domenica 6 agosto 2023

LA TRILOGIA POPOLARE VERDIANA: RIGOLETTO

Rigoletto è un’opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratta dal dramma di Victor Hugo “Le Roi s’amuse” (“Il re si diverte”).

Prima rappresentazione: 11 marzo 1851, Teatro “La Fenice” di Venezia.

Esito: grande successo.  


Con “Il trovatore” (1853) e “La traviata” (1853), forma la cosiddetta “Trilogia Popolare” di Verdi. 

 

Personaggi: 

Il Duca di Mantova (tenore)
Rigoletto, suo buffone di Corte (baritono)
Gilda, figlia di Rigoletto (soprano)
Sparafucile, sicario (basso)
Maddalena, sorella di Sparafucile (contralto)
Giovanna, custode di Gilda (mezzosoprano)
Il Conte di Monterone (baritono)
Marullo, cavaliere (baritono)
Matteo Borsa, cortigiano (tenore)
Il conte di Ceprano (basso)
La Contessa di Ceprano (mezzosoprano)
Un usciere di corte (basso)
Un paggio della Duchessa (soprano)
Cavalieri, dame, paggi, alabardieri (coro) 

 

Interpreti della prima rappresentazione:

Il Duca di Mantova (tenore) Raffaele Mirate
Rigoletto (baritono) Felice Varesi  
Gilda (soprano) Teresa Brambilla
Sparafucile (basso) Paolo Damini 
Maddalena (contralto) Annetta Casaloni
Giovanna (mezzosoprano) Laura Saini    
Il Conte di Monterone (baritono) Feliciano Ponz  
Marullo (baritono) Francesco De Kunnerth
Il Conte di Ceprano (basso) Andrea Bellini
Contessa di Ceprano (mezzosoprano)  Luigia Morselli
Matteo Borsa (tenore) Angelo Zuliani
Usciere (tenore) Giovanni Rizzi  
Paggio (mezzosoprano) Annetta Modes Lovati            

Direttore di scena:   Francesco Maria Piave

Maestro del coro:   Luigi Carcano

Maestro al cembalo:   Giuseppe Verdi (per tre recite) 

Primo violino e Direttore d’orchestra: Gaetano Mares 


Scene   Giuseppe Bertoja       

 

Trama: 

Epoca: XVI secolo, a Mantova e dintorni.

Atto I:  Nel Palazzo Ducale.

Il Duca usa spesso mischiarsi  in modo anonimo tra la gente e, durante una festa, esterna a Borsa, il suo cortigiano, di essere intenzionato a conquistare una fanciulla che ha visto spesso all’uscita della chiesa (si tratta di Gilda, la figlia del suo buffone di corte).

Il cortigiano gli indica quante dame belle siano presenti e il Duca, un’anima piuttosto immorale e depravata (“Questa o quella per me pari sono”), tenta e lusinga la Contessa di Ceprano, cosa che fa arrabbiare il marito che subisce lo scherno di Rigoletto, il buffone. 


Contemporneamente, Marullo racconta ad altri cortigiani che il gobbo e deforme Rigoletto, ha un’amante per cui, questo argomento, diventa il motivo di vendetta verso il buffone da parte degli “offesi” attraverso il rapimento della donna, ma non sanno che “tale amante” è sua figlia.    


Il Conte di Monterone appare improvvisamente sulla scena e accusa il Duca alla presenza di tutti di avergli sedotto la figlia. 

Rigoletto lo deride, Monterone maledice lui e il Duca che ordina di arrestarlo e Rigoletto, spaventato dalle sue parole, scappa.       


Rigoletto è fortemente sconvolto dall’anatema di Monterone (“Quel vecchio maledivami”) e,  sulla strada di ritorno a casa, incontra Sparafucile, il cui lavoro è “esecutore di assassinii”; sicario che si mette a sua disposizione in caso di necessità. 

Per un certo verso, Rigoletto si sente simile a lui (“Pari siamo”), ricorda la sua vita sfortunata e cerca di estraniarsi mentalmente dalla maledizione appena ricevuta.


A casa, ritrova Gilda, la figlia che non conosce il lavoro di giullare del padre  e  Giovanna, la domestica, a cui raccomanda di vegliare sulla figlia (“Veglia, o donna, questo fiore”), in quanto angosciato dalla paura che la figlia possa essere danneggiata moralmente e fisicamente dal Duca che, purtroppo, è già entrato furtivamente nella casa e osserva tutto di nascosto. 


