lunedì 31 luglio 2023

LA GIOCONDA di AMILCARE PONCHIELLI

 Opera in 4 atti su libretto di Tobia Gorrio (pseudonimo e anagramma di Arrigo Boito) tratto da “Ange, tyran de Padoue” di Victor Hugo,

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala” di Milano,  8 aprile 1876   

Direzione orchestrale: Franco Faccio  

 

Versioni successive: 

18 ottobre 1876, Teatro Rossini, Venezia
24 gennaio 1877, Teatro Apollo, Roma
27 novembre 1879, Politeama Genovese, Genova 

 

Personaggi:

La Gioconda, cantatrice (soprano)
Laura Adorno, genovese (mezzosoprano), moglie  di
Alvise Badoero, uno dei capi dell’Inquisizione di stato (basso)
La Cieca, madre della Gioconda (contralto)
Enzo Grimaldo, principe genovese (tenore)
Barnaba, cantastorie (baritono)
Zuàne, regatante (basso)
Un cantore (basso)
Isèpo, scrivano pubblico (tenore)Un pilota (alto)

Barnabotti – Arsenalotti – Senatori – Pregadi – Gentiluomini – Gentildonne – Maschere (arlecchini, pantaloni, bautte) – Popolo – Marinai – Mozzi – Monaci de’ Frari – Cavalieri della compagnia della calza – Cantori (coro)

Mazzieri – Scudieri – Scherani – Trombettieri – Dalmati – Mori – Il cancellier grande – Un regatante – Il consiglio dei dieci – Sei caudatari – Un nostromo – Un mastro delle vele – Un servo moro – Il doge (comparse)

 

Il debutto, le successive versioni e rappresentazioni si svolgono così: :      

. Prima rappresentazione: 8 aprile 1876, Teatro alla Scala
(direttore: Franco Faccio)

Ponchielli, durante le prove, si dichiara soddisfatto della compagnia, particolarmente del basso Maini e del tenore spagnolo Julián Gayarré (noto in Italia come Giuliano Gayarre).
Addirittura, per Gayarre, riesce a prevedere il successo nel brano del secondo atto “Cielo e mar!”, brano bissato, insieme al preludio.

Previsione che si avverò, dato che la sera della prima fu questo uno dei due pezzi bissati, insieme al preludio.

 

. Seconda versione: 18 ottobre 1876, Teatro Rossini
(direttore Franco Faccio)

 

. Terza versione: 24 gennaio 1877, Teatro Apollo (direttore Luigi Mancinelli)


. Quarta versione: 27 novembre 1879, Politeama Genovese
(direttore Gialdino Gialdini)

Le quattro versioni: 

La Gioconda, soprano,: Maddalena Mariani Masi  

Laura Adorno, mezzosoprano: Marietta Biancolini Rodriguez, Eulalia Kadmina, Filippina von Edelsberg,  Flora Mariani De Angelis

Alvise Badoèro, basso: Ormondo Maini, Ormondo Maini, Ladislao Miller, Édouard de Reszke

La Cieca, contralto: Eufemia Barlani-Dini, Amelia Sbolgi, Amelia Sbolgi, Giuditta Celega

Enzo Grimaldo, tenore: Julian Gayarré, Enrico Barbacini, Enrico  Barbacini, Francesco Marconi

Barnaba, baritono: Gottardo Aldighieri, Giuseppe Kaschmann, Augusto Parboni, Gustavo Moriani                          

Zuàne, basso: Giovanni Battista Cornago, Abulcher Leoni, Achille Cardos, Giacomo Origo

Un cantore, basso: Giovanni Battista Cornago, Abulcher Leoni, Achille Cardos, Giacomo Origo

Isèpo, tenore: Amedeo Grazzi, Salvatore De Angelis, Emanuele Dall’Aglio

Un pilota, basso: Giovanni Battista Cornago,Giovanni Battista Panari    

 

Riportando le notizie circa l’ultima versione: 

< “La Scala”, il 12 febbraio 1880, quattro anni dopo il debutto: si raccoglie un autentico trionfo con la quinta e definitiva versione con la Mariani Masi, Elvira Demi come cieca, Elisabeth Leawington come Laura, Francesco Tamagno come Enzo, Francesco Marconi come Isèpo, Gustavo Moriani come Barnaba e Giovanni Ordinas come Alvise e Zuàne/cantore/pilota/barnabotto. 

 

Poco per volta Ponchielli era riuscito a trovare la giusta misura e adattare il raffinato ma cerebrale libretto di Boito, alla propria vena musicale più autentica, calda e fluente, rimpiazzando, tagliando e aggiungendo interi episodi >.  

