martedì 11 aprile 2023

GIACOMO PUCCINI

Giacomo Puccini nasce a Lucca il 22 dicembre 1858 e muore a Bruxelles il 29 novembre 1924.

E’ un compositore italiano, rispettato e stimato come uno dei principali e più importanti operisti di tutti i tempi.


La famiglia, la prima formazione e la giovinezza di Puccini:

Suo padre è Michele Puccini e la madre Albina Magi.
Giacomo è il sesto di nove figli.

I primi quattro nomi con cui viene registrato nell’Atto di nascita (Giacomo, Antonio, Domenico, Michele) sono i nomi dei suoi antenati, in ordine cronologico dal trisnonno al padre.

Importante: da quattro generazioni, i Puccini sono Maestri di Cappella del Duomo di Lucca.
1799: fino a questa data, i loro antenati operano presso l’importantissima Cappella Palatina della Repubblica di Lucca e, sin dai tempi del Duca di Lucca Carlo Lodovico di Borbone, Michele Puccini è uno stimato Professore di Composizione presso l’ “Istituto Musicale Pacini”.
Il suo decesso, avviene quando Giacomo ha cinque anni e causa ristrettezze alla famiglia.
Da giovane, Giacomo viene mandato a studiare presso lo zio materno, Fortunato Magi, che lo introduce allo studio della Tastiera e al Canto Corale, ma che non lo ritiene un allievo molto dotato e disciplinato, tanto che lo giudica un «falento», cioè un fannullone senza talento.

Inizia a frequentare il “Seminario di San Michele” e, i seguito, quello della Cattedrale dove comincia lo studio dell’organo.
I risultati scolastici non sono eccellenti anche a causa della sua insofferenza per lo studio della Matematica.
Al termine dei cinque anni degli studi di base (ne impiega uno in più di quelli necessari), si iscrive all’ “Istituto Musicale di Lucca” dove il padre aveva insegnato.
Con il professor Carlo Angeloni, già allievo di Michele Puccini, i risultati sono ottimi e dimostra un talento come pochi ne hanno.
All’età di quattordici anni, Giacomo comincia già a contribuire all’economia familiare suonando l’Organo in varie chiese di Lucca e in particolare alla “Chiesa Patriarcale di Mutigliano”, oltre ad intrattenere al pianoforte gli avventori del “Caffè Caselli”, sul corso principale di Lucca.
1874: Carlo della Nina diventa allievo di Puccini; il quale, Puccini, però, non si dimostrerà mai un buon insegnante.
La prima composizione conosciuta attribuita a Puccini risale a quest’epoca: si tratta di una lirica per mezzosoprano e pianoforte intitolata “A te”.

E’ importante sapere che le sue prime composizioni subiscono lo stile della tradizione dell’opera italiana del tardo secolo XIX, in generale ma, in seguito, imbocca, con successo una strada personale, comprendendo alcuni temi del Verismo musicale e l’esotismo, mentre studia l’opera di Richard Wagner come profilo armonico e come profilo orchestrale usando la tecnica del leitmotiv (Tristan-Akkord).

1876: al Teatro “Nuovo” di Pisa, assiste ad una rappresentazione di “Aida” di Giuseppe Verdi.
La cosa è decisiva per la sua futura carriera perché comincia ad essere interessato verso l’Opera Lirica.
In questo periodo, compone e data le prime composizioni conosciute, tra cui si evidenziano una cantata (“I figli d’Italia bella”, 1877) e un mottetto (“Mottetto per San Paolino”, 1877).
1879: scrive un valzer (andato perduto) per la banda cittadina.
1880: dopo avere conseguito il Diploma presso l’ “Istituto Pacini”, come saggio finale, compone la “Messa di Gloria a quattro voci con orchestra” che viene eseguita al Teatro “Goldoni” di Lucca, destando l’entusiasmo della critica lucchese.

 

Il conservatorio e gli esordi operistici:

Al Conservatorio di Milano: nei primi due anni, Antonio Bazzini, è l’insegnante di Puccini.

All’epoca, Milano è la destinazione vantaggiosa per i musicisti alla ricerca di fortuna che, proprio in quel periodo storico, sta crescendo fortemente, dopo la forte recessione.

Albina Puccini si rende conto della predisposizione musicale del figlio, per cui, attraverso varie difficoltà, tenta parecchio di far ottenere a Giacomo una Borsa di Studio affinché possa frequentare il Conservatorio milanese ma, alla fine, ciò che decide è l’intervento del Dottor Cerù, un amico di famiglia, che integra il sussidio reale affinché Giacomo possa finalmente garantirsi il perfezionamento musicale.

1880: Puccini si trasferisce a Milano e frequenta il Conservatorio sotto gli insegnamenti di Antonio Bazzini (per i primi due anni) e, pur applicandosi musicalmente, produce in modo insufficiente, ad eccezione di un “Quartetto di archi in re”, l’unica composizione certa di questo periodo.

Novembre 1881: Bazzini subentra al defunto Direttore del Conservatorio, per cui deve abbandonare l’insegnamento, e per cui Puccini diventa allievo di Amilcare Ponchielli, di cui subisce molto l’influenza nei suoi futuri lavori.
Qui, Puccini conosce Pietro Mascagni con cui instaura una sincera e duratura amicizia, nonostante i due caratteri opposti (il primo è riservato; il secondo è collerico e incontrollabile), però con gli stessi gusti musicali, particolarmente verso i lavori di Richard Wagner.

In questo biennio, presso il Conservatorio, Puccini compone il “Preludio sinfonico”, (eseguito il 15 luglio 1882, in occasione del concerto organizzato dal Conservatorio per presentare i lavori degli studenti) ed un “Adagetto per orchestra” (dell’8 giugno 1883:è il suo primo lavoro a venire pubblicato).

13 luglio 1883: si tiene la prima assoluta del “Capriccio sinfonico” di Puccini (come suo compito d’esame finale), diretta da Franco Faccio.

1883: la sua formazione al Conservatorio termina e si diploma con un punteggio di 163 su 200, che gli permette di ricevere anche la Medaglia di Bronzo.