Rigoletto esce nuovamente da casa e il Duca, sotto le mentite spoglie di uno studente povero, Gualtier Maldé, avvicina Gilda e si dichiara innamorato (“È il sol dell’anima”) , ma viene fermato dalla presenza di qualcuno che si trova nei paraggi. 

Ritrovandosi sola, Gilda ripensa all’amore per il giovane (“Gualtier Maldé… Caro nome…”).    


Pur essendo notte, nei dintorni si aggirano i cortigiani, per effettuare il rapimento dell’ “amante di Rigoletto”. 

Anzi, lo coinvolgono, visto che era tornato indietro a causa di un presentimento, e gli  fanno credere che si tratta del rapimento della Contessa di Ceprano. 

Rigoletto accetta perché si sente sollevato dalla sua paura.  

I cortigiani sono tutti mascherati e lo bendano coprendogli occhi ed orecchi, dopodiché rapiscono Gilda (“Zitti zitti, moviamo a vendetta”).

Quando tutti sono partiti, si rende conto di che cosa è successo e ripensa alla maledizione ricevuta (“Ah, la maledizione!”). 

Atto II

Il Duca, dopo che è tornato a cercare Gilda, rientra nel suo palazzo ed è irritato e avvilito  a causa del rapimento della fanciulla (“Ella mi fu rapita”), ma i cortigiani lo portano a conoscenza  che hanno rapito l’amante di Rigoletto e apprende che questa si trova nel Palazzo: si rende conto che il caso è stato fortunato.


Rigoletto entra nel palazzo e, mostrandosi indifferente, cerca Gilda, mentre viene beffato dai cortigiani presenti ma, una volta capito che sua figlia è nella camera del Duca,  impreca con rabbia contro di loro. 

I cortigiani  sono sorpresi di sapere che hanno rapito sua figlia, ma non gli permettono di recarsi da lei (“Cortigiani, vil razza dannata”).  


Gilda lo raggiunge e gli rende noto che il suo onore è stato infamato. 

Rimasti soli, gli espone che ignorava la vera identità del giovane e che lo ha conosciuto  durante la funzione religiosa festiva (“Tutte le feste al tempio”). 

Rigoletto  la consola con la tenerezza del padre comprensivo quale egli è  (“Piangi, fanciulla”). 

In quel momento, Monterone passa perché viene portato in carcere e si ferma ad osservare  il  ritratto del Duca, convinto  che la sua maledizione non abbia colpito. 

Rigoletto risponde che LUI sarà l’artefice della vendetta  (“No vecchio t’inganni…sì, vendetta”): infatti, HA DECISO di rivolgersi a Sparafucile per commissionargli l’uccisione del Duca.

Atto III

Rigoletto vuole mostrare alla figlia chi è il Duca (sempre amato da Gilda), per cui  la conduce alla locanda di Sparafucile situata sulla riva del fiume Mincio.

Qui, anonimo, si trova il Duca, ammaliato e attirato da Maddalena, la sorella di Sparafucile. 

Di nascosto, Gilda vede il Duca irridere  le donne e gli uomini che si innamorano di loro  (“La donna è mobile”) e corteggiare Maddalena come si era comportato con lei, in precedenza  (“Bella figlia dell’amore”). 


Rigoletto comanda a Gilda di tornare a casa, di indossare abiti maschili  per sua integrità personale e, dopo essersi accordato con Sparafucile, si allontana  dalla locanda. 


Si avvicina il temporale e Gilda, ancora fortemente attratta dal suo amato, torna alla locanda e ascolta il dialogo fra Sparafucile e Maddalena che, incapricciata del Duca, insiste  col fratello perché lo risparmi e uccida Rigoletto quando porterà loro il denaro. 

Sparafucile, “professionalmente”, è serio e vuole rispettare “le sue regole”, ma decide di aspettare sino a mezzanotte e, se arriverà, ucciderà il primo uomo che entrerà nell’osteria (“Se pria che abbia il mezzo la notte toccato”). 

Gilda stabilisce che si sacrificherà al posto del Duca, si finge un mendicante, bussa alla porta della taverna e viene pugnalata. 