 

Trama:  

Epoca: Venezia, XVII secolo.

 

Atto I – La bocca del leone. 

Palazzo Ducale di Venezia: nel suo cortile, presenzia la Scala dei Giganti, mentre dal portico della Carta, si arriva alla Basilica di San Marco attraverso un ingresso di grande dimensione. 

Sono presenti anche lo scrittoio di uno scrivano e una bocca di leone di marmo con la scritta: “Denontie secrete per via d’inquisizione contra cada una persona con l’impunita secreteza et benefitii giusto alle leggi “.  

 

Il popolo, in festa, si dirige alla regata (“Feste! Pane!”). 

Barnaba – finto cantastorie – è una spia del Consiglio dei Dieci e, di nascosto, vede Gioconda e la madre (la Cieca) che vanno in chiesa (“Figlia, che reggi il tremulo piè”). 

< Gloria a chi vince il palio verde >, dice il popolo, al termine della regata ma, purtroppo, Zuàne, il partecipante, perde. 

In modo subdolo, il dubbio gli è penetrato da Barnaba per mezzo della sua accusa alla Cieca (“La vidi staman gittar sul tuo legno un segno maliardo, un magico segno … la tua barca sarà la tua bara!”). 

Come è già successo infinite volte,  tale calunnia viscida si diffonde tra la gente: in questo caso, se la prende con la povera donna. 

Gioconda ed Enzo non riescono a sottrarla alla furia della folla (“Assassini, quel crin venerando rispettate! “), quando appaiono Laura Adorno (amata da Enzo) e suo marito Alvise Badoero, nobile inquisitore della Repubblica Serenissima di Venezia. 

Laura prega il marito, di salvare la Cieca che – grata – dona a  Laura un rosario (“A te questo rosario, che le preghier aduna… ti porterà fortuna”).   

Allontanata la folla, Barnaba chiama Enzo col suo nome, lo tranquillizza  che non lo nominerà e che Laura fuggirà con lui, nella notte.

Da spia potente, Barnaba rende nota ad Enzo, agghiacciato, la sua reale personalità attraverso il brano “Sono il possente demone del Consiglio dei Dieci”, esternandogli anche che ha fatto tutto ciò affinché Gioconda lo ami.  

Poi, rimasto solo, Barnaba detta ad Isépo, il suo scrivano,  l’accusa verso Laura ed Enzo e la inserisce nella bocca del leone (“O monumento! “) non sapendo di essere osservato e udito da Gioconda e da sua madre.

La gente in festa entra nel cortile intonando < Carneval! Baccanal! > e una furlana, ma tutto  è  interrotto dai fedeli della basilica, dopodiché la gente stessa è sollecitata da un barnabotto ad inginocchiarsi e a pregare durante i vespri («Tramonta il sol… udite il canto del vespro santo, prostrati al suol»).

Gioconda, è disperata (“Tradita! Ohimè, io soccombo! ” e “O cor, dono funesto “, per cui la madre la consola come meglio può; però la ragazza è decisa, idem, a salire sulla nave di Enzo, nella notte.  

 

Atto II – Il rosario.

Nella notte, presso la bocca della laguna di Venezia detta ” la bocca della Fusina “, Hècate , il  brigantino, è in attesa e i suoi marinai lavorano e cantano una marinaresca. 

Il finto pescatore Barnaba spia la nave di Enzo mentre avverte il brigantino tramite il fido Isépo e intona la barcarola con la quale fa amicizia con i pescatori  (“Pescator, affonda l’esca!”). 

Enzo veglierà durante la notte, per cui manda sotto coperta i marinai, mentre aspetta ansioso che Laura arrivi (“Cielo e mar”).

Lo stesso Barnaba gli porta Laura presso il  brigantino, attraverso una barca, mentre pronuncia un augurio sinistro che allarma la donna, ma che tranquillizza Enzo (“Eppure quello  è l’uomo che ci aperse il paradiso!”) e restano assieme fino al tramonto della luna, dopodiché Enzo la fa accompagnare a casa. 

Laura è sola, preoccupata e scoraggiata per cui si rivolge alla Madonna  (“Stella del marinar”). 

Gioconda si presenta (“E’ un anatema!”), aggredendo verbalmente la rivale e avvertendola di fuggire.  

Laura reagisce forte (“L’amo come il fulgor del creato!”), per cui Gioconda l’avverte che suo marito sta arrivando sopra una barca (“Là è il tuo consorte!”). 

