lunedì 7 agosto 2023

LA TRILOGIA POPOLARE VERDIANA: IL TROVATORE

Opera in 4 parti di Salvadore Cammarano (con revisione di Leone Emanuele Bardare)
da: “El Trobador” di Antonio García Gutiérrez 

Prima rappresentazione: Teatro “Apollo” di Roma, 19 gennaio 1853     

 

Personaggi:

Il conte di Luna, giovane gentiluomo aragonese (baritono)
Leonora, dama di compagnia della principessa d’Aragona (soprano)
Azucena, zingara della Biscaglia (mezzosoprano o contralto)
Manrico, il trovatore, ufficiale del conte Urgel e presunto figlio di Azucena (tenore)
Ferrando, capitano degli armati del conte di Luna (basso)
Ines, ancella di Leonora (soprano)
Ruiz, soldato al seguito di Manrico, messaggero (tenore)
Un vecchio zingaro (basso)
Un messo (tenore)  

Compagne di Leonora e religiose, familiari del conte, uomini d’arme, zingari e zingare (coro) 

 

Interpreti della prima fortunatissima rappresentazione:                                        

Il Conte di Luna (baritono) Giovanni Guicciardi   
Leonora (soprano) Rosina Penco
Azucena (mezzosoprano)  Emilia Goggi
Manrico (tenore) Carlo Baucardé
Ferrando (basso) Arcangelo Balderi
Ines (soprano) Francesca Quadri
Ruiz (tenore) Giuseppe Bazzoli
Vecchio zingaro  (basso) Raffaele Marconi
Messo (tenore) Luigi Fani                      

Scene: Luigi Bazzani, Alessandro Prampolini, Antonio Fornari

Direttore di scena: Giuseppe Cencetti  

Maestro del coro: Pietro Dolfi  

Maestro al cembalo: Giuseppe Verdi (per tre recite), poi Eugenio Terziani  

Primo violino e direttore d’orchestra: Emilio Angelini

 

Trama:

Periodo storico: In Biscaglia e in Aragona, all’inizio del XV secolo.

Parte I – Il duello.

Di notte, nel castello dell’Aljafería di Saragozza. 

Leonora, dama di corte della regina, è amata dal Conte di Luna, che non è corrisposto.

Questi, però, vigila presso la sua porta, ogni notte, sperando di vederla. 

Intanto, Ferrando, il capitano delle sue guardie, racconta a servi e soldati la storia del fratellino del Conte rapito anni prima da una zingara per rivalersi dell’uccisione della madre da parte  del vecchio Conte.
Costei  (“Abbietta zingara”), poi, getta il bambino nello stesso rogo eretto per la madre, il cui fantasma tormenta il castello.
I soldati infervorati vogliono intensamente la morte della zingara.

Leonora, confida alla sua ancella Inés, di essere innamorata di un Trovatore sconosciuto che, ogni notte, sotto le sue finestre, accompagnato dal suo liuto, le canta una serenata (“Tacea la notte placida”): si sono conosciuti durante un torneo, ma il Trovatore poi aveva dovuto fuggire, in quanto seguace del conte di Urgel, nemico del conte di Luna.

Il conte di Luna, saputa la cosa, sente la voce del Trovatore che canta a Leonora:

< Deserto sulla terra,
col rio destino in guerra,
è sola speme un cor
al trovator! >   

Leonora scende e, a causa dell’oscurità, abbraccia il Conte di Luna, anziché il Trovatore che li trova così e crede di essere stato tradito.
Però, la donna gli afferma solennemente il suo amore, provocando l’ira del Conte che  costringe Manrico al duello e a rivelare il suo nome; Manrico, inoltre, è Ufficiale del Conte di Urgel, Leonora sviene.

Parte II – La gitana.

“Vedi le fosche notturne spoglie”: questo coro segna l’inizio del II atto dell’opera e rappresenta l’accampamento alla base di una montagna con gli zingari che lo cantano lavorando, ballando e, anche, brindando.