Nonostante si lamenti spesso della non ferrea assiduità allo studio e alla composizione, Ponchielli ricorderà Puccini come uno dei suoi allievi migliori.

Aprile 1883: l’editore musicale Sonzogno indice e poi, pubblicizza sulla rivista “Il Teatro Illustrato”, il “Concorso per Opere in un atto” con soggetto a scelta del concorrente.
Ponchielli presenta a Puccini Ferdinando Fontana, il poeta appartenente alla “Scapugkiatura”, la cui conseguenza è l’intesa veloce, tanto che quest’ultimo scriverà il libretto de “Le Villi”.
Purtroppo, l’esito del concorso è negativo, tanto da non essere nemmeno citato dalla commissione.
Però, Fontana non si arrende e ce la fa ad organizzare una rappresentazione privata in cui Puccini ha la possibilità di suonare le musiche dell’opera davanti anche ad Arrigo Boito, Alfredo Catalani e Giovannina Lucca, ottenendo una valutazione fortemente positiva.
31 maggio 1884: “Le Villi” è rappresentata al Teatro “Dal Verme” di Milano sotto il patrocinio dell’editore Giulio Ricordi, Casa Editrice Musicale concorrente di Sonzogno, dove l’accoglienza è entusiasta sia come pubblico, sia come critica.
Il successo ottenuto permette a Puccini di stipulare un contratto con l’editore di Casa Ricordi creando anche una collaborazione continua per tutta la vita del musicista.

17 luglio 1884: muore la madre Albina, un duro colpo per lui.

Il successo de “Le Villi”‘, fa sì che Ricordi commissioni (fortemente convinto dell’urgenza di una nuova opera) un altro lavoro a Puccini e Fontana: “Se io insisto, è perché bisogna battere il ferro mentre è caldo… et frappér l’imagination du public”, scrive lo stesso Ricordi.
“Edgar” viene completata in quattro anni, il libretto è tratto dal lavoro “La coupe et les lèvres” di Alfred de Musset e va in scena, sotto la direzione di Franco Faccio, il 21 aprile 1889, al Teatro “Alla Scala” di Milano, dove raccoglie un successo di sola stima mentre il pubblico è particolarmente freddo.
Successivamente, l’opera sarà rimaneggiata radicalmente e senza mai entrare in repertorio.

 

Antonio Puccini, Giacomo ed Elvira Puccini:

1884: Puccini ha già cominciato a convivere con Elvira Bonturi, moglie del droghiere lucchese Narciso Gemignani e, tra varie vicissitudini di tutta la vita, la convivenza è destinata a durare.
Elvira porta con sé la figlia Fosca e, tra il 1886 e il 1887 la famiglia vive a Monza, in Corso Milano al numero 18, dove nasce l’unico figlio del compositore, Antonio detto Tonio, e dove Puccini compone “Edgar”.
Una lapide, posta sull’abitazione, esiste ancora oggi e ricorda l’inquilino famoso.

Puccini ha indole essenzialmente solitaria ed è appassionato di caccia per cui, con “Manon Lescaut”, dopo il primo grande successo, le sue disponibilità economiche aumentano: quindi, torna nella terra sua natale e acquista un immobile sulle colline tra la città di Lucca e la Versilia, ne fa un villino elegante che, per qualche tempo, è il luogo ideale per vivere e lavorare.
Ma Elvira mal sopporta che, per raggiungere la città, si debba andare a piedi o a dorso d’asino, per cui è dura – per Puccini – spostarsi da Chiatri verso il sottostante Lago di Massaciuccoli.

1891: Puccini si trasferisce a Torre del Lago (ora, “Torre del Lago Puccini”, frazione di Viareggio): ama il suo mondo rustico, la sua solitudine e lo considera il posto ideale per coltivare la sua passione per la caccia e per gli incontri anche dilettanteschi tra artisti.

Torre del Lago diventa il rifugio del Maestro prima, in una vecchia casa affittata, poi facendosi costruire la villa che abita dal 1900 e che lo stesso Puccini descrive così:
«Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, «turris eburnea», «vas spirituale», reggia… abitanti 120, 12 case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al mare, popolate di daini, cignali, lepri, conigli, fagiani, beccacce, merli, fringuelli e passere. Padule immenso. Tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccherona d’estate, splendida di primavera e di autunno. Vento dominante, di estate il maestrale, d’inverno il grecale o il libeccio. Oltre i 120 abitanti sopradetti, i canali navigabili e le troglodite capanne di falasco, ci sono diverse folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni, certo più intelligenti degli abitanti, perché difficili ad accostarsi ».

Puccini la ama a tal punto, da non riuscire a distaccarsi da essa per molto tempo, e afferma di essere «affetto da torrelaghìte acuta».
Tale Amore verrà rispettato anche dopo la sua morte dai suoi familiari che lo seppelliranno nella Cappella della villa.
Qui, compone, in parte, tutte le sue opere di maggior successo, tranne “Turandot” (composta per la maggior parte sul fortepiano nella Sala al primo piano del Castello di Capalbio e nella parte rimanente nella villa di Ansedonia, vicino alla “Tagliata Etrusca”, di cui è ospite).

Uzzano e Pescia:

Per alcuni mesi, Puccini è ospite di Uzzano che, proprio qui, compone il secondo e il terzo atto de “La Bohème”.
Primavera 1895: da Milano, scrive più volte alla sorella Ramelde e al cognato Raffaello Franceschini (viventi a Pescia) chiedendo loro di trovargli un angolo tranquillo dove poter portare avanti la scrittura della sua nuova opera, tratta dal romanzo d’appendice “Scènes de la vie de Bohème” di Henri Murger.

Dopo diverse ricerche, il luogo adatto viene trovato in “Villa Orsi Bertolini”, sulle colline uzzanesi, nella località “Castellaccio”.
La villa è circondata da ulivi, cipressi e da un grande giardino con, al centro di esso, una vasca dove Puccini s’immerge spesso: la villa del Castellaccio si rivela l’ambiente adattissimo a permettergli di proseguire il lavoro, come da testimoniaza delle due scritte autografe che egli lascerà su una parete: “Finito il 2° atto Bohème 23-7-1895” – “Finito il 3° atto Bohème 18-9-1895”.
Il quarto atto, Puccini lo inizia prima di lasciare Uzzano.
In seguito, Puccini continuerà a frequentare la Valdinievole.