Per reazione di Laura allo spavento e come richiesta d’aiuto alla Madonna a mezzo del  rosario, la conseguenza è alzarlo: qui, Gioconda la riconosce come salvatrice di sua madre, e la aiuta a fuggire. 

Laura le chiede il nome (“Ma mi dirai chi sei?”) e Gioconda risponde: “Son la Gioconda”,  risponde l’altra.

Barnaba si rende conto della fuga di Laura (“Maledizion! Ha preso il vol!”), consigliando ad Alvise di seguire la barca sulla quale la donna fugge.

Ad Enzo, ritornato, Gioconda dice che Laura ha avuto paura (“Vedi là, nel canal morto? Un navil che forza il corso? Essa fugge… il suo rimorso fu più forte dell’amor!”), suscitando la riprovazione e l’ira di Enzo che vuole inseguire Laura ma che è fermato da Gioconda che lo avverte del pericolo delle galee veneziane, per cui incendia la sua nave. 

Atto III – La Ca’ d’Oro. 

Scena I: Una camera nella Ca’ d’Oro. 

“Si, morir ella de’!”: così canta Alvise Badoero che si vuole vendicare terribilmente della moglie Laura che, lui decide, si darà la morte lei stessa a mezzo di un veleno, durante le danze della festa che si tiene a palazzo.  

Chiama Laura, non mostra la sua collera, ma abbozza scherzoso al suo tradimento (“Bella così madonna, io non v’ho mai veduta”), per cui Laura gli chiede il motivo di tale comportamento (“Dal vostro accento insolito cruda ironia traspira”). 

Alvise, sentendosi provocato, le urla che deve morire subito avendone come risposta “Morir, morir è troppo orribile” ma, insensibile, Alvise le indica la sua bara. 

Fuori, i gondolieri intonano “La gaia canzone fa l’eco languir e l’ilare suono si muta in sospir” la cui ultima nota segnerà il termine dell’ingestione del veleno.

Gioconda è l’angelo che, nascostamente, la salva a mezzo della sostituzione attraverso un narcotico.  

Bevuto il liquido soporifero, Laura  si distende sul catafalco della camera mortuaria. 

Alvise, arrivato a controllare, nota la boccetta vuota e si persuade che Laura è morta, mentre Gioconda è scossa e riflette sul fatto che ha salvato la sua rivale per lo stesso uomo amato da entrambe: “Io la salvo per lui, per lui che l’ama”.

Scena II: sontuosa sala attigua alla camera mortuaria, sala dov’è in atto una festa durante la quale gli invitati inneggiano alla Ca’ d’Oro e dove è predisposto lo spettacolo della “Danza delle Ore”.  

Barnaba arriva e accusa nuovamente di stregoneria la Cieca.    

Fuori, risuona il suono della campana dei moribondi, per cui Barnaba porta a conoscenza Enzo che Laura è morta (“Un’agonia? Per chi?… Per Laura!”) e che, turbato fortemente, di conseguenza, rivela la sua identità a tutti. 

Quindi, Alvise lo fa arrestare anticipandogli angoscia e tormento. 

A questo punto, Alvise mostra il corpo di Laura. 

Enzo è addolorato e Gioconda sussurra a Barnaba “Se lo salvi e adduci al lido, laggiù presso al Redentor, Il mio corpo t’abbandono, o terribile cantor.”

 

Atto IV – Il canal Orfano

Dall’atrio di un vecchio palazzo cadente, nell’isola della Giudecca, si vedono laguna e piazza San Marco con l’illuminazione a festa, oltre ad un’immagine della Madonna e una croce appesa al muro.

Un tavolo, un canapè con vari ornamenti per Gioconda con una lucerna, una lanterna, un veleno, un pugnale.

Una buia calle.   

Gli amici cantori portano il corpo di Laura a Gioconda, che li prega di cercare la Cieca,  scomparsa e che, rimasta sola, valuta la soluzione del suicidio (“Suicidio! In questi fieri momenti”).

Gioconda, per un attimo, pensa a Laura: “Se spenta fosse!!! Siam sole… è notte… profonda è la laguna…”, ma è bloccata da voci che giungono dal vicino canale e che dicono “Eh! dalla gondola, che nuove porti? – Nel Canal Orfano ci son dei morti!”. 

 

Enzo è liberato da Barnaba grazie a Gioconda, ma è disperato e vuole uccidersi per raggiungere Laura, ma Gioconda lo tranquillizza dicendogli che l’ha sottratta alla camera funeraria della Ca’ d’Oro.   