C’è allegria. 

Ad un certo punto, Azucena si desta dall’incubo periodico che la perseguita e durante il quale rivive il trauma riguardante sua madre fatta morire sul rogo dal vecchio Conte di Luna, accusata di stregoneria: “Stride la vampa”.

Prima di morire, la madre di Azucena l’aveva implorata di vendicarla (“Mi vendica …”), per cui  la stessa Azucena si era impadronita del bambino in fasce del vecchio Conte per bruciarlo, ma la visione della madre morta le aveva causato l’errore di scambio fra il proprio figlioletto e il piccolo di Luna.

Manrico è preso dal dubbio di non essere il figlio vero della zingara – che ritratta tutto – evidenziando che gli è apparso nell’incubo appena avuto: sottolinea che lei, Manrico, lo ha sempre difeso e soccorso, esemplificando il ritorno, da ferito, a seguito del duello col Conte di Luna-figlio.

Circa il duello, Manrico le espone che stava per uccidere il giovane Conte, ma è stato bloccato da una voce celeste (“Mal reggendo all’aspro assalto”), però la madre lo stimola dunque a vendicare sua madre in un nuovo duello e ad ucciderlo, questa volta.  


Il Conte, usando la cattiveria, ha sparso la voce che Manrico è morto per potere conquistare Leonora  che, non amandolo, è determinata a consacrarsi a vita relligiosa. 

Saputa la cosa, il conte e i suoi soldati invadono la cerimonia per sottrarla a tale celebrazione. 

A questo punto, arriva Manrico con i soldati del Conte di Urgel che assalgono e attaccano il castello del Conte di Luna. 

Manrico ne approfitta per portare Leonora fuori pericolo.   

Parte III – Il figlio della zingara.

Un accampamento nei pressi di Castellor. 

I soldati del Conte di Luna sono accampati non lontano dal loro castello, aspettando l’occasione per attaccarlo e riconquistarlo, dal momento che è stato espugnato dal Conte di Urgel e dai suoi. 

Azucena ha visioni di morte riguardanti Manrico, per cui si aggira di nascosto nell’accampamento del Conte di Luna, ma viene catturata da Ferrando che la conduce dal Conte come spia. 


Nonostante gli anni trascorsi, Ferrando riconosce Azucena come la rapitrice e assassina del piccolo di Luna, mentre lei conferma e confessa di essere la madre di Manrico. 

A questo punto, il Conte è raggiante perché la morte della gitana gli darà la vendetta per il fratello ucciso e la vendetta perché Manrico è amato da Leonora.

Manrico e Leonora stanno per sposarsi in segreto all’interno del castello, giurandosi  amore immortale.


Proprio poco prima della cerimonia, Ruiz dà la notizia  della cattura di Azucena che, presto, dovrà salire il rogo come strega: Manrico, di conseguenza, corre a liberare la madre (“Di quella pira”).


Parte IV – Il supplizio. 

Manrico fallisce l’azione e viene imprigionato nel castello di Aljafería, per cui, con Azucena, saranno uccisi all’alba. 


Manrico è prigioniero nella torre dove Ruiz sta conducendo Leonora (“Timor di me?… D’amor sull’ali rosee”) che, poi, incontra e supplica il Conte di Luna di liberare Manrico, mentre  lei, in cambio, è disposta a sposarlo  (“Mira, d’acerbe lagrime”). 

Veramente, il suo piano è di avvelenerarsi, prima di entrare nella torre; piano che attua bevendo il veleno dal suo anello. 


Manrico e Azucena attendono la loro esecuzione in una cella e Manrico cerca di calmare la madre.  

Azucena  già traumatizzata dal supplizio subito da sua madre, è tormentata ed angosciata  perché ha lo stesso destino (“Ai nostri monti ritorneremo”). 

Alla fine, la donna si addormenta sfinita. 