La sorella Ramelde frequenta ambienti culturali e, a Pescia, Puccini conosce personalità importanti locali e coltiva la passione per la caccia tanto che, nel 1900, diventerà “Presidente Onorario” della neonata “Società Venatoria” di Valdinievole.

Si reca regolarmente a Montecatini per sottoporsi alle cure termali e, qui, incontra musicisti, librettisti e letterati provenienti da tutta l’Italia e dall’Estero.
A Monsummano Terme stringe amicizia con lo scrittore e politico italiano Ferdinando Martini.

 

Il successo e le collaborazioni con Illica e Giacosa:

A causa del non molto successo di “Edgar”, Puccini rischia l’interruzione della collaborazione con la Ricordi, se lo stesso Giulio Ricordi non lo difendesse strenuamente.

Per comporre la sua terza opera, Fontana lo consiglia di scegliere il romanzo “Histoire du chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut” di Antoine François Prévost.

Primo febbraio 1893: “Manon Lescaut” viene rappresentata al Teatro “Regio” di Torino , dopo una lunga e tormentata composizione, conseguendo un successo straordinario: forse il più vero della carriera di Puccini (infatti, la Compagnia viene chiamata più di trenta volte in proscenio).
Con quest’opera si ha l’inizio di una collaborazione producente con i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (il primo subentrato a Domenico Oliva nella fase finale della genesi, il secondo in un ruolo più di secondo piano).

Con Illica e Giacosa, Puccini ha la collaborazione più produttiva della sua vita artistica: infatti, Luigi Illica, drammaturgo e giornalista, ha il compito di abbozzare una «tela» (specialmente di sceneggiatura), la definisce lentamente e la discute con Puccini, arrivando alla stesura di un testo completo.
Giuseppe Giacosa, Commediografo di successo e Professore di Letteratura, svolge il lavoro delicatissimo di scrivere il testo in versi, mantenendo le ragioni letterarie e le ragioni musicali: il suo compito lo svolge con molta pazienza e grande sensibilità poetica.
Giulio Ricordi soprannomina Puccini «Doge», in quanto il musicista predomina su tale gruppo di lavoro; musicista a cui spetta l’ultima parola.
Inoltre, lo stesso Ricordi contribuisce personalmente alla creazione dei libretti-testo, attraverso i suggerimenti di soluzioni, scrivendo versi e, soprattutto, intervenendo per mediare tra i letterati e il Puccini nelle frequenti controversie dovute all’abitudine del Maestro di rivoluzionare, a più riprese, il piano drammaturgico, durante la creazione delle opere.

Illica e Giacosa scrivono i libretti delle tre opere seguenti, ossia le più famose e rappresentate scritte da tutto Puccini: “La bohème”, “Tosca”, “Madama Butterfly”.
Il libretto della nuova opera è tratto da “Scènes de la vie de Bohème”, romanzo a puntate di Henri Murger.
Ricordi pone un tempo per la composizione dell’opera, ma Puccini, è costretto ad intervallare la scrittura per via dei suoi viaggi per le varie messe in scena di “Manon Lescaut; viaggi, che lo portano a Trento, Bologna, Napoli, Budapest, Londra… oltre alle battute di caccia a Torre del Lago.
Dopo vari rimaneggiamenti, l’opera viene terminata a fine novembre, durante il soggiorno di Puccini presso il Conte Grottanelli, a Torre del Lago, ma con ritocchi conclusivi fino al 10 dicembre.
Capolavoro dell’opera tardoromantica, “La bohème” vede la sua “prima” il 1º febbraio 1896, al Teatro “Regio” di Torino, il pubblico è entusiasta, ma senza un giudizio non interamente condiviso dai critici che dimostrano l’apprezzamento verso l’opera anche se mai troppo soddisfatti.

Dagli ultimi anni dell’Ottocento, Puccini tenta varie volte di collaborare con Gabriele d’Annunzio ma, fra i due, esiste una distanza spirituale incolmabile, ciò che non esiste con Illica e Guacosa. Puccini è celebre e benestante e torna all’idea di musicare “La Tosca”, dramma storico a tinte forti di Victorien Sardou; opera che desidera comporre già prima di “Manon Lescaut”, su suggerimento di Fontana che ha assistito alle rappresentazioni di “La Tosca” a Milano e a Torino.
Puccini è entusiasta dell’idea di musicare la sua opera più drammatica e scrive a Ricordi che “In questa Tosca vedo l’opera che ci vuole per me, non di proporzioni eccessive, né come spettacolo decorativo, né tale da dar luogo alla solita sovrabbondanza musicale”.
Sardou è incerto nel fare musicare il suo lavoro ad un musicista senza una reputazione sicura.
1898: Puccini compone il primo atto di “Tosca”, nella seicentesca “Villa Mansi” di Monsagrati, ospite dell’antica famiglia patrizia, lavora nelle fresche notti estive.
Poco tempo dopo, su richiesta di Ricordi, Puccini si trova a Parigi, per cui va da Sardou per suonargli un’anteprima della musica dell’opera composta fino a quel momento.
14 gennaio 1900: si tiene la “prima” al Teatro “Costanzi” di Roma e, il successo è ottimo come accoglimento da parte del pubblico, ma con alcune riserve da parte della critica.
Dopo “Tosca”, Puccini completa la sua residenza a Torre del Lago e assiste alle riprese della sua ultima opera e, in occasione della prima al “Covent Garden” di Londra, si intrattiene nella capitale britannica ben sei settimane.

Fine marzo 1902: inizia a scrivere “Madama Butterfly”, opera tratta da un dramma di David Belasco e che è la prima opera esotica di Puccini.
Il Maestro passa tutto il resto dell’anno a scriverne la musica ed in particolare a ricercare delle melodie originali giapponesi al fine di ricreare le atmosfere in cui l’opera è ambientata.
25 febbraio 1903: Puccini è vittima di un incidente stradale che gli provoca una frattura alla tibia e diverse contusioni che lo costringono ad una convalescenza di oltre quattro mesi.
Rimesso in sesto, a settembre, va a Parigi con Elvira per assistere alle prove di “Tosca”.
27 dicembre 1903: conclude “Madama Butterfly”.