Enzo s’arrabia e sta per uccidere Gioconda (“Oh, gioia, m’uccide!”) alloché Laura si risveglia  e  lo chiama per nome.  

Laura rivela a Enzo che Gioconda le ha salvato la vita, per cui Enzo la benedice.   

 

Gioconda rinnova la benedizione su Laura da parte della madre, fa fuggire Enzo e Laura in direzione di Aquileia a mezzo di una barca, avendone la loro benedizione. 

 

Disperata, Gioconda vuole uccidersi con la spada, ma ripensa alla madre e all’accordo con Barnaba che le si para davanti quando sta per darsela a gambe.  

La cantatrice ha promesso il suo corpo a Barnaba in cambio della liberazione di Enzo: deve pagare il prezzo.

Lo lusinga un po’ (“Vò farmi più gaia… più fulgida ancora…”) e cade a corpo morto sulla spada (“Volesti il mio corpo, demon maledetto? E il corpo ti do!”).

Il beffato Barnaba  si vendica dicendole che ha ucciso sua madre (“Ier  tua madre m’ha offeso… io l’ho affogata!”), però Gioconda è  deceduta (“Non ode più!”), per cui Barnaba grida rabbioso e scappa attraverso le calli.

 

Brani noti:

Atto I: La bocca del leone

Preludio
Coro d’introduzione Feste! Pane!
Scena e Terzettino
Scena E cantan su lor tombe!
Terzettino Gioconda, la Cieca e Barnaba Figlia che reggi il tremulo pie’
Recitativo – Coro della Regata e Sommossa – Romanza
Recitativo L’ora non giunse ancor
Coro della Regata e Sommossa Gloria a chi vince!
Romanza della Cieca Voce di donna o d’angelo
Scena e Duetto
Scena Enzo Grimaldo
Duetto Enzo e Barnaba Pensi a Madonna Laura
O grido di quest’anima
Scena, Recitativo e Monologo
Scena e recitativo Maledici? Sta ben…
Monologo Barnaba O monumento!
Finale I – Coro, Forlana e Preghiera
Coro Carneval! Baccanal!
Furlana (I, 9)
Preghiera Angele Dei
Arioso O cor, dono funesto

Atto II: Il Rosario

Marinaresca, Recitativo e Barcarola
Marinaresca Ho! He! Fissa il timone!
Recitativo Chi va là?
Barcarola Barnaba Pescator, affonda l’esca
Recitativo, ripresa della Barcarola e Romanza
Recitativo e ripresa della Barcarola Sia gloria ai canti dei naviganti
Romanza Enzo Cielo! e mar!
Scena e Duetto
Scena Ma chi vien
Duetto Laura Enzo
Tempo d’attacco Deh! non turbare con ree paure
Tempo di mezzo Ma dimmi come, angelo mio, mi ravvisasti?
Cantabile Laggiù nelle nebbie remote
Scena e Romanza di Laura
Scena E il tuo nocchiero
Romanza di Laura Stella del marinar!
Duetto
E’ un anatema!
Duetto Gioconda-Laura L’amo come il fulgor del creato
Scena e Duetto-Finale II
Scena Il mio braccio t’afferra!
Duetto-Finale II Gioconda Enzo Laura! Laura, ove sei?
Tu sei tradito!

Atto III: La Ca’ d’oro

Scena ed Aria
Scena Sì, morir ella de’
Aria Alvise Là turbini e farnetichi
Scena e Duetto
Scena Qui chiamata m’avete?
Duetto Laura Alvise Morir! è troppo orribile
Scena e Serenata
Scena E già che ai nuovi imeni
Serenata La gaia canzone
O madre mia
Scena, Ingresso dei Cavalieri e Coro
Scena e Ingresso dei Cavalieri Benvenuti, messeri
Coro S’inneggi alla Ca’ d’oro
Recitativo e Danza delle Ore
Recitativo Grazie vi rendo
Danza delle Ore
Sortono le ore dell’Aurora (Moderato)
Le Ore dell’Aurora (Andante poco mosso)
Sortono le Ore del giorno
Danza delle Ore del giorno (Moderato)
Sortono le Ore della sera
Sortono le Ore della notte (Moderato, Andante poco mosso, Allegro vivacissimo
Scena e finale III – Pezzo concertato
Scena Vieni! – Lasciami!
Pezzo concertato D’un vampiro fatale    


Atto IV: Il Canal Orfano

Preludio, Scena ed Aria
Preludio
Scena Nessun v’ha visto?
Aria Gioconda Suicidio!
Duettino, Scena e Terzetto
Ecco il velen di Laura
Duettino Gioconda-Enzo Gioconda! – Enzo! sei tu!
Scena Enzo! – Mio Dio!
Terzetto A te questo rosario
Scena e Duetto finale
Scena Ora posso morir
Duetto finale Gioconda Barnaba Ebbrezza! delirio!  