Leonora comunica a Manrico che è libero e insiste affinché si allontani al più presto, ma lui  rifiuta di farlo perché gli risulta evidente che lei lo abbia tradito per ottenere tale soluzione.

Agonizzante, gli conferma la sua fedeltà (“Prima che d’altri vivere”). 


Il Conte, di nascosto, ascolta il dialogo fra Leonora e Manrico e si rende conto che lei lo ha  ingannato. 

Leonora muore fra le braccia di Manrico. 


Per cui, il Conte fa giustiziare il Trovatore e, quando Azucena recupera i sensi, egli le mostra il corpo di  Manrico. 

La  donna è disperata, ma riesce a gridargli:  “Egl’era tuo fratello!” e a rivolgersi alla madre morta: “Sei vendicata, o madre!”, mentre il Conte è sconvolto per avere fatto uccidere il fratello: “E vivo ancor!”. 

 

Brani famosi: 

Di due figli vivea padre beato, aria di Ferrando (Atto I)
Tacea la notte placida, aria di Leonora (Atto I)
Vedi! le fosche notturne spoglie, coro dei gitani (Atto II)
Stride la vampa, canzone di Azucena (Atto II)
Condotta ell’era in ceppi aria di Azucena (Atto II)
Il balen del suo sorriso, aria del Conte di Luna (Atto II)
Ah sì, ben mio, coll’essere, cantabile dell’aria di Manrico (Atto III)
Di quella pira, cabaletta dell’aria di Manrico (Atto III)
D’amor sull’ali rosee, aria di Leonora (atto IV)
Miserere d’una alma già vicina, tempo di mezzo dell’aria di Leonora (atto IV)

 

Incisioni discografiche:  

Bianca Scacciati, Francesco Merli, Enrico Molinari, Giuseppina Zinetti, Corrado Zambelli Lorenzo Molajoli Columbia

Maria Carena, Aureliano Pertile, Apollo Granforte, Irene Minghini Cattaneo, Bruno Carmassi Carlo Sabajno La voce del padrone

Caterina Mancini, Giacomo Lauri Volpi, Carlo Tagliabue, Miriam Pirazzini, Alfredo Colella Fernando Previtali Cetra

Zinka Milanov, Jussi Björling, Leonard Warren, Fedora Barbieri, Nicola Moscona Renato Cellini RCA

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Rolando Panerai, Fedora Barbieri, Nicola Zaccaria Herbert von Karajan EMI

Renata Tebaldi, Mario del Monaco, Ugo Savarese, Giulietta Simionato, Giorgio Tozzi Alberto Erede Decca

Leontyne Price, Richard Tucker, Leonard Warren, Rosalind Elias, Giorgio Tozzi Arturo Basile RCA

Mirella Parutto, Franco Corelli, Ettore Bastianini, Fedora Barbieri, Agostino Ferrin Oliviero De Fabritiis Walhall

Antonietta Stella, Carlo Bergonzi, Ettore Bastianini, Fiorenza Cossotto, Ivo Vinco   Serafin Deutsche Grammophon

Leontyne Price, Franco Corelli, Ettore Bastianini, Giulietta Simionato, Nicola Zaccaria Herbert von Karajan Deutsche Grammophon

Gabriella Tucci, Franco Corelli, Robert Merrill, Giulietta Simionato, Ferruccio Mazzoli Thomas Schippers EMI

Leontyne Price, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Fiorenza Cossotto, Bonaldo Giaiotti Zubin Mehta RCA

Joan Sutherland, Luciano Pavarotti, Ingvar Wixell, Marilyn Horne, Nicolaj Ghiaurov Richard Bonynge Decca

Leontyne Price, Franco Bonisolli, Piero Cappuccilli, Elena Obrazcova, Ruggero Raimondi Herbert von Karajan EMI

Katia Ricciarelli, José Carreras, Jurij Mazurok, Stefania Toczyska, Robert Lloyd Colin Davis Decca

Rosalind Plowright, Plácido Domingo, Giorgio Zancanaro, Brigitte Fassbaender, Evgenij Nesterenko Carlo Maria Giulini Deutsche Grammophon