3 gennaio 1904 sposa Elvira, rimasta vedova nel marzo 1902.

17 febbraio 1904: “Madama Butterlfy” esordisce a “La Scala” di Milano con esito di un solenne fiasco; Puccini descrive la reazione del pubblico come “Un vero linciaggio!”.
Rimaneggiamenti: l’introduzione del famosissimo “Coro a bocca chiusa” e la romanza di Pinkerton “Addio, fiorito asil”.
L’opera viene presentata il 28 maggio al “Teatro Grande” di Brescia sotto la direzione di Cleofonte Campanini, dove raccoglie un successo pieno, destinato a durare ancora oggi.

 

Gli anni più difficili:

1906: morte di Giacosa, affetto da una grave forma di asma.
La collaborazione a tre che ha generato i tre grandi capolavori pucciniani termina e, con il solo Illica, tutti i tentatvi di continuazione naufragano.

9 gennaio 1907: Puccini parte con Elvira per gli Stati Uniti, dove soggiorna due mesi per assistere ad una rassegna delle sue opere al “Metropolitan Opera House” di New York.
Qui, assiste ad una rappresentazione a Broadway, dopodiché ha l’ispirazione per un nuovo lavoro che verrà tratto da “The Girl of the Golden West”, un western ante-litteram, di David Belasco.
Puccini è appassionato di esotismo: cosa che lo incoraggia sempre più a confrontarsi con il linguaggio e gli stili musicali legati ad altre tradizioni musicali.

1909: Puccini è colpito profondamente da una tragedia e uno scandalo pesante: la domestica ventunenne Doria Manfredi, si suicida, avvelenandosi.
Doria è una ragazza di famiglia povera e ha 14 anni quando il padre muore e Puccini, per aiutare la famiglia, la prende in casa come cameriera.
Doria, crescendo, diventa molto bella e l’antipatia di Elvira aumenta nei suoi confronti, per cui litiga spesso con il marito, a cui rimprovera di prestarle troppa attenzione.
Mattina del 23 gennaio 1909: a causa delle maldicenze, Doria assume delle pastiglie di sublimato corrosivo e, nonostante le cure muore il 28 di gennaio.
I rapporti di Puccini con la moglie vengono aggravati di più, anche per via dei pesanti strascichi giudiziari e Puccini stesso è veramente provato dalla vicenda pesante, tanto che la crisi coinvolge i numerosi progetti caduti o abbandonati anche ad uno stadio di lavoro avanzato.

Trascorso quasi un anno, i legali del compositore convincono i Manfredi a ritirare la causa contro Elvira, in cambio di 12.000 lire e dopo che la sentenza di primo grado l’aveva condannata ad una pena detentiva.
Finita la tragedia, i Puccini tornano a vivere insieme e Giacomo riprende l’orchestrazione de “La fanciulla del West” il cui libretto viene affidato a Carlo Zangarini e Guelfo Civinini.
10 dicembre 1910: a New York, si tiene la “prima” della nuova opera con, nel cast, Emmy Destinn, Enrico Caruso e Pasquale Amato con un grande trionfo provato dalle quarantasette chiamate alla ribalta.
Ma i critici non sono d’accordo con il pubblico e non la giudicano “all’altezza di Puccini”.
La critica ha ragione e la diffusione dell’opera, molto ben accolta nelle successive rappresentazioni, subisce presto un calo: infatti, nemmeno in Italia, apparterrà al repertorio principale.

Ottobre 1913: Puccini viaggia tra Germania e Austria per promuovere “La fanciulla del West” e gli capita di conoscere gli impresari del “Carltheater” di Vienna che gli propongono di musicare un testo di Alfred Willne.
Rientrato in Italia, riceve le prime bozze, ma è insoddisfatto dell’impianto drammatico, per cui, nell’aprile del 1914, lo stesso Willne gli sottopone un lavoro diverso, realizzato con l’aiuto di Heinz Reichert, più congeniale con i gusti del musicista toscano.
Questa volta, Puccini è convinto della nuova stesura e trasformare “Die Schwalbe” (ossia, “La rondine”) in una vera e propria opera, facendosi scrivere il libretto dal commediografo Giuseppe Adami.
Nel frattempo, scoppia la Prima Guerra Mondiale e l’Italia si schiera nella Triplice Intesa contro l’Austria: fatto che si ripercuote negativamente sul contratto tra Puccini e gli austriaci.
Però, il 27 marzo 1917, sotto la direzione di Gino Marinuzzi, l’opera riesce ad essere rappresentata al “Grand Théâtre de Monte Carlo” ottenendo buonissima accoglienza anche se, già dall’anno seguente, Puccini comincia ad apportarle importanti modifiche.

 

Il Trittico:

L’eclettismo e l’incessante ricerca di soluzioni originali di Puccini, sono attuati pienamente nel “Trittico”: tre opere in un atto da rappresentarsi nella stessa serata.

Ancora una volta, contatta inutilmente Gabriele d’Annunzio ma, il libretto dell’opera, lo scrive Giuseppe Adami, che gli consiglia
. “Il tabarro”, tratto da “La houppelande” di Didier Gold.

Per gli altri due pezzi del “Trittico”, Puccini trova Giovacchino Forzano che è disponibile per due opere di propria creazione:
. La prima, “Suor Angelica”, è una tragedia che piace a Puccini fin da subito e che, per trovare l’ispirazione per la musica, visita più volte sua sorella Iginia, Madre Superiora presso il Convento di Vicopelago.
. “Gianni Schicchi” completa la triade, per cui Forzano trae da pochi versi del canto XXX dell’ “Inferno” della “Divina Commedia” di Dante Alighieri; sul quale “Inferno” costruisce un intreccio con protagonista Gianni Schicchi de’ Cavalcanti, il falsario.
All’inizio, questo soggetto risulta freddo, a Puccini, che – dopo elaborazione del testo – cambia avviso.

