NELLA LIBIA DI GHEDDAFI
(10 giugno-5 agosto 1979)
Il 10 giugno, io e mio marito partiamo per Tripoli.
Il viaggio è di lavoro, ma niente colleghi. Sono i miei primi voli.
Soste a Roma/Fiumicino e a Catania/Fontanarossa.
I viaggi sono comodi, ma mi ritrovo un po’ scossa.
Arrivo a Tripoli; percorso a piedi nel tunnel e operazioni
di sbarco; ci attendono il superiore di mio marito con il tecnico: due omoni.
A mezzo jeep, arriviamo alla mensa del Campo di Abu-Slim e ceniamo:
bistecche di cammello con insalata e dolce eseguito in casa che gustiamo.
Lascio i miei complimenti al bravissimo cuoco:
è, davvero, in gamba e apprezzo i dolcetti “freschi”, ma cotti sul fuoco.
Niente alcool, ma acqua a volontà: è della Sorgente Bingashir.
Buona acqua: minerale e depurativa, scaccia la sete, l’acqua è il nostro “desir”.
Il nostro alloggio: è un appartamento al primo piano
di una villetta del centrale “Quartiere degli Asini”, a cui ci portano
in jeep: villetta di fronte ad una Scuola
dove sul marciapiede antistante sta una palma piccola e sola.
I primi giorni mi sento disturbata dal Muezzin (alle ore 5, dal Minareto,
lancia la sua preghiera attraverso il microfono) e dal pappagallo “loreto”
che, di mattina presto – con “Good morning!”, “Okay, Johnny” – chiacchiera
ma, poi, li sento amici e mi diverto chiamandolo: anche di sera.
Non piove mai ma, dopo esserci svegliati, una mattina,
dopo il vento libico Simun, sul balcone, troviamo una pozzangherina.
Prima colazione: si fa nel bar non lontano da casa nostra, in una strada centrale
dove, in mezzo alla saletta, sta una pila di tappeti arabo-persiani che vale.
Lavoro e colleghi d’ufficio: fra loro, c’è un Principe sudanese
e vari colleghi che provengono da Milano, da Roma, dalla regione abruzzese, …
Vedo varie costruzioni della presenza italiana nate sotto il Regime Fascista.
Sono parecchie e, di tutte, non posso certo fare la lista.
Di sera, luminosissime stelle impreziosiscono il cielo:
la “Croce del Sud” è dopo l’Equatore, ma la sua vista, da sempre, l’anelo.
Una sera, nel ristorante dell’aeroporto: con gusto, ceniamo.
La “Giamaica”: acqua minerale, aranciata e Pepsi Cola che, volentieri, beviamo.
Saletta dell’Albergo “Méditerranée": una rivista richiama la mia attenzione
perché riporta in ritardo la morte di John Wayne: l’attorone.
Porto di Tripoli: di giorno, si vedono chiaramente i vari containers “sistemati”
nella zona confinante col Mare Mediterraneo: sembrerebbero numerati.
Prima di andare a dormire: i giri serali con la “Peugeot 504” bianca,
Piazza Medaglie D’Oro (Piazza Verde), il Porto, il famoso Tunnel, l’illuminazione non manca.
Venerdì: Giorno di Festa islamica. In Jeep con il Superiore e un Ingegnere, costeggiamo
il mare verde sulla strada per Sabratha perché, un po’ di sole, proprio lo vogliamo.
Ad un certo punto – in lontananza – scorgiamo due giovani e un vecchio:
forse, le nostre presenze, li disturbano parecchio,
io, in particolare, in bikini giallo (loro si coprono per allontanare il raggio solare):
la loro religione islamica vieta alle donne di “abbagliare”.
Un altro Venerdì di festa islamica. Io e mio marito siamo
con la “FIAT 124”, sulla strada per Tajura, dove veniamo
aiutati a sbloccare l’auto dalla sabbia sul bordo della strada,
da alcuni ragazzini volonterosi della loro piccola “masnada”.
In Tripoli, esistono solo tre cinema e parecchi negozi dove, a volte, acquistiamo.
Mio marito mi regala un completo rosso, cinese, la cui bellezza ammiriamo.
In centro, vediamo la Moschea con due punte: è vicino alla residenza del Colonnello.
Vediamo altre piccole moschee con colori di tipo quasi “pastello”.
Gheddafi studia presso l’Università di Messina e Saadi, suo figlio,
è calciatore nella squadra del nostro “Perugia” (possiede grande puntiglio).
Il Colonnello è definito gentile e democratico nel cantiere dell’impresa edile:
si ferma a parlare cortesemente con Ingegneri e operai: è davvero gentile.
Da tale impresa edile, il popolo vedrà, nel decennale della “cacciata”
degli stranieri, la tanto sognata Tribuna, finalmente edificata.