Rispettando gli accordi, Rigoletto ritorna alla locanda a mezzanotte e Sparafucile gli consegna il sacco contenente il corpo ucciso.

Rigoletto è soddisfatto di essersi vendicato e sta per gettare il corpo nel fiume quando sente la voce del Duca che arriva da lontano (ripresa de “La donna è mobile”). 

Rabbrividisce e non capisce a chi possa appartenere il corpo nel sacco; quando lo apre vede  con spavento e repulsione Gilda colpita a morte che gli chiede perdono e muore tra le sue braccia (“V’ho ingannato….Lassù in cielo”).


Rigoletto è disperato: la maledizione di Monterone si è concretizzata (“Ah, la maledizione!”). 

 


Brani noti: 

Atto I
Preludio
Questa o quella per me pari sono (ballata del Duca)
Pari siamo (monologo di Rigoletto)
Veglia, o donna, questo fiore (duetto Rigoletto Gilda)
È il sol dell’anima (duetto Duca GildaCaro nome (aria di Gilda) 


Atto II
Ella mi fu rapita!… Parmi veder le lagrime (recitativo ed aria del Duca) 
Potente amor mi chiama (Duca)
Cortigiani, vil razza dannata (invettiva di Rigoletto)
Tutte le feste al tempio (aria di Gilda)
Piangi fanciulla…..Sì, vendetta, tremenda vendetta (duetto Rigoletto Gilda) 


Atto III

La donna è mobile (canzone del Duca)
Bella figlia dell’amore (quartetto: Duca, Maddalena, Rigoletto, Gilda)
V’ho ingannato, colpevole fui (duetto Gilda Rigoletto)

 

Incisioni note: 

Lina Pagliughi Ferruccio Tagliavini Giuseppe Taddei Giulio Neri Angelo Questa Cetra Coro e Orchestra RAI Torino

Mercedes Capsir Dino Borgioli Riccardo Stracciari Ernesto Dominici Lorenzo Molajoli Col. Coro e Orchestra della Scala

Maria Callas  Giuseppe Di Stefano Tito Gobbi Nicola Zaccaria Tullio Serafin Col. Coro e Orchestra della Scala

Hilde Gueden Mario Del Monaco Aldo Protti Cesare Siepi Alberto Erede Decca Coro e Orchestra Accademia Santa Cecilia

Daniela Dessì  Vincenzo La Scola  Giorgio Zancanaro  Paata Burchuladze  Riccardo Muti  Orchestra del Teatro Alla Scala EMI

Leyla Gencer  Gianni Raimondi  Cornell Mac Neil  Josè Augurdat  Argeo Quadri  Orchestra e Coro del Teatro Colon di Buenos Aires  Valentine Records

Beverly Sills  Sherrill Milnes  Alfredo Kraus  Samuel Ramey  Jlius Rudel Ambrosian Opera Chorus & Philharmonia Orchestra Julius Rudel  Riccardo Chailly  Wiener Philharmoniker

Luciano Pavarotti  Joan Sutherland  Sherrill Milnes Martti Talvela  Richard Bonynge London Symphony Orchestra  DECCA  

Neil Shicoff  Edita Gruberova  Renato Bruson  Robert Lloyd  Giuseppe Sinopoli  Orchestra Nazionale di Santa Cecilia Philips

Vittorio Grigolo Julia Novikova  Placido Domingo  Ruggero Raimondi Zubin Mehta Orchestra Sinfonica Nazionale della R.A.I.

Francesco Demuro Nino Machaidze Leo Nucci Marco Spotti  Massimo Zanetti  Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma

 


LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

TRILOGIA POPOLARE DI VERDI:

E’ importante sapere che Verdi, persona sensibile, nelle opere della sua “Trilogia Popolare” ha voluto essere rivoluzionario presentando tre personaggi abbandonati dalla società a causa di tante ragioni: si tratta di Rigoletto, di Azucena e di Violetta, ossia tre esseri “esclusi” che, per tale motivo, il Destino ha stabilito il danno irreparabile, nonostante, a tutti i costi, essi vogliano creare qualcosa di bello che riguardi la loro esistenza.


Presa di mira dalla censura austriaca, all’inizio, l’opera “RIGOLETTO” è una tragedia basata  sul personaggio di un giullare alla corte dei Gonzaga, a Mantova. 