Ad ogni modo, il 14 settembre, “Suor Angelica” è terminata e, il 20 aprile dell’anno seguente, anche “Gianni Schicchi”.

14 dicembre 1918: dopo la risposta positiva da parte del Teatro “Metropolitan” di New York per la “prima”, Puccini non può presenziare a causa dei timori nell’affrontare una traversata atlantica in un periodo in cui vi potevano ancora essere mine inesplose, nonostante le ostilità siano terminate, ma è presente alla “prima” italiana dell’11 gennaio 1919 al Teatro dell’ “Opera” di Roma sotto la direzione di Gino Marinuzzi.

Fra le tre opere del “Trittico”, “Gianni Schicchi” diventa subito popolare, mentre “Il tabarro”, inizialmente giudicata inferiore, guadagnerà il grande favore della critica e, comunque, “Suor Angelica” è la preferita del Maestro.
Concepite per essere rappresentate in un’unica serata, oggi le singole opere che compongono il “Trittico” sono per lo più messe in scena appaiate a opere di altri compositori.

 

L’Inno a Roma:

Il Sindaco di Roma, Prospero Colonna, commissiona un Inno alla città di Roma su versi del poeta Fausto Salvatori.
La prima esecuzione è in programma per il 21 aprile 1919, in occasione dell’anniversario della leggendaria fondazione della città, da tenersi presso Villa Borghese ma, a causa del maltempo e, poi, a causa di uno sciopero, il debutto viene posticipato al primo giugno, allo “Stadio Nazionale per le gare ginniche nazionali” dove riceve un’accoglienza entusiastica da parte del pubblico.

 

Gli ultimi anni e la morte – La Turandot:

A Milano: nel periodo che incontra Giuseppe Adami, Puccini riceve una copia della fiaba teatrale “Turandot” scritta da Renato Simoni e tratta dal drammaturgo settecentesco Carlo Gozzi.
Il testo lo colpisce e se lo porta durante il viaggio a Roma per una ripresa del “Trittico”.
Fin da subito trova difficoltà per musicarlo, ma si cimenta entusiasticamente in quest’ opera dove si erano già cimentati due musicisti: Antonio Bazzini (la già citata “Turanda” di scarso successo) e Ferruccio Busoni che la mette in scena, nel 1917, a Zurigo.

Pur avendo un suo linguaggio allegorico, “Turandot” è l’unica opera di Puccini con ambientazione fantastica, la cui azione – come si legge in partitura – si svolge «al tempo delle favole».

L’esotismo diventa la forma del dramma: la Cina diventa una specie di regno del sogno e dell’eros e l’opera rimanda più volte all’entità del sonno, di apparizioni, fantasmi, voci e suoni provenienti dall’ “altra” dimensione del fuori scena.
Affinché Puccini ricrei ambientazioni originali, il barone Fassini Camossi, ex diplomatico in Cina, lo aiuta regalandogli il suo carillon che suona melodie cinesi di cui Puccini si serve ripetutamente, in particolare per musicare l’inno imperiale.

Entusiasta del nuovo soggetto e del personaggio dell’algida e sanguinaria Principessa Turandot, è molto dubbioso su come musicare la conclusione comprendente l’insolito “lieto fine:” ci lavora un anno senza venirne mai a capo e, in autunno, Puccini propone varie modifiche ai librettisti (fra cui di ridurre l’opera a due atti) ma, già all’inizio del 1922, torna ai tre atti e decide che il secondo sarà aperto dalle “tre Maschere” (ossia, i Mandarini: Ping, Pong, Pang).
Fine di giugno: il libretto è completato e, il 20 agosto, Puccini parte in automobile per un viaggio attraverso Austria, Germania, Olanda, Foresta Nera e Svizzera.

La composizione di “Turandot” prosegue lentamente, nonostante il superamento di alcune difficoltà.

1919-1922: Puccini lascia Torre del Lago perché l’apertura di un impianto per l’estrazione della torba lo disturba.
Dopo avere soggiornato nel Castello di Capalbio, Puccini va a vivere stabilmente nel Comune di Orbetello/Ansedonia, nella Bassa Maremma, dove acquista sulla spiaggia della “Tagliata etrusca” una vecchia torre di avvistamento costruita al tempo della dominazione spagnola: oggi, è la “Torre Puccini”.

1923: Puccini si trasferisce a Viareggio, dove lavora quasi ininterrottamente a “Turandot”, tanto che si inizia già a pensare al luogo della “prima”.

Le ultime due scene di Turandot, abbozzate in modo musicale discontinuo, a causa della morte di Puccini, sono completate da Franco Alfano, sotto la supervisione di Arturo Toscanini.
Però, la sera della prima rappresentazione al Teatro “Alla Scala”, lo stesso Toscanini interrompe l’esecuzione sull’ultima nota della partitura scritta chiaramente dal Maestro: precisamente, dopo il corteo funebre che segue la morte di Liù.

Arnold Schönberg, così scrive ad Alfredo Casella, gennaio 1925:
«La morte di Puccini mi ha recato grande dolore. Non avrei mai creduto di non dover più rivedere questo così grande uomo. E sono rimasto orgoglioso di aver suscitato il suo interesse, e Le sono riconoscente che Ella lo abbia fatto sapere ai miei nemici in un recente suo articolo.»

A metà dell’anno, Puccini, fumatore accanito, riceve la diagnosi di un tumore alla gola: “inoperabile”.
Ulteriore visita presso un altro specialista: Puccini viene consigliato di recarsi a Bruxelles dal Professor Louis Ledoux dell’ “Institut du Radium” di là il quale potrebbe tentare una cura con radio.
24 novembre 1924: Puccini si sottopone ad un intervento chirurgico di tre ore, in anestesia locale, che consiste nell’ < Applicazione, tramite tracheotomia, di sette aghi di platino irradiato, inseriti direttamente nel tumore e trattenuti da un collare. Nonostante l’intervento fosse stato giudicato pienamente riuscito e che i bollettini medici si esprimessero in toni positivi, Puccini morì alle 11.30 del 29 novembre all’età di 65 anni a seguito di una emorragia interna >.
< La Messa Funebre si svolge nella “Église Royale Sainte-Marie” a Bruxelles e subito dopo la salma viene portata in treno a Milano per la cerimonia ufficiale che si tiene nel Duomo di Milano, il 3 dicembre >.
< In tale occasione, Toscanini dirige l’ “Orchestra del Teatro Alla Scala” nell’esecuzione del “Requiem” tratto da “Edgar”.
Inizialmente il corpo di Puccini viene deposto nella Cappella privata della famiglia Toscanini, ma, due anni più tardi, viene traslata, su suggerimento di Elvira, nella Cappella della villa di Torre del Lago, dove viene sepolta anch’essa >.

