordine di San Stanislao”.

Parigi, 1865: la ripresa di “Macbeth” non consegue pieno successo, ma fa commissionare a Verdi una nuova opera, “Don Carlos”, opera basata sul dramma omonimo di Friedrich Schiller.
Sull’opera vengono dati giudizi diversi: il critico Théophile Gautier elogia il lavoro, il compositore Georges Bizet resta deluso dal nuovo stile di Verdi, sostenendo: «Verdi non è più l’italiano. Sta seguendo Wagner».
E’ risaputo, comunque, che il Grand-Opéra “Don Carlos”, è considerato < uno dei grandi capolavori di Verdi che riesce a scavare profondamente nella psicologia dei protagonisti, attraverso una potente descrizione del dramma umano e politico che ha sconvolto la Spagna nella seconda metà del XVI secolo e che “ruota attorno alla logica spietata della ragion di stato”>.

1860-1870: Verdi ha molta attenzione verso la sua tenuta vicino a Busseto, acquisendo ulteriore terreno e migliorando gli impianti, affrontando raccolti variabili e crisi economiche.

1867: muoiono suo padre Carlo (dopo del tempo che sono stati restaurati buoni rapporti) e il suo mecenate Antonio Barezzi.
Verdi e Giuseppina adottano, come figlia propria, la pronipote di Carlo, Maria Filomena Verdi, di sette anni.

La massima maturazione umana e artistica del Verdi culmina con “Aida”, andata in scena a “Il Cairo” il 24 dicembre 1871.
1869: il Kedivè d’Egitto insiste con Verdi per fargli comporre un Inno per l’Inaugurazione del Canale di Suez e l’opera è il risultato finale dei contatti con Verdi.
Camille du Locle scrive in lingua francese il libretto di “Aida”, traendolo da uno scenario concepito dall’Egittologo Auguste Mariette, e modificato in versi italiani da Antonio Ghislanzoni.
Verdi confessa di non aver mai ammirato la civiltà dell’Antico Egitto, ma succede che gli viene offerta la somma di 150.000 franchi per “Aida”, opera che costituisce un ulteriore, grande passo in avanti verso la modernità.

E’ importante ricordare che, dopo la prima esecuzione di “Aida”, opera con innovazioni musicali, la prima opera wagneriana ad essere rappresentata in Italia, precisamente a Bologna, è la wagneriana “Lohengrin”: ciò accade quando Verdi è già a conoscenza di innovazioni musicali di Wagner, verso il quale – inizialmente – non nutre molta stima.

Verdi passa parecchio tempo dei due anni seguenti a sovrintendere alle produzioni italiane di “Aida” a Milano, Parma e Napoli e, durante le prove per la produzione npoletana, scrive il suo “Quartetto in mi minore per archi”, l’unica musica da camera da lui scritta fatta eseguire privatamente nel suo appartamento.

1869: la composizione di una sezione per una “Messa da Requiem” in memoria di Gioachino Rossini viene chiesta a Verdi che completa il lavoro ma che sospende per cinque anni dopodiché, ripreso, serve per il “Requiem” in memoria di Alessandro Manzoni.
22 maggio 1874: la prima esecuzione viene tenuta nella Chiesa di “San Marco” di Milano, in occasione dell’anniversario della morte del celebre scrittore.

Il soprano lirico-drammatico Teresa Stolz, nel febbraio 1872, a “La Scala” di Milano, canta “Aida” in anteprima europea e instaura un rapporto personale con Verdi (la cui esatta natura è stata oggetto di supposizioni, mai ben dimostrate), suscitando l’inquietudine iniziale di Giuseppina Verdi.
Però, le due donne si riconciliano e la Stolz rimane in buoni rapporti fino alla morte di Verdi.

1875: Verdi dirige il suo “Requiem” a Parigi, Londra e Vienna e, nel 1876, a Colonia.
Nonostante i più ritengano che quella sia la sua ultima opera, segretamente, nel
1879: Boito gli propone privatamente “Otello e Verdi inizia il lavoro.
Revisiona “Simon Boccanegra” e “Don Carlos”, per cui la composizione di “Otello” viene ritardata.
“Otello” debutta trionfalmente a “La Scala” il 5 febbraio del 1887 e diventa opera disputata da molti teatri.