Idem, il dramma “Le Roi s’amuse” di Victor Hugo, viene censurato e, poi, ripresentato solo  nel 1882 circa (dopo cinquant’anni).  

Qui, Hugo, non piace a causa della narrazione circa la corte francese, il disfacimento morale e lo scostumato Re Francesco I. 

Nell’opera, l’azione viene ambientata alla corte di Mantova (corte che, nel periodo della narrazione di Hugo, non esiste più) e il re francese diventa il Duca di Mantova. 

 

Riguardo il titolo, Verdi (nel 1850) scrive al suo librettista Piave che il titolo deve essere obbligatoriamente  “La maledizione” perché il “deus ex machina” è la maledizione verbale  che  si traduce in maledizione psicologica e in maledizione concreta: infatti, Monterone è un ‘povero’ padre alla cui figlia è stato violato l’onore e che viene  schernito da un ‘povero’ buffone di corte che, a sua volta, viene maledetto da questo ‘povero’ padre. 


Il nome viene modificato da Triboletto (traduzione da Triboulet) a Rigoletto, ossia, “Rigoler” che, in lingua francese, significa scherzare.    


Sotto l’ASPETTO PSICOLOGICO, l’opera “RIGOLETTO”  E’ DI UNA POTENZA IMMENSA E COMPLESSA.   

Infatti, si tratta di un ARGOMENTO SEMPRE ATTUALE: in effetti, di intrecci simili, ne succedono tutti i giorni, nel Mondo. 


L’opera inizia con il tema della “maledizione”, tema potente: è stata definita “l’opera più completa di Verdi” perché è ricca di melodia, di passioni, di amore paterno e filiale, di tradimento, di Psicologia, di timbri vocali vari. 


E’ considerata un’opera bella di Verdi: in effetti, è coinvolgente, commovente, toccante, appassionante, entusiasmante. 

Verdi ci trasmette il periodo rinascimentale, in cui la cultura e il laicismo evidenziano e mettono in luce l’uomo dopo il periodo medioevale, in cui chi predominava era “il divino”, “il religioso”.   

Fra parentesi, è importante sottolineare che le figure che posseggono una doppia personalità sono una forte attrazione, per Verdi:  lui le ama interiormente e profondamente perché possiedono un’anima sofferente.  

Oltre a Rigoletto, ne sono di esempio Azucena e Violetta, le altre figure fondamentali della  Trilogia Popolare, ossia anime tormentate.  


Attraverso l’opera “Rigoletto”, Verdi dimostra chiaramente il grado di altissimo livello acquisito  e  dove i personaggi esprimono i vari aspetti delle loro caratteristiche interiori  e comportamentali: la melodia esprime la dimostrazione verbale, il sentimento e l’affetto,  l’anima, i desideri e gli impeti, le emozioni, la sensibilità, la dolcezza e la finezza, la lietezza e la beatitudine, le paure, le angoscie, …    

 


Rigoletto: 

Rigoletto: LA SUA “CATTIVERIA” NON RAGGIUNGE LE DIMENSIONI DI QUELLA DEL DUCA perché – pover’uomo – E’ COSTRETTO AD ESSERLO.

In particolare, “se la prende” proprio con Monterone, un altro padre, oltre a difendersi con grande sottigliezza psicologica crudele  verso i cortigiani e ad essere determinato nel prendere la decisione di far sopprimere il Duca di Mantova.       

Il Duca di Mantova, al cui ritratto, nel finale dell’atto secondo, il Conte di Monterone si rivolge mentre viene portato in carcere. 

Lo stesso ritratto a cui Rigoletto, poco dopo, si rivolge con “Sì, vendetta, tremenda vendetta,  di punirti già l’ora s’appressa”. 

A proposito del ritratto del Duca, ricordo il bellissimo film in bianco e nero con  il baritono Tito Gobbi, il tenore Mario Filippeschi, il soprano Lina Pagliughi e la regia di Carmine Gallone.

Rigoletto: personaggio “leone” è, contemporaneamente, fragile.

E’ un disperato. 