 

Personalità artistica:

< Puccini è figura di punta del mondo operistico italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento, e si dedica esclusivamente alla musica teatrale, curando personalmente gli allestimenti e seguendo le sue opere in giro per il mondo.
Interesse, varietà, rapidità, sintesi e profondità psicologica, abbondanza di trovate sceniche sono i fondamentali ingredienti del suo teatro >.

Partendo dal secondo decennio del Novecento, Puccini viene bersagliato dagli attacchi dei giovani compositori appartenenti alla “Generazione dell’Ottanta”, il cui “capitano” è Fausto Torrefranca, che nel 1912 pubblica un libello polemico-violento: “Giacomo Puccini e l’Opera internazionale”, dove ” l’opera di Puccini è descritta come l’estrema, spregevole, cinica e «commerciale» espressione di quello stato di corruzione nel quale la cultura musicale italiana, abbandonata la strada maestra della musica strumentale a favore del Melodramma, verserebbe ormai da secoli”.
Michele Girardi ha sottotitolato il suo ultimo volume dedicato a Puccini “L’arte internazionale di un musicista italiano”.
Infatti, Puccini riconosce che non si fa conquistare dal Nazionalismo e riesce ad assimilare e sintetizzare linguaggi e culture musicali diverse.

L’influsso di Richard Wagner:

Arrivato a Milano, Puccini si schiera subito fra gli ammiratori di Wagner: infatti, le due composizioni sinfoniche che presenta come Saggio di Conservatorio – il “Preludio Sinfonico in La maggiore” (1882) e il “Capriccio Sinfonico” (1883) – rimandano tematicamente e stilisticamente a “Lohengrin” e “Tannhäuser”, opere della prima maturità wagneriana.
Inizio 1883: con Pietro Mascagni, suo compagno di stanza, acquista lo spartito di “Parsifal”, il cui “Abendmahl-Motiv” è citato alla lettera nel Preludio di “Le Villi”.

Sembra che Puccini sia stato il primo musicista italiano a rendersi conto che ” la lezione di Wagner andava ben al di là delle sue teorie sul «dramma musicale» e sull’«opera d’arte totale»—che in Italia furono al centro del dibattito— e riguardava specificamente il linguaggio musicale e le strutture narrative “.

Ma, da “Manon Lescaut”, Puccini sonda la tecnica compositiva, arrivando ad utilizzare in modo sistematico i Leitmotiv e a legarli tra loro attraverso relazioni: motivi secondo il sistema che Wagner utilizza in “Tristano e Isotta”.

Tutte le opere di Puccini, da “Manon Lescaut” in avanti, si prestano a essere lette e ascoltate anche come partiture sinfoniche: soprattutto, con “Tosca”, Puccini ricorre a una tecnica tipicamente wagneriana, il cui modello viene identificato nel celebre “inno alla notte” del secondo atto di “Tristano e Isotta”.
Il crescendo tematico provoca – eventualmente – idee secondarie, la cui progressione sviluppa e compie un climax sonoro, posto poco prima della conclusione dell’episodio (tecnica che Puccini impiega efficacemente ne “Il Tabarro”).

 

Puccini e i motori:

1900: da appassionato di motori, Puccini vede all’Esposizione di Milano e acquista, una “De Dion-Bouton 5 CV”.
1903: la sostituice con una “Clément-Bayard”.
Per mezzo di tali autovetture percorre l’Aurelia dal suo “rifugio” di Torre del Lago e raggiunge velocemente Viareggio, Forte dei Marmi, Lucca.
Puccini ama la velocità, tanto che – nel dicembre 1902 – viene multato e, nel febbraio 1903, nei pressi di Lucca-Vignola, sulla Statale Sarzanese-Valdera, la “Clement” esce di strada, rovesciandosi nel canale “la Contésora”, con a bordo anche la futura moglie, il figlio e il meccanico; il meccanico si ferisce ad una gamba e il musicista si frattura una tibia.

Nel 1905, acquista una “Sizaire-Naudin” e, poi, altre auto: “Isotta Fraschini” del tipo “AN 20/30 HP” e alcune FIAT, tra cui una “40/60 HP” nel 1909 e una “501” nel 1919.
1914: Puccini acquista una motocicletta “Indian 1000 Big Twin” con sidecar, che utilizza spesso durante la villeggiatura estiva a Viareggio, condotta dallo chauffeur.
Tutti veicoli che si prestano alle gite e alla locomozione veloce, ma non adatte alle sue amate battute di caccia.
A causa di tale motivo, Puccini chiede a Vincenzo Lancia la creazione di una vettura capace di muoversi anche su terreni difficili, vettura che gli viene consegnata dopo pochi mesi e che si può considerare la prima “fuoristrada” costruita in Italia, con tanto di telaio rinforzato e ruote artigliate.
La vettura ha un prezzo astronomico, per l’epoca: 35 000 lire.
Puccini è soddisfattissimo e, in seguito, acquista una “Trikappa” e una “Lambda”.

Agosto 1922: Puccini organizza, in automobile, un viaggio lunghissimo attraverso l’Europa.
La “comitiva” è composta da amici e occupa due vetture (la “Lancia Trikappa” di Puccini e la “FIAT 501” del suo amico Angelo Magrini).
L’itinerario: Cutigliano, Verona, Trento, Bolzano, Innsbruck, Monaco di Baviera, Ingolstadt, Norimberga, Francoforte, Bonn, Colonia, Amsterdam, L’Aia, Costanza (dopodiché, il ritorno in Italia).