 

1887-1901: “Falstaff” e gli ultimi anni:

“Le allegre comari di Windsor” e le “parti prima e seconda” da “Enrico I” di Shakespeare come materiale aggiuntivo, ispirano a Boito il libretto di “Falstaff”.
Boito spicca nella “Scapigliatura”, filiazione italiana del “Movimento Artistico Bohèmien”.

Intorno ai primi di luglio 1889: Verdi riceve la bozza e l’apprezza, ma nutre molti dubbi sulla possibilità di completare la cosa: l’età, la salute e la morte di amicizie a lui vicine lo gettano in uno stato di depressione però, si fa coraggio e, a fasi alterne, realizza “Falstaff” che viene rappresentata al Teatro “Alla Scala” il 9 febbraio 1893, conseguendo enorme successo.
Infatti, i bis richiesti sono numerosi e, al termine, gli applausi per Verdi e il cast durano un’ora, oltre a verificarsi un benvenuto impetuoso quando il compositore, sua moglie e Boito arrivano al Grand Hotel de Milan.
Per la prima rappresentazione, i prezzi ufficiali dei biglietti hanno un valore trenta volte più alti del solito e sono presenti la famiglia reale, l’aristocrazia, i critici e i protagonisti del mondo della cultura.
Con “Falstaff”, dimostra un’energia creativa sbalorditiva, prova la sua efficienza artistica e la sua mentalità aperta alla modernità.
“Falstaff”, opera sempre amata dal musicista, influisce decisivamente sui giovani operisti, come Puccini.

Gli ultimi anni di Verdi lo vedono intraprendere iniziative filantropiche:
. 1894: pubblica una musica per le vittime del terremoto in Sicilia e,
. dal 1895 in poi, programma e sovraintende la costruzione di una Casa di Riposo per Musicisti in pensione, a Milano (in Piazza Buonarroti) e di un ospedale a Villanova sull’Arda, vicino a Busseto.

Gli anni seguenti, Verdi li trascorre tra Sant’Agata e Milano: ha perso gli ultimi amici di gioventù, fra cui Andrea Maffei e sua moglie Clara, Tito I Ricordi ed Emanuele Muzio.

14 novembre 1897: la moglie Giuseppina muore a seguito di una polmonite.

1898: Verdi pubblica l’ultima composizione importante; si tratta del gruppo corale dei “Quattro pezzi sacri”.
1900: Verdi fortemente scombussolato per l’assassinio del Re Umberto I di Savoia, abbozza una poesia in suo ricordo, ma non riesce a completarla.

21 gennaio 1901: durante la permanenza presso il “Grand Hotel et de Milan”, a Milano, Verdi viene colpito da ictus cerebrale.
Si indebolisce a poco a poco fino a spegnersi alle ore 2,50 del 27 gennaio, all’età di 87 anni, assistito dalla figlia adottiva insieme al soprano Teresa Stolz.

Esequie di stato del compositore:

La tomba di Verdi:

All’inizio, Verdi viene tumulato con cerimonia privata nel Cimitero Monumentale di Milano ma, un mese dopo, il suo corpo viene traslato nella cripta della Casa di Riposo e, in tale occasione, 820 cantanti eseguono il coro “Va, pensiero” dall’opera “Nabucco” sotto la direzione di Arturo Toscanini.
Sembra che la folla immensa presente sia composta da 300.000 persone.

In tutta Italia, si svolgono cerimonie per commemorare la morte del “Grande Vecchio”, ed è molto eloquente quella tenuta alla presenza del Duca di Genova, nel “Teatro Greco” di Siracusa.
Una cartolina commemorativa viene stampata in occasione della dolorosa circostanza, mentre Pascoli e D’Annunzio scrivono poeticamente, in suo ricordo: al Museo Verdiano di Busseto è conservata la prima stesura del manoscritto originale dell’ode “In morte di Giuseppe Verdi” (1901) di Gabriele D’Annunzio.

In ricordo di Verdi, Boito scrivendo ad un amico, usa parole che richiamano la misteriosa scena finale di Don Carlos: «[Verdi] riposa come un Re di Spagna nel suo Escurial, sotto una lastra di bronzo che lo copre completamente».

Battuto al computer da Lauretta

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Notizie sul Verdi non operistico:

Verdi compone anche musica sacra e strumentale, destinata per lo più alla locale Società “Filarmonica” (1836-1839), compreso un “Tantum ergo”, che il compositore, nella propria maturità, giudica severamente.
Dopo “Oberto, Conte di San Bonifacio” (del 1839), per più di vent’anni, tralascia quasi del tutto i generi non operistici, nonostante scriva musica da camera, fra cui alcune romanze per voce e pianoforte.