Antonella Banaudi, Luciano Pavarotti, Leo Nucci, Shirley Verrett, Francesco Ellero d’Artegna Zubin Mehta Decca

Aprile Millo, Plácido Domingo, Vladimir Černov, Dolora Zajick, James Morris James Levine Sony

Angela Gheorghiu, Roberto Alagna, Thomas Hampson, Larissa Djadkova, Ildebrando  D’Arcangelo Fabrizio Callai EMI

Andrea Bocelli, Verónica Villarroel, Elena Zaremba, Carlo Guelfi, Carlo Colombara Steven Mercurio Decca 

 

DVD & BLU-RAY: 

Mario Del Monaco, Leyla Gencer, Ettore Bastianini, Fedora Barbieri, Plinio Clabassi Fernando Previtali Hardy Classics

Plácido Domingo, Rajna Kabaivanska, Piero Cappuccilli, Fiorenza Cossotto, José van Dam Herbert von Karajan TDK

Franco Bonisolli, Rosalind Plowright, Giorgio Zancanaro, Fiorenza Cossotto, Paolo Washington Reynald Giovaninetti Warner Music Vision

Luciano Pavarotti, Éva Marton, Sherrill Milnes, Dolora Zajick, Jeffrey Wells James Levine Deutsche Grammophon

Marcelo Álvarez, Sondra Radvanovsky, Dmitrij Chvorostovskij, Dolora Zajick, Stefan Koćan Marco Armiliato Deutsche Grammophon 

 

Cinema:

1914 Il trovatore Charles Simon,  Stati Uniti d’America

1922 Il trovatore Edwin J. Collins,  Regno Unito   

1949 Il trovatore Carmine Gallone,  Italia   

1972 Le trouvère Pierre Jourdan,  Francia 

Nel film “Senso” (1954) di Luchino Visconti, durante una rappresentazione dell’opera a “La Fenice” di Venezia, alcuni spettatori lanciano immagini di esultanza all’Italia.

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:    


TRILOGIA POPOLARE DI VERDI:

E’ importante sapere che Verdi, persona sensibile, nelle opere della sua “Trilogia Popolare” ha voluto essere rivoluzionario presentando tre personaggi abbandonati dalla società a causa di tante ragioni: si tratta di Rigoletto, di Azucena e di Violetta, tre esseri “esclusi” che, per tale motivo, il Destino ha stabilito il danno irreparabile, nonostante, a tutti i costi, essi vogliano creare qualcosa di bello che riguardi la loro esistenza.


“Il Trovatore”: è lo stesso Verdi che commissiona a Salvatore Cammarano la riduzione librettistica dal dramma di Gutiérrez.  

Nel 1852, Cammarano muore improvvisamente, appena terminato il libretto, per cui Verdi, per avere alcuni ritocchi, chiede l’aiuto del suo collaboratore, Leone Emanuele Bardare. 


La prima rappresentazione ottiene un grande successo: come scrive Julian Budden, < Con nessun’altra delle sue opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico».  >.   

Il trovatore è un’opera scura, buia che trasmette una certa dose di sfiducia. 

Inizia di notte nel palazzo dell’Aljaferia, a Saragozza, mentre Ferrando racconta una squallida storia di ignoranza e di barbarie successa in precedenza. 

Storia che parla di sciagura accaduta fra gli Zingari e il Conte di Luna-padre, di macchinazione, di rappresaglia e di lutti. 


In quest’opera, Verdi conserva l’ambiente notturno, ma ha la capacità di dare molti dualismi vari: zingari-soldati, scena drammatica Azucena-Conte di Luna, tranquillità-rumore delle armi nel convento, amore figlio-madre e sacrificio nel IV atto.    

Nell’opera, l’azione passa da un punto all’altro della Spagna, ma gli avvenimenti dell’opera si svolgono prevalentemente col buio o all’interno delle costruzioni: per la precisione, il II atto inizia all’alba, nell’accampamento degli zingari, dove i fuochi della notte si fondono con le prime luci del nuovo giorno.