 

Incisioni note:

Giannina Arangi-Lombardi, Alessandro Granda, Ebe Stignani, Gaetano Viviani, Corrado Zambelli, Camilla Rota Lorenzo Molajoli Columbia

Maria Callas, Gianni Poggi, Fedora Barbieri, Paolo Silveri, Giulio Neri, Maria Amadini    Antonino Votto       Cetra

Anita Cerquetti, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Ettore Bastianini, Cesare Siepi, Franca Sacchi       Gianandrea Gavazzeni   Decca

Zinka Milanov, Giuseppe Di Stefano, Rosalind Elias, Leonard Warren, Plinio Clabassi, Belén Amparán Fernando Previtali RCA

Maria Callas, Pier Miranda Ferraro, Fiorenza Cossotto, Piero Cappuccilli, Ivo Vinco, Irene Companeez Antonino Votto EMI

Renata Tebaldi, Carlo Bergonzi, Marilyn Horne, Robert Merrill, Nikola Gjuzelev, Oralia Domínguez Lamberto Gardelli Decca

Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Agnes Baltsa, Sherrill Milnes, Nicolaj Ghiaurov, Alfreda Hodgson Bruno Bartoletti Decca

Éva Marton, Giorgio Casellato Lamberti, Livia Budai, Sherrill Milnes, Samuel Ramey, Anne Gjevang Giuseppe Patané Sony

Violeta Urmana, Plácido Domingo, Luciana D’Intino, Lado Ataneli, Roberto Scandiuzzi, Elisabetta Fiorillo Marcello Viotti EMI  

 

Videografia:

Eva Marton, Plácido Domingo, Ludmila Šemciuk, Matteo Manuguerra, Kurt Rydl, Margarita Lilowa Adam Fischer Arthaus

Deborah Voigt, Richard Margison, Elisabetta Fiorillo, Carlo Guelfi, Carlo Colombara, Ewa Podleś Daniele Callegari TDK

Andrea Gruber, Marco Berti, Ildikó Komlósi, Alberto Mastromarino, Carlo Colombara, Elisabetta Fiorillo Donato Renzetti Dynamic   

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 


Grand Opéra.   

A Ponchielli, che avrà la cattedra di composizione presso il Conservatorio di Milano (tra i suoi allievi futuri della “Giovine Scuola Italiana”: Giacomo Puccini, e Pietro Mascagni), viene proposto il libretto tratto da “Ange, tyran de Padoue” di Victor Hugo, per il quale Boito lo adatta inserendo il personaggio di Barnaba e fornendo un differente aspetto degli altri. 

Ponchielli ammira moltissimo Boito, ma nutre moltissimi dubbi sulla risposta eventualmente sfavorevole da parte del pubblico, dal momento che lo stesso Ponchielli – scrivendo all’amico musicista Achille Formis, il 3 giugno 1875 –  si definisce incontentabile e di non avere più idee, per cui chiede varie volte a Boito di modificare il libretto, mentre ritiene difficile consegnare il lavoro per il periodo di Carnevale, oltre a qualche pezzo da aggiungere come la “Danza delle Ore” che verrà composta a Milano.

Durante le prove, Ponchielli è soddisfatto degli artisti, particolarmente del basso Maini e del tenore spagnolo Julián Gayarré (noto in Italia come Giuliano Gayarre) il cui brano “Cielo e mar!” è bissato.  

L’esito è un successo enorme e le chiamate degli artisti al proscenio sono 27.  

La partitura – essendo stata consegnata in ritardo – permette la rappresentazione solo per quattro serate per via della chiusura della stagione lirica de “La Scala” e, da maggio, Ponchielli modifica alcune parti.

Attraverso anche questa seconda versione, al Teatro “Rossini” di Venezia, il 18 ottobre 1876,  diretta da Faccio, ottiene un grande successo.  

Vengono attuate altre modifiche e, il 12 febbraio 1880, idem a “La Scala”, Ponchielli e la sua opera trionfano per mezzo della quinta e ultima versione. 

 

Gioconda: 

Secondo le critiche, “La Gioconda” è considerata il Grand Opéra italianao più rappresentativo, il cui merito è riconosciuto al musicista e al librettista, entrambi  esistenti nel periodo in cui viveva il movimento moderno della “Scapigliatura”, mentre il linguaggio dei personaggi dell’opera è tipico di Boito.