1862: per l’ “Esposizione Universale” di Londra, compone l’ “Inno delle Nazioni” su testo di Arrigo Boito.

1868: per la morte di Rossini, Verdi propone a undici compositori italiani un “Requiem”, mai terminato, come omaggio collettivo al compositore di Pesaro e, per sé, riserva l’ultimo brano, il “Libera me, Domine” che, con alcuni cambiamenti, recupera per il suo “Requiem”; per cui, nella Chiesa di San Marco, a Milano, il 22 maggio 1874, viene eseguita la “Messa di Requiem” per la morte di Alessandro Manzoni.

Verdi compone anche un “Pater noster” su testo di Dante (in Volgare), pubblicato nel 1880 e diretto per la prima volta da Franco Faccio al Teatro “Alla Scala”, oltre a “Quattro pezzi sacri: Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine e Te Deum”, composti nella tarda maturità e pubblicati nel 1898.

Ma è, soprattutto, nel periodo giovanile che Verdi scrive musica da camera, fra cui troviamo le “Sei romanze” (del 1838), l’ “Album di sei romanze (del 1845) per voce e pianoforte” e il “Quartetto per archi in mi minore” (del 1873).

1859: compone il “Valzer in fa maggiore per pianoforte” che sarà orchestrato da Nino Rota per la colonna sonora del film “Il Gattopardo”.

Verdi e la politica:

1859: Verdi ha raggiunto una certa fama e una certa prosperità economica, dopodiché comincia ad interessarsi attivamente alla politica italiana, impegnandosi per il movimento risorgimentale, mentre amenta sempre più l’ «identificazione della musica di Verdi con la politica nazionalista italiana».
1848: Giuseppe Mazzini, il capofila nazionalista che incontra Verdi a Londra l’anno prima, gli chiede di scrivere un inno patriottico ma, secondo lo storico operistico Charles Osborne, “La battaglia di Legnano” del 1849 è «un’opera con uno scopo» e sostiene che «mentre le parti delle precedenti opere di Verdi erano state spesso riprese dai combattenti del Risorgimento…questa volta il compositore aveva dato al movimento una propria opera».

Circoscritto inizialmente solo a Napoli fino al 1859, e poi diffusosi
In tutta Italia, si espande lo slogan “Viva Verdi”, utilizzato come un acronimo per “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia” (Viva Vittorio Emanuele II Re d’Italia, al tempo, Re di Sardegna).
1861: è creata l’unificazione d’Italia e molte delle prime opere di Verdi vengono re-interpretate psicologicamente come dimostrazione della presenza di messaggi rivoluzionari nascosti.

1859: elezione di Verdi a membro del nuovo Consiglio Provinciale e nominato a Capo di un gruppo di cinque persone che dovrebbero incontrare il Re Vittorio Emanuele II, a Torino.
Lungo il percorso vengono accolte entusiasticamente e, a Torino, Verdi riceve grandi segni di popolarità.

17 ottobre: Verdi incontra Cavour, il grande “Maestro” politico e, nello stesso anno, il Governo dell’Emilia viene ricondotto sotto le Province Unite del Centro Italia; di conseguenza, la vita politica di Verdi viene temporaneamente sospesa.

1860: pur restando Nazionalista, rifiuta la carica di Membro del Consiglio Provinciale, ma Cavour insiste per averlo come candidato alla Camera del Primo Parlamento del Regno d’Italia (1861-1865), considerando positiva l’elezione di un uomo della statura di Verdi per una carica politica necessaria al rafforzamento per il futuro dell’Italia.
3 febbraio 1861: Verdi viene eletto Deputato nel Collegio di Borgo San Donnino (oggi, Fidenza) al ballottaggio (qualche tempo dopo, il musicista confida a Piave: «Ho accettato a condizione che dopo un paio di mesi mi potessi dimettere»).
Eletto al Parlamento del Regno di Sardegna (dal marzo 1861, Parlamento del Regno d’Italia), dopo la morte di Cavour (nel 1861), tale ufficio Verdi lo frequenta poco.
1874: Verdi è nominato Membro del Senato Italiano, ma non partecipa mai ai suoi lavori.