Primavera 1924: La “Lambda” è l’ultima vettura di Puccini.
4 novembre 1924: con quella compie il suo ultimo viaggio, fino alla stazione di Pisa e, da lì, in treno per Bruxelles, dove sarà operato alla gola.

 

Puccini e le donne:

Il rapporto tra Puccini e il mondo femminile comprende i personaggi delle sue opere e le donne incontrate nella sua vita e, a quanto pare, non è un “dongiovanni”, ma cordiale e timido, solitario, con natura ipersensibile che lo porta a tenere i rapporti con le donne senza leggerezza, forse perché, da bambino, è circondato da figure femminili (la madre, le sorelle e un solo fratello più piccolo).

Elvira Bonturi è la moglie del commerciante lucchese Narciso Gemignani, dal quale ha avuto due figli (Fosca e Renato), ed è il primo grande amore di Puccini, tanto che la loro fuga d’amore, nel 1886, provoca uno scandalo, a Lucca.
I due si trasferiscono al Nord con Fosca ed hanno il figlio Antonio che nasce a Monza il 23 dicembre 1886.
3 febbraio 1904: si possono sposare solamente dopo la morte di Gemignani (a quel tempo, non esiste la Legge sul Divorzio).

Giampaolo Rugarli è autore del volume “La divina Elvira”, edito da Marsilio: secondo tale autore, tutte le protagoniste delle sue opere si rispecchiano nella moglie, Elvira, che sarebbe l’unica figura femminile capace di ispirarlo, pur possedendo un carattere difficile e l’incomprensione che porta verso la vena musicale del Maestro che le risponde (in una lettera scrittale, nel 1915): “Tu metti dello scherno quando si pronuncia la parola arte. È questo che mi ha sempre offeso e che mi offende”.

Puccini la tradisce presto, cercando rapporti affettivi con donne con temperamento differente, ma rimane legato a lei, nonostante le crisi violente e il suo carattere possessivo, fino alla fine.

Ma è interessante e abbastanza importante il rapporto tra Puccini e la Contessa Laurentina Castracane degli Antelminelli, ultima discendente di Castruccio Castracani, il fondatore della prima Signoria italiana, a Lucca.
La contessa è un nobildonna affascinante e facilita il carattere passionale e, al contempo, riservato di Puccini, e gli è vicino quando viene ricoverato in ospedale dopo l’incidente in macchina nel 1903.
Entrambi tengono a che la cosa sia più segreta possibile, vista la loro posizione sociale e perché “il segreto” provoca loro ulteriore passione.

“Corinna”, la sarta torinese Maria Anna Coriasco:

Fra le prime amanti di Puccini, c’è una giovane torinese (“Corinna”), a quanto pare conosciuta nel 1900 sul treno Milano-Torino, mezzo preso per assistere alla prima rappresentazione di “Tosca” al “Regio” di Torino, dopo il debutto romano.
Elvira viene a sapere per puro caso degli incontri fra il marito e ” Corinna” e anche il suo editore-padre, Giulio Ricordi, si lamenta scrollando Puccini a mezzo di una lettera affinché si concentri sull’attività artistica.
La relazione con «Cori» dura fino all’incidente automobilistico del 25 febbraio 1903, la cui lunga convalescenza impedisce a Puccini di incontrare l’amante, la sarta torinese Maria Anna Coriasco (“Corinna” è un po’ l’anagramma di parte del suo nome: Maria Anna Coriasco).

 

Sybil Beddington, grande amica di Puccini:

Ottobre 1904: incontra Sybil Beddington, sposata Seligman.
E’ una signora londinese, ebrea, allieva di “Musica e Canto” di Francesco Paolo Tosti, e la loro storia d’amore iniziale si trasforma, poi, in una profonda amicizia: nelle estati 1906 e 1907, i coniugi Seligman furono ospitati a Boscolungo Abetone da Giacomo ed Elvira.


La baronessa Josephine von Stengel:

A Viareggio, estate 1911: Puccini conosce la trentaduenne Baronessa Josephine von Stengel di Monaco di Baviera, madre di due bambine.
L’amore per la baronessa – che nelle lettere Giacomo chiama «Josy» o «Busci» – dura fino al 1915: lei lo chiama «Giacomucci» e si riflette sulla composizione de “La Rondine”, nella quale Giorgio Magri vede il riflesso di questa relazione mitteleuropea e aristocratica.


“Rose Ader”, soprano di Odenberg:

“Rose Ader”, soprano di Odenberg: ultimo amore di Puccini.
Si sa ben poco di questa relazione testimoniata da 163 lettere inedite possedute da un collezionista austriaco, ma è chiaro che, nella primavera 1921, la storia inizia quando la Ader canta “Suor Angelica” all’ “Opera di Amburgo”, e termina nell’autunno del 1923.
Puccini scrive la parte di Liù, in “Turandot”, pensando alla voce della Ader.

 

Puccini, la caccia e la cucina:

< Puccini è un appassionato cacciatore e ama praticare tale attività specialmente al lago di Massaciuccoli, presso il quale sorge Villa Puccini, nel paese di Torre del Lago Puccini.
< Inoltre, grande buongustaio, amava la cucina toscana, in modo particolare la cacciagione e i prodotti del lago, apprezzando piatti come il risotto alla tinca, la folaga e i tordi e i colombacci, come da lui stesso scritto nelle lettere indirizzate a Isola Nencetti Vallini, sua cuoca preferita.


I discendenti di Giacomo Puccini:

Antonio, nato a Monza in corso Milano al n. 18, unico figlio di Giacomo Puccini ed Elvira Bonturi non ha figli dalla moglie Rita Dell’Anna, sposata nel 1933.
Ha una figlia naturale, Simonetta Giurumello, nata nel 1929 e morta nel 2017, riconosciuta dal Tribunale e autorizzata quindi a chiamarsi Simonetta Puccini: l’unica erede del Maestro prima che sorgesse la querelle dei discendenti di Giulia Manfredi.

Fosca Gemignani, sposata Leonardi e amatissima figliastra di Puccini è la madre della famosa stilista “Biki” (Elvira Leonardi sposata Bouyeure.
Biki prende questo nome d’arte proprio perché Puccini, la chiama Bicchi (“birichina”), da bambina, .
Fosca, rimasta vedova, sposa Mario Crespi uno degli allora comproprietari del “Corriere della Sera”.