Da evidenziare l’importanza psicologica e fisica del fuoco che, in quest’opera, è presente come “ardore” e come “rogo”: di roghi, ne esistono due e, per la precisione, il primo riguarda la tortura e la morte della madre di Azucena che canta a Manrico “Stride la vampa”, aria intensamente triste, drammatica e coinvolgente.

Manrico chiede ad Azucena di narrare la storia “funesta”; attraverso la toccante “Condotta ell’era in ceppi”, la zingara racconta un vero dramma fisico e psicologico. 

Il secondo rogo riguarda la stessa Azucena per cui, Manrico, prima di correre a salvarla, canta “Di quella pira”. 


Nel IV atto, come ne “La Forza del Destino”, agisce IL DESTINO, specialmente nella IV parte, dove – in questo caso – la gelosia di Manrico fa slittare il tempo e il Conte di Luna si rende conto di essere stato “aggirato” da Leonora che muore per avere assunto il veleno. 

Manrico si rende conto della devozione di tale donna: “E’ mio quest’angelo e io l’osava maledir”.  

E’ UN’OPERA DRAMMATICISSIMA i cui personaggi principali sono perdenti: 

. Il Conte di Luna: perde la donna amata, il fratello appena ritrovato e la pace interiore (“E vivo ancor!”). 

. Eleonora e Manrico perdono la vita, ma sono uniti dalla Morte. 

. Azucena perde la vita, ma ha vendicato la madre. 

 


Azucena:  

Azucena, donna misteriosa, è un’anima bella e, nel III atto, dopo essere stata portata in presenza del Conte, gli risponde: “D’una zingara è costume mover senza disegno il passo vagabondo, ed è suo tetto il ciel; sua patria il Mondo”.

Azucena è una figlia e una madre molto sensibile che ha ricevuto IL MALE da gente che, oggi, verrebbe definita “razzista”; gente che le ha provocato un trauma fortissimo a seguito delle torture e dell’uccisione di sua madre e, nel IV atto, la si vede percorsa da angoscia  perché avrà la stessa fine, povera donna!

Ma, prima  di essere “giustiziata”, vendica la madre attraverso “Egl’era tuo fratello!”.    


Una segnalazione: 

L’Inquisizione Cattolica (attualmente, vigente sotto il nome di “SANT’OFFIZIO”) è stata creata da Paolo III con la bolla papale “Licet ab initio” del 1542 per mantenere e difendere l’integrità della Fede contro la riforma protestante e, a questo scopo, nel 1559, è stato creato l’INDICE DEI LIBRI PROIBITI.

Prima dell’INQUISIZIONE MEDIEVALE (dal 1179 o 1184 alla metà del 1400) istituita da Federico II nel 1231 (Costituzione Inconsutilem), la cui responsabilità era del Papa che nominava direttamente gli inquisitori, il ROGO esisteva già da moltissimo: un esempio è in “NORMA” di Bellini (al tempo dell’Antica Roma) e il rogo era “purificatore”.

Però,  l’ISTITUZIONE CON IL ROGO E LE TORTURE vera e propria è stata dovuta a motivi come: eresie (vedere l’esempio del caso “Galilei”) e, appunto, la “Caccia alle Streghe”.    

 


Manrico:

Manrico è il Trovatore che canta ballate, è creduto da tutti il figlio della gitana Azucena che ama davvero come madre.

Tale affetto si nota anche nel IV atto, dove il desiderio di rivedere le loro montagne è grande: Azucena si illude e Manrico sostiene tale pensiero per tranquillizzare una donna sopraffatta da tante cose negative, ma NON folle. 

Azucena e Manrico: si tratta di un grandissimo esempio di amore materno e amore filiale.


Praticamente, Manrico è un eroe “fuorilegge”, con la violenza del soldato, ma è una persona onesta e, politicamente, è seguace del Conte di Urgel, nemico dei di Luna.   