 

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Personalità:

Verdi non è solamente un uomo tranquillo di campagna-grande genio, contadino, schietto, integerrimo e con rara onestà intellettuale, ma anche patriota ardente che siede come deputato nel Primo Parlamento dell’Italia Unita.
Oltre a ciò, Verdi è un operista attento alle grandi correnti di pensiero che attraversano l’Italia e l’Europa dell’epoca, che sa mettersi in gioco ma che si rende conto anche del proprio valore.

È un essere molto riservato che risente molto di eventuali indagini sui suoi fatti personali: per Verdi, i giornalisti, gli aspiranti biografi, i suoi vicini di Busseto e il pubblico operistico in generale, sono persone invadenti, per cui si difende sempre dalle loro attenzioni indiscrete.

Religiosamente, è anticlericale per natura ma, nei suoi primi anni, fa erigere una cappella a Sant’Agata (probabilmente più per motivi sociali, piuttosto che per fede religiosa), ma non la frequenta molto.
Nel 1871, la Strepponi scrive: «Non voglio dire che Verdi sia un ateo, ma non è molto più di un credente».

Verdi è appassionato d’Arte e, ogni volta che si reca a Roma o a Firenze, visita (seppur brevemente, il Vaticano, gli Uffizi e altre pinacoteche.
Legge e apprezza i canti della Bibbia, i drammi di Shakespeare e le poesie di Ludovico Ariosto.
Nella sua casa colleziona pitture e sculture pregevoli, quasi sempre commissionate ad artisti conoscenti.

Non tutti sanno che Verdi, orgoglioso della propria estrazione contadina, è anche uomo colto e fine osservatore della realtà e dell’ambiente che lo circondano, oltre ad essere personaggio inquieto e protagonista carismatico della sua epoca.

 

Stile e critica:

Verdi è compositore aggiornatissimo, sempre alla ricerca di nuovi elementi che ispirino le sue opere, e frequentatore della capitale artistica dell’Europa del tempo: Parigi.
Infatti, il suo primo viaggio nella “Ville Lumière” lo effettua nel 1847, l’ultimo, nel 1894, in occasione della messa in scena di “Otello” che segue personalmente.

Meticoloso e dotato di un’eccezionale sensibilità drammaturgica affinata attraverso gli anni, per tutta la sua Verdi sperimenta verso traguardi sempre più alti, essendo dotato di un senso critico fuori del comune che gli permette di andare incontro ai gusti di un pubblico sempre più esigente, pur senza mai rinunciare alle proprie convinzioni umane e artistiche.

 

Vita artistica di Verdi:

La vita artistica di Verdi viene divisa in “periodi”: primo periodo, periodo di mezzo, periodo tardo.

. Primo periodo:

È risaputo che, agli inizi della sua carriera, Verdi scrive musica per la Società “Filarmonica” di Busseto (musica vocale, musica per banda e musica da camera, un’ouverture alternativa per “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini), musica in gran parte andata persa.

Le opere verdiane del primo periodo mostrano poca strutturazione, l’orchestrazione semplice o basica, e il musicologo Richard Taruskin suggerisce che «l’effetto più evidente delle prime opere verdiane, e uno dei più evidenti alleati dello stato d’animo del Risorgimento, è stato il grande numero di canti corali, rozzi o sublimi, secondo l’orecchio di chi ascolta, all’unisono».

Il famoso coro “Va, pensiero” di Nabucco (che Rossini indica come “una grande aria cantata da soprani, contralti, tenori e bassi”) è stato replicato similmente ne “I Lombardi” e in “Ernani” (qui, è l’inno di battaglia dei cospiratori in cerca di libertà).

Ne “I due Foscari”, Verdi utilizza temi ricorrenti identificati con i personaggi principali e, da questo momento, Verdi sviluppa anche il suo istinto per il “colore”.

Per quanto riguarda “Macbeth”, nella “scena del pugnale” e nel duetto in seguito all’assassinio di Duncan, le forme oltrepassano il “Codice Rossini” e spingono il dramma in modo convincente.

Per Verdi, il colore è il filo che assiema tutte le parti, fattore essenziale nelle sue opere.