Gioconda è una bella persona dotata di sincerità, di candore, di grande abnegazione che sacrifica il suo amore per Enzo, favorendo l’uomo e la sua rivale: “rivale” che ha salvato sua madre dalla ferocia popolare fatta serpeggiare dalla perfidia di Barnaba.

Svolge il lavoro di cantatrice, uno dei lavori dell’epoca e, con Barnaba e Alvise, è una figura di spicco dal momento che annulla i loro piani avvertendo Enzo e Laura dell’agguato architettato da Barnaba, sostituisce il veleno col narcotico, e si uccide per non cedere allo stesso Barnaba, l’uomo che si illude di averla.

Però, come Enzo e Laura finisce nella “ragna che tesse la sua tela”. 

Gioconda, eroina boitiana, è preda della solitudine emotiva provocata dalla vita, ma è Una Signora perché non si lascia sfuggire parole di autocommiserazione verso la povertà della sua infanzia e verso la povertà attuale che coinvolge lei e la madre, per la quale povertà  “Viviam cantando ed io canto a chi vuol le mie liete canzoni”. 

Possiede un carattere forte che non le permette di lasciarsi minacciare da Barnaba e di non cedere alla sua rivale (“Ed io l’amo siccome il leone ama il sangue, ed il turbine il vol”).  

 

Barnaba: 

Con Gioconda ed  Enzo, appartiene ai tre personaggi-base dell’opera.

Personaggio machiavellico, interessante e fortemente intrigante, è “IL CATTIVO” ASSOLUTO dell’opera: opera che, per la precisione, si dovrebbe intitolare “Barnaba”, visto e considerato il suo ruolo importantissimo.

 La cattiveria è sempre esistita: danneggia la psiche o il corpo fisico della persona-bersaglio di attacchi e, in alcuni periodi, è dilagata arrivando ad un alto grado di aggressività attraverso la sua forma di comportamento malvagio, perfido, affinché porti danno o dolore ai nostri simili, attraverso un’azione subdola e ostile.

Oggi, la Psicologia spiegherebbe il sentimento di Barnaba anche come la Sindrome di Procuste, ossia “la calunnia”:  viene diffusa in modo che il suo creatore riesca a dimostrare  il suo modo di vedere l’altra persona, la quale ne riceverà danno”. 

In questo caso, parlando di Barnaba: Gioconda, Enzo, Laura provano un qualcosa di importantissimo, che permette loro di stabilire le relazioni e di decidere in merito, ma finiscono con l’essere legati a lui. 

Arrigo Boito, il librettista dell’opera, ha già scritto il libretto di “Mefistofele”, l’opera da lui stesso musicata dove il demonio indossa abiti da cavaliere ma, ne “La Gioconda” (il libretto è firmato Tobia Gorrio, anagramma di Arrigo Boito), il Mefisto entra in Barnaba, uomo-demone non soprannaturale, ma con personalità cinica e manipolatrice maligna perversa.  

Un applauso ad Arrigo Boito, letterato finissimo che ha saputo creare il personaggio di Barnaba in modo stupendo.

Ponchielli giudica Barnaba una figura “odiosa, antipatica, ma originale”: infatti, Boito anticipa Jago-calunniatore, il personaggio che sa tramare e che  – nella romanza “O monumento” –  ricorda molto il “Credo” di Jago.  

“O monumento”: è il monologo rabbioso, furente e diabolico, monologo dove rende nota  l’illogica e incoerente organizzazione del governo di Venezia rivolgendosi al leone marmoreo, ossia il monumento-simbolo di Venezia.

< O monumento!
< Regia e bolgia dogale! Atro portento!
< Gloria di questa e delle età future; ergi fra due torture il porfido cruento.
< Tua base i pozzi, tuo fastigio i piombi, sulla tua fronte il volo dei palombi, i marmi e l’ôr.
< Gioia tu alterni e orror con vece occulta, quivi un popolo esulta, quivi un popolo muor.
< Là il doge, un muto scheletro coll’acìdaro in testa; sovr’esso il Gran Consiglio, la signoria funesta; sovra la signoria, più possente di tutti, un re: la spia.
< O monumento! Apri le tue latèbre, spalanca la tua fauce di tenèbre, s’anco il sangue giungesse a soffocarla!
< Io son l’orecchio e tu la bocca: parla.


Da notare: 

“Sovra la signoria, più possente di tutti, un re: la spia”.

Il re-spia: ossia, lo stesso Barnaba; ossia, il “Destino” che decide e organizza per tutti.