Ama Leonora di un amore pulito, ma il Destino gli impedisce di sposarla.    

La sua entrata, nel I atto, è a mezzo di un canto che sarà seguito dal duello con il Conte di Luna. 

Manrico è ferito e viene curato da Azucena alla quale racconta che, durante tale duello con il Conte, ha udito la voce “proveniente dal Cielo” che gli diceva  “Non ferir”: da questi fatti, si prevede l’anticipo del nuovo scontro che si concretizzerà. 

Manrico è destinato a rispettare l’azione di “correre”:

. Nel II atto, corre per salvare Leonora dal rapimento organizzato dal Conte di Luna.

. Nel III atto, corre per salvare la madre che cade prigioniera del Conte di Luna e dei suoi armati.

. Infatti, comanda a Ruiz: “Ruiz… va… torna… vola…” e, poi, canta  “Di quella pira”.

(Qualcuno, anni fa, aveva definito Manrico “mammone” perché corre a salvare la madre: dopotutto, LA RAGIONE E’ GRAVE!).  

 


Leonora: 

Il Destino vuole che Leonora, dama della Regina, sia amata contemporaneamente da Manrico e dal giovane Conte di Luna: nel I atto, canta l’aria piena di ricordi (“Tacea la notte placida”).

Lei è la causa inconsapevole della rivalità fra i due uomini. Uomini che, alla fine, poco prima di morire, Azucena rivelerà essere fratelli: infatti, Manrico era il piccolo Garcia, il fratellino del Conte.    

Questa “regal signora”, è donna gentile, dolce e fedele sino alla fine.  

E’ determinata ed è l’icona femminile dell’opera che sogna l’amore di Manrico, un uomo che fa parte della società umana fuori dal suo mondo, ma che è appartenente ad una dinastia importante.
Sogna di unirsi a lui ma, quando sta per farlo, interviene il Destino che, con le sue contrarietà, la costringe a pagare  tale amore attraverso la morte.

 

 
Il Conte di Luna: 

Abbastanza realista, vive con i piedi per terra ed esprime, in particolare, il suo pensiero attraverso l’aria “Il balen del suo sorriso”.

Non è proprio “il cattivo”, anche se, in lui, è sempre vivo il senso di vendetta ma, alla fine, perde la pace, dopo avere saputo che l’uomo che aveva combattuto e fatto uccidere era suo fratello.   

 

 
Ferrando: 

Capo dei soldati, non trascura occasione per raccontare la storia orrida della presunta  morte di Garcia, il bambino minore del  vecchio Conte di Luna. 

Psicologicamente, Ferrando aggiunge una propria dose di calunnia, cosa spiegabile  attraverso usi e mentalità dell’epoca e, oggi, a mezzo della “Sindrome di Procuste”, conosciuta dalla Psicologia.


Battuto al computer da Lauretta 

 



 

 

Il basso CARLO COLOMBARA canta “DI DUE FIGLI VIVEA PADRE BEATO”: 

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Il soprano ANNA NETREBKO canta “TACEA LA NOTTE PLACIDA”:  https://youtu.be/tt7ZpFgxHus

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Il CORO canta “CHI DEL GITANO I GIORNI ABBELLA”: 

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Il mezzosoprano DOLORA ZAJICK canta “STRIDE LA VAMPA”:

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Il mezzosoprano FIORENZA COSSOTTO canta “CONDOTTA ELL’ERA IN CEPPI”:

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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta “IL BALEN DEL SUO SORRISO”: 

 

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Il coro canta OR COI DADI MA TRA POCO: 

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “DI QUELLA PIRA”:

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Il soprano ANNA NETREBKO canta “D’AMOR SULL’ALI ROSEE”: 

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Il soprano BARBARA FRITTOLI e il baritono LEO NUCCI cantano il duetto  “MIRA DI ACERBE LACRIME”:

 

 

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