Ritorno in Italia: nostalgia di Tripoli e delle sue strade dissestate,
nostalgia del traffico e dei tombini aperti nelle vie mai riparate.
Nostalgia del senso di freddo passando dall’esposizione
solare all’ombra di una casa e nostalgia del clima marino, del Rione
di Abu-Slim, del “Campo” con Club, mensa, lavanderia, parco-macchine
con gattini e la cagnolina Musetta: le mascottes-dolci bestioline.
Nostalgia del periodo di Ramadan, in cui il loro digiuno
coinvolge indirettamente anche gli stranieri, non tralasciando nessuno.
Laura
IN GADDAFI’S LIBYA
(June 10-August 5, 1979)
On June 10, my husband and I leave for Tripoli.
The trip is for work, but no colleagues. These are my first flights.
Stops in Rome/Fiumicino and Catania/Fontanarossa.
The journeys are comfortable, but I find myself a little shaken.
Arrival in Tripoli; walking path in the tunnel and operations
of landing; my husband’s superior is waiting for us with the technician: two big men.
By jeep, we arrive at the Abu-Slim camp canteen and have dinner:
camel steaks with salad and homemade dessert that we enjoy.
I leave my compliments to the very good chef:
he is, really, good and I appreciate the “fresh”, but cooked on the fire treats.
No alcohol, but plenty of water: it comes from the Bingashir Spring.
Good water: mineral and purifying, it quenches thirst, water is our “wish”.
Our accommodation is an apartment on the first floor
of a villa in the central “Quartiere degli Asini”, to which they take us
by jeep: cottage in front of a school
where on the sidewalk in front stands a small and lonely palm.
The first few days I feel disturbed by the Muezzin (at 5, from the Minaret,
launches his prayer through the microphone) and by the parrot “loreto”
who, early in the morning – with “Good morning!”, “Okay, Johnny” – chats
but, then, I hear them as friends and I enjoy calling him: even in the evening.
It never rains but, after waking up one morning,
after the Libyan Simun wind, on the balcony, we find a puddle.
Breakfast: it is done in the bar not far from our house, in a central street
where, in the middle of the room, there is a pile of Arab-Persian carpets that is worth.
Work and office colleagues: among them, there is a Sudanese prince
and various colleagues who come from Milan, Rome, the Abruzzo region, …
I see various constructions of the Italian presence born under the Fascist Regime.
There are many of them and I certainly cannot make a list of all of them.
In the evening, very bright stars embellish the sky:
the “Southern Cross” is after the Equator, but I have always yearned to see it.
One evening, in the airport restaurant: we dine with enjoy a food.
The “Jamaica”: mineral water, orange soda and Pepsi that we gladly drink.
Room of the Hotel “Méditerranée": a magazine draws my attention
because it reports late the death of John Wayne: the actor.
Port of Tripoli: during the day, you can clearly see the various “arranged” containers
in the area bordering the Mediterranean Sea: they would appear to be numbered.
Before going to sleep: the evening rides in the white “Peugeot 504”,
Medaglie D’Oro Square (Verde Square), the Port, the famous Tunnel, the lighting is not lacking.
Friday: Islamic Feast Day. In a Jeep with the Superior and an Engineer, we coast along
the green sea on the road to Sabratha because we really want some sun.
At one point – in the distance – we see two young people and an old man:
perhaps our presences disturb them a lot,
me, in particular, in a yellow bikini (they cover themselves to keep the sun away):
their Islamic religion forbids women to “dazzle”.
Another Friday Islamic Feast Day. My husband and I are
with the “FIAT 124”, on the road to Tajura, where we come from
help you unblock the car from the sand on the roadside,
by some willing kids of their little gang.
In Tripoli, there are only three cinemas and several shops where we sometimes buy.
My husband gives me a red suit, Chinese, whose beauty we admire.
In the centre, we see the Mosque with two points: it is near the Colonel’s residence.
We see other small mosques with almost “pastel” colors.
Gaddafi studies at the University of Messina and Saadi, his son,
he is a footballer in the team of our “Perugia” (he has great pique).
The Colonel is defined as kind and democratic on the construction site of the company:
he stops to speak politely with Engineers and workers: he’s really kind.
From this company, the people will see, on the tenth anniversary of the “expulsion”
of foreigners, the much-dreamed Tribune, finally built.
Return to Italy: we are nostalgic for Tripoli and its bad roads,
nostalgy for the traffic and the open manhole covers in the streets that have never been repaired.
We are nostalgic of the sense of cold passing from sunshine exposure
in the shade of a house and nostalgy for the marine climate, for the District
of Abu-Slim, of the “Camp” with Club, canteen, laundry, fleet of cars
with little cats and the dog Musetta: the mascots-sweet little animals.
We are nostalgic of the Ramadan period, in which their fast
it also indirectly involves foreigners, leaving no one behind.
Laura