Ma, proprio chi lui tenta di beffare, si rende presto conto della sua natura ingannatrice, al contrario di Jago in “Otello” di Verdi che appare individuo onesto e incapace di fare del male.

Barnaba  è intelligente, è un’anima catastrofica ed è una spia spietata e crudele del governo di Venezia per cui sa e controlla tutto attraverso il suo sguardo attento e “sempre, in allarme”, indossando abiti trasandati e portandosi la chitarra quale strumento di cantastorie.

Si mostra seducente e affascinante, oltre a possedere la “funesta faccia da mistero”: un garbato narcisista maligno e perverso che tiene in mano le redini della situazione che riguarda Gioconda, Enzo, Laura, tre esseri costretti a soccombere al suo ricatto che, pur essendo coscienti di avere a che fare con “il Male” e “la Morte”, cadono nella “ragna” che lui intesse.

Enzo non si fida di Barnaba, ma “deve” fidarsi per incontrare Laura, arrivando persino a maledirlo come una specie di “autodifesa protettiva”, mentre Laura nota “un infernal sorriso” unito alla voce sinistra.

Gioconda si rivolge alla “Vergine santa” per esorcizzare il Barnaba-incarnazione del  Demonio e “l’orribile sua faccia”: infatti, a differenza di Jago che sa mascherare bene il suo essere, l’aspetto di Barnaba è indice del suo aspetto guasto, spiritualmente. 

Barnaba è abituato ad osservare con attenzione e, per proprio vantaggio, è capace di convincere psicologicamente l’essere umano a realizzare il proprio desiderio.

Barnaba è in grado di descriversi: “E mentre s’erge il ceppo o la cuccagna, fra due colonne tesse la sua ragna Barnaba, il cantastorie; e le sue file sono le corde di questo apparecchio”. – “Con lavorìo sottile e di mano e d’orecchio colgo i tafàni al volo per conto dello stato”.  – “E mai non falla l’udito mio”.  
Infatti, Barnaba, sadico ed esaltato mentalmente, “manovra” le situazioni per arrivare ad avere la bellissima Gioconda (“Coglier potessi solo per le mie brame e tosto una certa vaghissima farfalla!” – “Sovr’essa stendere la man grifagna”); cosa che succederà se Gioconda non si ucciderà, “raggirandolo” attraverso il proprio suicidio. 

Barnaba, con sadismo, rivela all’orecchio di Gioconda che, il giorno prima, ha affogato sua madre e, accortosi che “non ode più”) è percosso da “un grido soffocato di rabbia”. 

Barnaba è solamente  infatuato di Gioconda (la cui personalità emotiva vuole abbattere) e NON sa amare perché è schiavo della cattiveria che lo spinge a fare male solo per il gusto di farlo (male che gli si ritorce contro).

Si rende conto ma non ne capisce il motivo: “Un genio arcano/ verso il mal mi trascina”.

Psicologicamente,  è stato riconosciuto che un individuo può comportarsi come se un altro fosse dentro di lui e agisse al suo posto: Barnaba è un “grande pericolo” e potrebbe anche soffrire di “Disturbo dissociativo dell’identità” e, ai giorni nostri, sarebbe aiutato da un medico psicoterapeuta. 

 

Enzo Grimaldo: 

E’ un principe genovese, uomo sincero che fa onore al suo sangue nobile: è incapace di azioni basse ed è legatissimo alla sua coscienza ineccepibile.

Infatti, non possiede cattiveria che porti alla vendetta, al sadismo, a gravi difetti come per Barnaba: Enzo è un puro e un esempio importante è dato dal suo intervento eroico in favore della Cieca, nel primo atto, salvataggio che si risolverà positivamente grazie alla sua amata Laura.

Purtroppo, desiderando risolvere le difficoltà, non capisce e sottovaluta il sacrificio compiuto da Gioconda, specialmente alla fine, prima che Laura si risvegli, momento in cui Gioconda si rifiuta di svelargli il nascondiglio dove giace Laura addormentata, per cui Enzo la minaccia col pugnale, oltre a salutarla sbrigativamente per andarsene con Laura.  

Diffida di Barnaba e accusa Alvise Badoero per avere compiuto l’uxoricidio sulla persona della moglie (che, nessuno di loro lo sa, viene salvata da Gioconda per mezzo del narcotico).

 

Laura: 

Donna dolce, fragile, ha paura che, Enzo, il suo unico bene, le venga strappato, in particolare, quando incontra Gioconda, al buio.

Ma, poi, Gioconda la riconosce per mezzo del rosario che sua madre ha donato a Laura con gratitudine e benedicendola. 