. Periodo di mezzo:

In questo periodo, due fattori influenzano le composizioni di Verdi:
. L’aumento della propria reputazione e della sicurezza finanziaria gli consentono di scegliere i propri soggetti e di svilupparli secondo le proprie idee, in maggior tempo.
. Il cambiamento della situazione politica che incide sulla sua produzione: il fallimento delle rivoluzioni del 1848 diminuisce l’enfasi risorgimentale e porta ad un considerevole aumento della censura teatrale.
Per cui, Verdi incentra le trame preferibilmente sui rapporti personali e su una efficace riduzione delle parti corali.

. Periodo tardo:

Secondo Chusid, la Strepponi definisce le opere composte tra il 1860 e il 1870 come “moderne”, a differenza di Verdi che classifica quelle posteriori al 1850 come “opere cavatina”, dimostrando che lo stesso «Verdi era sempre più insoddisfatto con le vecchie convenzioni dei suoi predecessori, che aveva adottato fin dall’inizio della sua carriera».

Le composizioni di questo periodo sono differenti da quelle passate per la grande precisione verso le orchestrazioni, molto più vigorose ed ariose rispetto a quelle delle opere degli anni passati, però “Aida” è un ritorno alle opere precedenti: la trama è riferita all’amore, all’eroismo e la musica è volta all’impressione e alla grandiosità.
Però, Verdi raggiunge un effetto straordinario e stupefacente utilizzando la “Marcia trionfale”, con lunghe trombe, del tipo delle trombe egizie o delle buccine ricostruite espressamente per l’occasione.
E’ importante citare che < Quando il compositore Ferdinand Hiller chiese a Verdi se preferisse Aida o Don Carlos, Verdi rispose che “Aida” era “più mordente e (se mi passate la parola) più teatrale” >.

Ultimi lavori:

1887: più di 15 anni dopo “Aida”, le opere di Richard Wagner risultano penetrate nel gusto popolare e molti aspetti wagneriani si notano nelle ultime composizioni di Verdi.
Quando “Otello” di Verdi va in scena, in tale lavoro si nota, molta originalità: la potente tempesta che apre l’opera in medias res, il ricordo nel duetto d’amore che chiude il primo atto , l’armonia fantasiosa in “Era la notte” di Iago (Atto II).

Sei anni dopo, “Falstaff” è l’unica commedia di Verdi dopo la sfortunata “Un giorno di regno”.
Secondo Roger Parker: “l’ascoltatore viene bombardato da una splendida varietà di ritmi, tessiture orchestrali, motivi melodici e strutture armoniche.”

Eredità:

Monumenti e rappresentazioni cinematografiche e teatrali su Verdi:

Tre Conservatori italiani (Conservatorio di Milano, di Torino e di Como) sono stati intitolati a Verdi, come anche alcuni teatri italiani.
A Parma si trova il monumento a Giuseppe Verdi.

Vicino al Teatro “Giuseppe Verdi” di Busseto, si trova la statua del compositore realizzata da Luigi Secchi; si tratta solo di una delle tante statue a lui dedicate che esistono in Italia.

1906: Pasquale Civiletti scolpisce il “Giuseppe Verdi Monument” che si trova in Verdi Square, a Manhattan, New York, monumento scolpito nel marmo e comprendente la statua che raffigura Verdi insieme ai personaggi – scolpiti a grandezza naturale – di quattro delle sue opere (Aida, Otello, Falstaff e Leonora da “Il trovatore”).

 

Verdi e il cinema:

Film biografici, più o meno liberamente tratti dalla vita di Giuseppe Verdi:

. Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria (1913) – film diretto da Giuseppe De Liguoro
. Giuseppe Verdi (1938) – film diretto da Carmine Gallone
. Giuseppe Verdi (1953) – film diretto da Raffaello Matarazzo
. Giuseppe Verdi (1963) – sceneggiato televisivo diretto da Mario Ferrero
. Verdi (1982) – sceneggiato televisivo diretto da Renato Castellani
. Giuseppe Verdi (2000) – documentario di Francesco Barilli

2001: per onorare il Centenario dalla morte di Verdi, l’impresario teatrale americano Peter Klein produce lo spettacolo “Viva Verdi!” coadiuvato da Patricia Murray-Bett, spettacolo che viene presentato nel Regno Unito ed Irlanda con musiche tratte dalle opere Nabucco, Rigoletto, Il Trovatore, …

2011: Lorenzo Ferrero compone l’opera “Risorgimento!” in occasione del 150º anniversario dell’unificazione italiana, lavoro in cui Verdi è uno dei personaggi.