 

Infatti, DEVE sacrificare la sua libertà personale per guadagnarsi da vivere in questo modo comico, DEVE ridere per sopravvivere alle sue disgrazie morali che diventano fisiche e finanziarie, ha la paura continua che gli possano insidiare la figlia, è cosciente della sua gobba che lo deforma (gobba dovuta alla scoliosi, gobba  che gli attira le derisioni: a quel tempo, non esistono la radiografia e molte cure che possono aiutare a stare un pochino meglio), sa di essere stato amato dalla moglie “per compassione” (probabilmente, pensa che “Qualcuna doveva pur sposarlo …”). 


In Psicologia, è assodato che, chi scherza sempre, HA LA PAURA INCONSAPEVOLE DI SOFFRIRE; non è proprio il caso di Rigoletto, il cui retaggio NON permesso è  IL PIANTO ESTERIORE, in quanto OBBLIGATO A FARE RIDERE.


Oltre al difetto fisico e al relativo danno antiestetico e sgraziato, Rigoletto prova ostilità  nei confronti della società umana amorale che lo circonda, di cui odia il potere ricco e libero. 

Odia il potere  usato in modo sbagliato che si impone sulla gente debole con provocazione  del dolore morale attraverso la derisione continua che provoca rifiuto e disgusto negli altri.  


Rigoletto ha bisogno di usare la “maschera” crudele e codarda di Buffone di Corte verso la società e la “maschera” del Padre Buono verso Gilda. 

Padre che, comunque, sa essere persona tenera e che si nasconde dietro queste “maschere” perché la sua personalità è ferita profondamente. 

Infatti, Rigoletto conosce perfettamente la corte perversa dove è inserito “per lavoro” e, dentro di sé, ha il pensiero continuo della figlia, pensiero che esterna a Gilda quando torna a casa e non è più “il buffone” freddo e cinico. 

Nonostante tutto, l’anima di Rigoletto è piena di amore e, il duetto con la figlia è struggente, specialmente nel suo ricordo verso la moglie morta (“Quel capo amato”) e l”amore per la figlia (“Il mio Universo è in te”). 


Nel secondo atto, nel palazzo del Duca, dopo la ricerca della figlia, Rigoletto tuona duramente verso i cortigiani,  trasmettendo il suo stato d’animo alquanto risentito-ferito, e indignato, tanto da sembrare l’ esplosione di un cratere vulcanico: 

< Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l’oro sconviene,
ma mia figlia è impagabil tesor >


“Esplosione” che, a poco a poco, scende di tono dal momento che i cortigiani ormai sanno che il rapimento è stato compiuto ai danni suoi e di sua figlia. 

“Esplosione” che si trasforma in una supplica affinché sua figlia gli venga resa “seppur disarmata”, ossia, “ormai senza l’onore”: l’onore,  cosa appartenente agli usi e costumi,  alla mentalità e all’educazione della società umana di quel tempo. 

“Si’, vendetta”: Rigoletto PROMETTE VENDETTA a Gilda che ad un certo punto, lo implora “… Mi tradiva, pur l’amo …”; Gilda si riferisce al Duca che le ha lasciato il nome di Gualtier Malde’ e di averle fatto credere di essere uno studente, per di più, povero.   


Nel terzo atto, dopo il famoso quartetto, Gilda si presenta alla locanda di Sparafucile in abiti maschili, verrà colpita a morte e il sacco contenente il suo corpo – al posto di quello  del Duca di Mantova – viene consegnato a Rigoletto che crede di avere vinto. 

Si sente grande e invaso da una gioia immensa e crudele ma, la voce del Duca che canta la canzone di disprezzo alla donna, lo riporta nella realtà, provocandogli DELUSIONE e DISPERAZIONE.    


Gilda, colpita a morte, è ancora viva e riesce a raccontare al padre che vuole essere con la madre, vista la delusione subita nella sua giovanissima età. 

Si sente tranquilla, ormai, però Rigoletto è in tumulto a causa di UNA TRAGEDIA DELLA MISERIA UMANA. 


E’ importante citare che, dopo che Gilda comunica al padre che lei sarà con la madre, dalla risposta di Rigoletto – accompagnata dalla musica trascinante – si percepisce quanto amore lui abbia per questa unica figlia, ricordo della moglie nobilitata  “che lo ha sposato per compassione”.  

Un grande amore paterno e umano che, per fare giustizia, senza volere, ha provocato la sua stessa tragedia. 


