venerdì 13 dicembre 2013
RICORDANDO GIUSEPPE VERDI NEL BICENTENARIO DELLA NASCITA
(Le Roncole di Busseto, 10 ottobre 1813 - Milano, 27 gennaio 1901)
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III PUNTATA:
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Verdi ebbe indole semplice e retta e una personalità potente.
Poteva essere brusco e ruvido, talvolta intrattabile e scortese, ma la sua intuitiva comprensione umana ebbe un fondo basilare di intensa vibrazione, di calda e cordiale simpatia.
Iniziò la sua attività di compositore senza molte preoccupazioni estetiche.
Possedeva un senso istintivo per il teatro e non trovava difficoltà nel raggiungere gli effetti voluti.
Le agitazioni politiche del tempo e le aspirazioni all’indipendenza nazionale si impadronirono del suo spirito e colorirono la sua musica.
Divenne un compositore nazionale forse, quasi, inconsapevolmente.
Ma l’anelito dell’artista andò oltre: la sua musica ricercò e rivestì le passioni umane.
Il suo insistente appassionato accostarsi a Shakespeare, in vari stadi della sua vita, va considerato sotto l’angolo visuale dell’affinità elettiva.
Possedette una inestimabile, meravigliosa ricchezza melodica; la sua musica è calda, traboccante di vitalità, appassionata, onesta e diretta.
Egli non si curò che apparisse talvolta volgare, purché fosse intensa e pregna di carattere.
La sua evoluzione, come compositore, è stata interpretata nei modi più vari.
Egli si irritava quando sentiva dire che era stato influenzato da Wagner: ammirò la musica di Wagner, ma si guardò bene dal servirsi delle sue teorie che egli considerava dannose all’opera italiana.
Il 7 aprile 1892, in una lettera a Verdi da Amburgo, Hans Von Bülow faceva ammenda di un giudizio sfavorevole sulla musica verdiana, da lui pubblicato anni prima sulla “Allgemeine Zeitung”:
« Illustre Maestro, degnatevi ascoltare la confessione di un peccatore contrito! Diciotto anni or sono il sottoscritto si è fatto reo di una grande bestialità … verso l’ultimo dei cinque Re della musica italiana. Se n’è pentito, se n’è vergognato amaramente, oh quante volte! Ebbi la mente accecata da fanatismo [wagneriano] …
« Ho principiato a studiare le vostre ultime opere, Aida, Otello e il Requiem (che mi ha commosso fino alle lacrime). Volete perdonarmi, valervi dei privilegi dei sovrani di graziare?
« Fedele al motto prussiano, Suum cuique, esclamo vivamente: “Evviva Verdi, il Wagner degli Italiani! » .
Verdi così rispondeva, compostamente e forse non senza una punta di umorismo:
« Illustre Maestro Bülow, non vi è ombra di peccato in voi, e non è il caso di parlare di pentimenti e di assoluzioni!
« Se le vostre opinioni di una volta erano diverse da quelle d’oggi, avete fatto benissimo a manifestarle: né io avrei mai osato lagnarmene. Del resto, chi sa …, forse avevate ragione allora.
« … Se gli artisti del Nord e del Sud hanno tendenze diverse, è bene che siano diverse! Tutti dovrebbero mantenere i caratteri propri della loro nazione, come disse benissimo Wagner. » .
Vi sono senza dubbio dei punti di contatto fra i drammi musicali di Wagner e le ultime opere di Verdi, che non contengono più arie o pezzi d’insieme a forma chiusa: i brani vi si susseguono « senza interruzioni per applausi », il testo è trattato con maggior cura e l’orchestra con più ricca immaginazione.
Ma le basi della composizione di Verdi sono essenzialmente differenti da quelle delle opere di Wagner: per Wagner l’orchestra era il centro dell’interesse, per Verdi l’elemento fondamentale per la voce.
Verdi affida alla voce del cantante la melodia, il più potente mezzo di espressione per lui.
In Wagner, la voce è solo una parte del tutto, sullo stesso piano degli altri elementi.
Perciò, in Verdi, la soluzione del problema operistico è completamente diversa da quella di Wagner: come Wagner trovò una soluzione tedesca, così Verdi ne trovò una italiana, nuova, ma basata sulla tradizione.
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Il cosiddetto mutamento fra le prime e le ultime opere verdiane è, in realtà, inesistente.
Francis Toye ha scritto:
« Il suo magistero tecnico si accrebbe in grande misura, la raffinatezza e sottigliezza di espressione pure in misura ragguardevole, ma le caratteristiche fondamentali della sua personalità musicale mutarono ben poco.
In un certo senso, noi ritroviamo nel compositore di “NABUCCO” gli stessi lineamenti, potenti, intensi, diretti, la stessa sostanza emotiva del compositore di “OTELLO”.
Nei mezzi con cui si esprimono è intervenuta un’evoluzione stupefacente, un mutamento radicale; ma i tratti caratteristici sono rimasti gi stessi. ».
E. Percy M. Young:
« Fu l’erede delle grandi tradizioni della melodia e del bel canto italiano, degli splendori della tecnica, della valorizzazione del colore; e fu originale. ».
(Il Mondo della Musica)
Battuto al computer da Lauretta
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Milano: statua di Giuseppe Verdi in piazza Michelangelo Buonarroti, opera di Enrico Butti
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/f4/Milano_Statua_di_Verdi.jpg/210px-Milano_Statua_di_Verdi.jpg
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