Musei dedicati a Giuseppe Verdi:

Nelle zone in cui Giuseppe Verdi è vissuto, si trovano alcuni musei a lui dedicati: la Casa Natale a Roncole Verdi, il Museo di Casa Barezzi nel centro di Busseto, il “Museo Nazionale Giuseppe Verdi” di Villa Pallavicino alle porte della città, la “Villa Verdi” a Sant’Agata e il Museo di “Casa Verdi” a Milano.

 

Verdi nel ventunesimo secolo: notizie.

Le opere di Verdi vengono spesso messe in scena in tutto il mondo e, secondo Operabase, nella stagione 2013-2014 “La traviata” è stata l’opera più eseguita (659 spettacoli).
Tutte le opere verdiane sono disponibili in diverse registrazioni e su DVD.

La musica di Verdi richiama interessi culturali e politici, ed estratti dal “Requiem” presenziano alla cerimonia commemorativa di Diana, Principessa del Galles.

17 marzo 2011: al Teatro dell’ “Opera” di Roma, durante una rappesentazione di “Nabucco” per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, il direttore d’orchestra Riccardo Muti – in una pausa, dopo il celebre coro “Va, pensiero” – si rivolge al pubblico (e al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi) per lamentarsi dei tagli ai finanziamenti statali della Cultura; il pubblico si unisce e ripete cantando con il coro.

2013: il bicentenario della sua nascita viene celebrato con tantissime manifestazioni in molte parti del Mondo.

Opere liriche:

. Oberto, Conte di San Bonifacio (Teatro alla Scala di Milano, 17 novembre 1839) – Dramma in due atti di Temistocle Solera
. Un giorno di regno (Teatro alla Scala di Milano, 5 settembre 1840) – Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani
. Nabucco (Teatro alla Scala di Milano, 9 marzo 1842) – Dramma lirico in quattro parti di Temistocle Solera
. I Lombardi alla prima crociata (Teatro alla Scala di Milano, 11 febbraio 1843) – Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera
. Ernani (Teatro La Fenice di Venezia, 9 marzo 1844) – Dramma lirico in quattro parti di Francesco Maria Piave
. I due Foscari (Teatro Argentina di Roma, 3 novembre 1844) – Tragedia lirica in tre atti di Francesco Maria Piave
. Giovanna d’Arco (Teatro alla Scala di Milano, 15 febbraio 1845) – Dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera
. Alzira (Teatro San Carlo di Napoli, 12 agosto 1845) – Tragedia lirica in un prologo e due atti di Salvadore Cammarano
. Attila (Teatro La Fenice di Venezia, 17 marzo 1846) – Dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera
. Macbeth (Teatro La Pergola di Firenze, 14 marzo 1847) – Melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, con interventi di Andrea Maffei; seconda versione (Théâtre Lyrique di Parigi, 21 aprile 1865)
. I masnadieri (Her Majesty’s Theatre di Londra, 22 luglio 1847) – Melodramma tragico in quattro parti di Andrea Maffei
. Jérusalem (Teatro de l’Opéra di Parigi, 26 novembre 1847) – Grand opéra in quattro atti di Alphonse Royer e Gustave Vaëz, rifacimento de I Lombardi alla prima crociata
. Il corsaro (Teatro Grande di Trieste, 25 ottobre 1848) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. La battaglia di Legnano (Teatro Argentina di Roma, 27 gennaio 1849) – Tragedia lirica in quattro atti di Salvadore Cammarano
. Luisa Miller (Teatro San Carlo di Napoli, 8 dicembre 1849) – Melodramma tragico in tre atti di Salvadore Cammarano
. Stiffelio (Teatro Grande di Trieste, 16 novembre 1850) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Rigoletto (Teatro La Fenice di Venezia, 11 marzo 1851) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Il trovatore (Teatro Apollo di Roma, 19 gennaio 1853) – Dramma in quattro parti di Salvadore Cammarano, con aggiunte di Leone Emanuele Bardare
. La traviata (Teatro La Fenice di Venezia, 6 marzo 1853) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Les vêpres siciliennes (Teatro dell’Opéra di Parigi, 13 giugno 1855) – Grand opéra in cinque atti di Eugène Scribe e Charles Duveyrier
. Simon Boccanegra (Teatro La Fenice di Venezia, 12 marzo 1857) – Melodramma in un prologo e tre atti di Francesco Maria Piave, con interventi di Giuseppe Montanelli; seconda versione, su libretto rivisto e ampliato da Arrigo Boito (Teatro alla Scala di Milano, 24 marzo 1881)
. Aroldo (Teatro Nuovo di Rimini, 16 agosto 1857) – Melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, rifacimento di Stiffelio
. Un ballo in maschera (Teatro Apollo di Roma, 17 febbraio 1859) – Melodramma in tre atti di Antonio Somma
. La forza del destino (Teatro Imperiale di San Pietroburgo, 10 novembre 1862) – Opera in quattro atti di Francesco Maria Piave; seconda versione, su libretto rivisto e ampliato da Antonio Ghislanzoni (Teatro alla Scala di Milano, 27 febbraio 1869)
. Don Carlos (Teatro de l’Opéra di Parigi, 11 marzo 1867) – Grand opéra in cinque atti di Joseph Méry e Camille du Locle; versione italiana in 4 atti (Teatro alla Scala di Milano, 10 gennaio 1884)
. Aida (Teatro dell’ Opera del Cairo, 24 dicembre 1871) – Opera in quattro atti di Antonio Ghislanzoni
. Otello (Teatro alla Scala di Milano, 5 febbraio 1887) – Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito
. Falstaff (Teatro alla Scala di Milano, 9 febbraio 1893) – Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito

Onorificenze:

– Onorificenze italiane:

. Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
— 1887
. Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia
— 1869
. Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia
— 1887

– Onorificenze straniere:

. Cavaliere di III classe dell’Ordine di Medjidié – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di III classe dell’Ordine di Medjidié
— 1869
. Commendatore dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe – nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe
— 1869
. Cavaliere di Gran Croce della Legion d’onore – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce della Legion d’onore
— 1894
. Cavaliere della Legion d’Onore – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere della Legion d’Onore
— agosto 1852
. Cavaliere dell’Ordine di San Stanislao – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine di San Stanislao
— San Pietroburgo, novembre 1862
. Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace)
— 1887

 

Altro:

. Cittadinanza onoraria di Parma con medaglia d’oro (5 aprile 1872), per mano del sindaco Alfonso Cavagnar

. A Verdi è intitolato il cratere Verdi su Mercurio.

. Dal 1962 al 1969 e dal 1969 al 1981 la Banca d’Italia ha emesso due banconote da 1.000 lire con l’immagine del compositore.

Strumenti:

Suona un pianoforte di Anton Tomaschek.
Giuseppe Verdi ama anche i pianoforti di Johann Fritz e utilizza il pianoforte viennese Fritz a 6 pedali dai tempi di “Rigoletto” (nel 1851), fino ad “Aida” (nel 1871).
Questo pianoforte si grova a Villa Verdi, villa del compositore in Provincia di Piacenza (a Sant’Agata), in Italia.
Nel 1857, per l’inaugurazione del Teatro “A. Galli” di Rimini, Verdi suona un pianoforte a coda di Joseph Danckh.

Battuto al computer da Lauretta

 

Ritratto di Giuseppe Verdi, Giovanni Boldini:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Verdi_by_Giovanni_Boldini.jpg

File:Verdi by Giovanni Boldini.jpg

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AIDA, “MARCIA TRIONFALE” e “DANZA”:

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NABUCCO, SINFONIA:

 

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NABUCCO, Coro “VA’, PENSIERO”:

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA, Coro “O SIGNORE DAL TETTO NATIO”:

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA, “LA MIA LETIZIA INFONDERE”:

 

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GIOVANNA D’ARCO, SINFONIA:

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RIGOLETTO, “SI’, TREMENDA VENDETTA”:

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IL TROVATORE, “Coro “CHI DEL GITANO”:

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IL TROVATORE, “DI QUELLA PIRA”:

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LA TRAVIATA, “BRINDISI”:

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I VESPRI SICILIANI, SINFONIA:

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UN BALLO IN MASCHERA, “PRELUDIO ALL’ATTO I”:

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LA FORZA DEL DESTINO, SINFONIA:

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LA FORZA DEL DESTINO, “LA VERGINE DEGLI ANGELI”:

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DON CARLO, Coro “NEI GIARDIN”: https://youtu.be/dnW7kk6sXnU

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OTELLO, “ESULTATE!”:

 

 

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