Verdi è patriottico, ama le cose giuste e, in quest’opera, dimostra la lotta alle ingiustizie e al potere oltre i termini e oltre la pietà per i fragili: in questo caso, è Rigoletto il personaggio che gli ha fatto constatare che “Oh, < Le roi s’amuse > è il più gran soggetto che ho trovato finora, e forse il più gran dramma dei tempi moderni”. 


GRANDISSIMA OPERA! UN VERO CAPOLAVORO!   


GRANDE HUGO!  


GRANDE VERDI! 

 


Gilda: 

Il comportamento dell’adolescente Gilda si manifesta attraverso uno stato d’animo ansioso fra speranza e paura per il suo futuro: non ha più il rapporto con l’esempio della madre perché è morta e il rapporto con il padre si presenta un po’ ermetico, dal momento che Gilda non viveva con i genitori, ma è con Rigoletto solamente “da tre lune”, ossia tre mesi  e, comunque, non conosce ancora la città e frquenta solamente il “Tempio”.    

Quindi, non si è ancora manifestata quell’apertura mentale fra padre e figlia che possa gratificare Gilda come persona che decide di sé stessa, che non può manifestare curiosità verso l’amore.

Il suo amore si attiva per il bello e dolce studente Gualtier Maldé (che si scoprirà essere il Duca), amore che la porterà nel letto NON matrimoniale legittimo, ma simbolo “indegno”.

La sua bassa autostima la porta al sacrificio d’amore che la conduce alla morte.    

 
EH, … GLI USI E I COSTUMI CHE INFLUENZANO E INCIDONO SULLA SOCIETA’ UMANA … 

 


Il Duca di Mantova: 

Un personaggio intrigante e interessante, psicologicamente.


E’ importante citare che, SECONDO LA PSICOLOGIA: 

< Ogni personaggio ha un proprio aspetto fisico, caratteriale, ideologico, sociale, culturale ecc…Questi sono fondamentali per permettere al lettore di comprendere a fondo la figura di cui si sta narrando: aspetto fisico, aspirazioni ideali, condizioni sociali ed economiche, conoscenze culturali, tratti psicologici e stati d’animo >.

Fin da subito, risulta evidente che il Duca di Mantova è simile a Don Giovanni di Mozart e, ad ogni modo, secondo quanto risulta in Psicologia, “La caratterizzazione psicologica evidenzia la mentalità di un personaggio e comprende il suo stato  emotivo, il suo ragionare, i motivi delle sue azioni, la sua condotta verso la società umana, la sua mimica, la sua movenza”. 

Se è vero che “Mozart e Da Ponte riescono ad addentrarsi in tutto ciò che può rendere esplicita la personalità di Don Giovanni”, è anche vero che, qui, Piave e Verdi rendono  bene l’idea della personalità dissoluta e immorale del Duca di Mantova, della cattiveria sua e dei cortigiani. 

Tutta gente con un aspetto fisico bello, gente appartenente ad un ceto sociale elevato, gente colta ed istruita. 


In particolare, Il Duca di Mantova odia e disprezza la donna: “forse”, nessuno gli ha mai detto che è stato PARTORITO PROPRIO DA UNA DONNA . . .    


Non empatico, anaffettivo, è l’uomo che comanda, che ha tutto ai propri piedi,  … 

La donna e gli altri “sono solamente OGGETTI da usare”, “sono COSE INANIMATE”, sono “COMPARSE”. 


Senza dubbio, è frustrato (ossia, vanificato da qualche trauma), il cui complesso di inferiorità – per reazione – gli fa assumere il complesso di superiorità.  


Spavaldo, gode i piaceri della vita unitamente, forse, alla paura  delle congiure e degli intrighi di palazzo. 

Potrebbe essere perché, di solito, questi tipi di persone possono “reagire” così alla paura interiore.  


Il Duca ha un comportamento seduttivo, in generale; in particolare, ha frasi dolci e convincenti verso Gilda-“donna celeste”, la cui personalità inconsciamente – idem – vuole “abbattere”. 


Confronta l’amore con la potenza, il trono, dal momento che, certamente, si tratta di persona insicura, con poca autostima, ossia poca fiducia in sé stesso, tanto da “dover dimostrare al mondo che “cosa è capace di fare” come reazione. 