Barnaba fa da delatore al marito che, come castigo, le infligge sofferenze atroci, arrivando a comandarle di avvelenarsi: TERRIBILE!

Ma, grazie all’altruismo di Gioconda, verrà ricongiunta ad Enzo.

 

Alvise Badoero: 

Alvise Badoero, personaggio-tiranno, uno dei capi dell’inquisizione, vendicativo, è cosciente di potere comandare e decidere anche sulla vita della moglie Laura della quale si vuole vendicare a seguito del di lei “inganno coniugale” per cui è “indispensabile” lavare il “disonore” dell’adulterio e per cui “si darà la morte lei stessa”.

Non è uomo delicato ed è subdolo mostrandosi scherzoso del tradimento di Laura (“Bella così madonna, io non v’ho mai veduta”) che lascia Laura stupita dall’insolito complimento del marito.

Allora, Alvise, interpretando la cosa come una sfida, le urla che deve morire e le mostra la sua bara. 

Alvise: arrivato alla cattiveria a causa degli usi, costumi e mentalità della sua epoca e della sua famiglia, è pur sempre “un cattivo” a causa dei subentrati egoismo, mancanza di impegno morale, narcisismo, senso di superiorità, sadismo.

Da cattivo e da imperfetto morale, espone sfacciatamente il catafalco su cui Laura si stenderà per morire, mentre viene eseguita la famosa e scintillante “Danza delle ore” e gli ospiti si rendono conto che hanno a che fare con un tarato mentale.  

 

La moglie Laura lo lascierà e scapperà con l’uomo che ama e Alvise rimarrà punito dalla sua stessa arroganza e dalla sua stessa prepotenza: comportamenti psichicamente pericolosi in quanto dovuti a fragilità interiore. 

 

La Cieca:   

Chiaramente, figura importante, la si vede nel primo atto, nella scena tumultuosa della “ribellion”, nella quale Enzo e Laura si prodigano per aiutarla contro la plebe scatenata dalla calunnia di Barnaba.

E’ sorretta dalla figlia (“Figlia che reggi il tremulo piè”), ma è importante attraverso il legame psicologico con Gioconda, la figlia che sorregge moralmente e, anche se a volte non si vede in scena, si percepisce l’alito della sua presenza. 

 

Vincitori e Vinti: 

Enzo e Laura sono i veri vincitori perché vivranno il loro sogno d’amore.

Fra i perdenti, Gioconda e la madre raggiungono la pace eterna dopo avere perduto la vita: loro,  il rabbioso Barnaba e Alvise-“tiranno” sono i veri perdenti.



UN GRAND-OPÉRA. UN CAPOLAVORO. 

Battuto al computer da Lauretta   


 



GIANANDREA GAVAZZENI dirige il PRELUDIO ALL’ ATTO I: 



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Il soprano LUCILLE UDOVICH e il mezzosoprano LUISA BARTOLETTI cantano il duetto “FIGLIA CHE REGGI IL TREMULO PIE’: 

 

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Il mezzosoprano FRANCA SACCHI canta la ROMANZA DELLA CIECA,  “VOCE DI DONNA O D’ANGELO”:



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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta il Monologo di Barnaba, “O MONUMENTO!”: 



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ANTONINO VOTTO dirige il  CORO CETRA DELL’ORCHESTRA SINFONICA DELLA R.A.I. di TORINO, Forlana e Preghiera FINALE ATTO I: 



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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta la Barcarola, “ PESCATOR, AFFONDA L’ESCA”: 

 

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “CIELO E MAR”: 

 


Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO e il tenore MARIO DEL MONACO cantano il duetto “LAGGIU’, NELLE NEBBIE REMOTE”:

 

 

Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO canta “STELLA DEL MARINAR”: 

 

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Il soprano ANITA CERQUETTI e il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO cantano il duetto  “L’AMO COME IL FULGOR DEL CREATO: 

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO e il basso CESARE SIEPI cantano “QUI CHIAMATA M’AVETE?”: 

 

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ANTONIO PAPPANO dirige il BALLETTO “LA DANZA DELLE ORE”: 

 

MARIO DEL MONACO, GIULIETTA SIMIONATO, ANITA CERQUETTI E CORO cantano “AH, IL COR MI SI RAVVIVA”:

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Il soprano ANITA CERQUETTI canta “SUICIDIO!”: 

 

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Il soprano ANITA CERQUETTI e il baritono ETTORE BASTIANINI cantano il duetto finale,  “EBBREZZA! DELIRIO!”:


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