Puccini nel cinema e in televisione:

Film e fiction televisive dedicati a Puccini:

. “Puccini” (del 1953), diretto da Carmine Gallone, con Gabriele Ferzetti nel ruolo di Puccini.
Si tratta di una versione romanzata della biografia pucciniana.

. “Casa Ricordi” (del 1954), diretto da Carmine Gallone, con Gabriele Ferzetti nel ruolo di Puccini.
Ripercorre la storia romanzata della grande dinastia degli editori musicali.

. “Il tabarro” (del 1957), sul Programma nazionale in onda il 23 gennaio 1957, Orchestra e Coro di Milano della Radiotelevisione Italiana.
Personaggi e interpreti: Carlo Tagliabue (Michele), Mirto Picchi (Luigi), Mario Carlin (il “Tinca”), Eraldo Coda (il “Talpa”), Clara Petrella (Giorgetta), Mafalda Masini (la Frugola), Walter Artioli (venditore di canzonette), Elvira Galassi e Dino Rulli (due amanti). Direttore: Oliviero De Fabritiis.

. “Puccini” (del 1973), diretto da Sandro Bolchi, con Alberto Lionello (nel ruolo di Puccini), Ilaria Occhini e Tino Carraro.
Trasmesso dalla RAI, questo sceneggiato nacque invece con l’intento di ricostruire fedelmente la vita del compositore.
Un fatto curioso legato a questo lavoro furono le polemiche suscitate a Lucca e a Viareggio dalla pronuncia spiccatamente toscano centrale (ovvero fiorentina), che Lionello utilizzò per dar voce al musicista. Il povero attore si guadagnò in tal modo alcune centinaia di lettere di protesta.

. “La famiglia Ricordi” (del 1994), diretto da Mauro Bolognini, con Massimo Ghini.
Trasmesso anch’esso dalla RAI, ripercorre oltre cent’anni di storia della famiglia degli editori musicali Ricordi.
Alla figura di Puccini è dedicata l’ultima delle quattro puntate della miniserie.

. “Puccini e la fanciulla” (del 2008), regia di Paolo Benvenuti, con Riccardo Moretti nel ruolo di Puccini; narra la vicenda legata al suicidio della giovane cameriera Doria Manfredi e alla relazione di Puccini con Giulia, cugina di Doria.

. Puccini (del 2009), diretto da Giorgio Capitani, con Alessio Boni nel ruolo di Puccini; anche questa miniserie è stata trasmessa dalla RAI.
La sceneggiatura, di fantasia, tiene ben poco conto delle conoscenze storiche e biografiche.

 

Omaggi:

Febbraio 1919: viene insignito con il titolo di “Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia”.

A Puccini, è intitolato il cratere “Puccini” su Mercurio.

< Nel 1896: da quanto risulta, per celebrare il successo della prima de “La bohème”, la casa Ricordi commissiona alla Richard-Ginori una serie speciale di piatti murali dedicata ai vari personaggi dell’opera.
Un esemplare della serie è esposta, tra altri ricordi, nella “Villa Puccini” di Torre del lago.

< Dal 1996, Uzzano gli dedica ogni anno la “Pucciniana”, spettacolo collegato al “Festival pucciniano” di Torre del Lago Puccini.
La manifestazione si svolge d’estate, nella piazza di Uzzano Castello, dove per una o più serate vengono rappresentati quadri tratti dalle maggiori opere del Maestro.


Archivio:

Lettere e oggetti personali dell’artista sono depositati presso il Museo Casa di Puccini a Celle dei Puccini (LU).
Altre lettere sono depositate presso la “Biblioteca Forteguerriana” di Pistoia.
Fogli di musica autografi sono depositati presso la Associazione lucchesi della zona di Lucca. Descrizione completa della localizzazione delle carte di Puccini è disponibile in SIUSA.


Composizioni:

Opere liriche:

. Le Villi, libretto di Ferdinando Fontana (in 1 atto – prima rappresentazione al Teatro dal Verme di Milano, 31 maggio 1884)

. Edgar, libretto di Ferdinando Fontana (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 21 aprile 1889)

. Manon Lescaut, libretto di Luigi Illica, Marco Praga, Domenico Oliva (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 1º febbraio 1893)

. La bohème, libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 1º febbraio 1896)

. Tosca, libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Costanzi di Roma, 14 gennaio 1900)

. Madama Butterfly, libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (in 2 atti – prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 17 febbraio 1904)

. La fanciulla del West, libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini (in 3 atti – prima rappresentazione al Metropolitan Opera di New York, 10 dicembre 1910)

. La rondine, libretto di Giuseppe Adami (in 3 atti – prima rappresentazione all’Opéra di Monte Carlo, 27 marzo 1917)

. Il trittico: Il tabarro, libretto di Giuseppe Adami, Suor Angelica e Gianni Schicchi, libretto di Giovacchino Forzano (prima rappresentazione al Metropolitan Opera di New York, 14 dicembre 1918)

. Turandot, libretto di Renato Simoni e Giuseppe Adami (in 3 atti – incompiuta alla morte di Puccini, completata da Franco Alfano: prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926 e diretta da Arturo Toscanini)

 

Altre composizioni celebri:

. Inno a Roma, Canto dedicato alla città di Roma composto nel 1918-1919, su testo di Fausto Salvatori (prima esecuzione allo Stadio Nazionale di Roma il 1º giugno 1919)


Battuto al computer da Lauretta

 

 




GIACOMO PUCCINI:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Puccini2.jpg

File:Puccini2.jpg

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Dall’opera “Turandot”, ascoltiamo “Nessun dorma … all’alba vincerò”, canta il tenore Giuseppe di Stefano:

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Da “La Rondine”, ascoltiamo: “Chi, il bel sogno di Doretta”, canta il soprano Angela Gheorghiu:

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Da “Gianni Schicchi”, ascoltiamo: “O mio babbino caro”, canta il soprano Renata Tebaldi:

 

 

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