Mi chiedo se – il seguire Gilda fino a casa e, poi, introdursi attraverso l’uscio “socchiuso” – sia dovuto a quello che, oggi, è stato identificato come “stalking” e “violazione di domicilio”. 

Sicuramente, si tratta di ossessione incontrollabile di “voler possedere” per sentirsi qualcuno.


“Ella mi fu rapita”: all’inizio del II atto, il Duca ha un momento di riflessione secondo cui  NON sembra essere l’egoista privo di empatia, perché Gilda ha la facoltà inconscia “quasi di trarlo a virtù”: è colei che è stata capace di destargli “costanti” affetti. 

(Chiaramente, si tratta di una cosa passeggera, nel Duca, perché la sua personalità guasta è radicata in lui: NON può cambiare).  


E, ad ogni modo, la vita del Duca viene salvata da Gilda e Maddalena, due esseri umani che appartengono al genere femminile da lui tanto odiato. 

 


Sparafucile: 

E’ un bravo, un sicario prezzolato per “lavori su commissione” che, verso  il suo lavoro, possiede una certa “deontologia”: infatti, è abbastanza restìo a cedere alla preghiera della sorella ma, poi, l’accontenta “appellandosi” alla “sostituzione di persona” attraverso il primo che si presenterà alla locanda dopo mezzanotte. 

 


Maddalena: 

Maddalena: donna che pratica l’amore mercenario, aiuta il fratello adescando “i clienti”.

Oggi, sarebbe oggetto di “denuncia per adescamento”, ma – qui – risulta chiarissimo che tutto è a causa della povertà  di quel  tempo in cui bisognava “arrangiarsi” anche con alcuni tipi di lavori per sopravvivere: cosa attuale, comunque.

La sua è una parte breve, ma incisiva in quanto s’innamora del Duca in incognito (“Apollo”)  e convince il fratello ad uccidere un altro al posto suo, cambiando gli eventi.

 


La Contessa di Ceprano: 

La Contessa di Ceprano, dall’apparizione brevissima, risponde al Duca che, a forza,  deve “seguire lo sposo che volge a Ceprano”, però sembra essere l’unica donna che resiste al nobile, il quale ne è attratto a causa di ciò che non riesce ad avere come reazione conseguenziale all’essere abituato ad avere tutto, ossia “il proibito”.

Battuto al computer da Lauretta 

 




      

 

RICCARDO MUTI dirige il PRELUDIO: 

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 Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta la Ballata del Duca “QUESTA O QUELLA PER ME PARI SONO”:

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Il baritono INGVAR WIXELL canta il monologo di Rigoletto “PARI SIAMO” e il duetto con il soprano EDITA GRUBEROVA “FIGLIA! – MIO PADRE”: 

 

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Il baritono INGVAR WIXELL con il soprano EDITA GRUBEROVA canta “VEGLIA, O DONNA, QUESTO FIOR”: 

 

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI e il soprano EDITA GRUBEROVA cantano il duetto “È IL SOL DELL’ANIMA”: 

 

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Il soprano EDITA GRUBEROVA canta “CARO NOME”: 

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “ELLA MI FU RAPITA … PARMI VEDER LE LAGRIME”:

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “POSSENTE AMOR MI CHIAMA”: 

 

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Il baritono INGVAR WIXELL canta l’Invettiva di Rigoletto “CORTIGINI, VIL RAZZA DANNATA”:

 

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Il soprano EDITA GRUBEROVA canta “MIO PADRE! TUTTE LE FESTE AL TEMPIO”: 

 

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Il baritono INGVAR WIXELL e il soprano EDITA GRUBEROVA cantano “PIANGI FANCIULLA … SI’, VENDETTA, TREMENDA VENDETTA”:

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “LA DONNA E’ MOBILE”:

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Il mezzosoprano VICTORIA VERGARA, il tenore LUCIANO PAVAROTTI, il soprano EDITA GRUBEROVA e il baritono INGVAR WIXELL cantano il Quartetto “BELLA FIGLIA DELL’AMORE”:

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Il soprano EDITA GRUBEROVA e il baritono INGVAR WIXELL cantano il duetto “CHI E’ MAI? … MIA FIGLIA!” – V’HO INGANNATO, COLPEVOLE FUI”:

 

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